Alla vigilia del nuovo anno ebraico, la popolazione di Israele si avvicina ai 9 milioni di cittadini, in gran parte contenti della loro vita

Negli ultimi dodici mesi la popolazione è aumentata dell'1,9%, e il tasso di fertilità si conferma il più alto dei paesi Ocse

In prossimità di Rosh Hashanà, il Capodanno ebraico che quest’anno si celebra dalla sera di domenica 9 alla sera di lunedì 10 settembre, l’Ufficio Centrale di Statistica israeliano ha pubblicato le sue tabelle annuali sulla popolazione del paese.

La popolazione d’Israele conta attualmente 8.907.000 abitanti, di cui 6.625.000 (il 74,4%) ebrei. Il dato comprende anche i cittadini israeliani che vivono in Cisgiordania. Gli arabi cittadini d’Israele (musulmani o cristiani) sono 1.864.000, pari al 20,9% della popolazione. Le altre minoranze (cristiani non arabi, cittadini di fedi diverse da ebraismo, islam e cristianesimo) e i cittadini registrati al Ministero dell’interno senza apparenza religiosa ammontano a 418.000 persone (pari al 4,7% della popolazione).
In Israele vivono anche 166.000 cittadini stranieri che non sono inclusi in questo computo.

Dallo scorso Rosh Hashanà, la popolazione di Israele è aumentata di circa 162.000 unità, pari a un tasso di crescita dell’1,9%, analogo a quello che il paese ha registrato negli ultimi anni. Negli scorsi dodici mesi sono nati circa 175.000 bambini, mentre sono deceduti 43.000 israeliani. Si sono inoltre stabiliti nel paese circa 25.000 nuovi immigrati: il 62% provenienti da Russia e Ucraina, il 12% dalla Francia, il 10% dagli Stati Uniti. Nello stesso periodo, 29.000 israeliani si sono trasferiti all’estero. Nel corso dell’anno 2017 erano stati registrati 183.648 nati in Israele, pari a un tasso di fertilità di 3,11 figli per donna, che si conferma il tasso più alto di tutti gli stati membri dell’Ocse.

Israele conta attualmente 2,51 milioni di nuclei famigliari. L’anno scorso si sono sposate 52.809 coppie, mentre 14.819 coppie hanno divorziato.

Secondo le proiezioni dell’Ufficio Centrale di Statistica, la popolazione d’Israele dovrebbe raggiungere i 10 milioni entro la fine del 2024, i 15 milioni entro la fine del 2048 e i 20 milioni entro il 2065.

Ma i semplici dati demografici non dicono tutto. Alla richiesta di valutare il loro grado di felicità/soddisfazione personale, l’89% degli israeliani intervistati ha dichiarato di sentirsi “felice” o “molto felice” della propria vita. C’è tuttavia un 6% che afferma di sentirsi spesso solo. Nonostante l’alto grado di soddisfazione generale, un 37% dei cittadini intervistati afferma di non essere contento della propria situazione finanziaria e il 31% dice di incontrare difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Il reddito familiare medio mensile si attesta sui 15.700 shekel (4.330 dollari). Le lavoratrici dipendenti guadagnano in media l’81,1% di quello che guadagnano i lavoratori dipendenti maschi. La disoccupazione (4,2%) ha fatto registrare un leggero aumento durante la scorsa estate.

Oltre a sentirsi soddisfatti della propria vita, gli israeliani sembrano anche in buona salute: l’84% valuta la propria salute come “buona” o “molto buona”; solo il 16% dichiara di avere una salute “non molto buona” o “per nulla buona”. Poco più della metà (51%) afferma di impegnarsi regolarmente in qualche tipo di attività fisica. L’aspettativa di vita è di 84,6 anni per le donne e 80,7 per gli uomini.

La maggior parte degli israeliani con più di 20 anni d’età si definisce non religioso: il 44,3% degli israeliani si definisce laico, il 21,4% tradizionale, il 12,3% tradizionale con inclinazioni religiose, l’11,5% religioso osservante e il 10,2% religioso ultra-ortodosso.

Il paese (paragonabile per superficie a una regione italiana medio-grande) è percorso da 4,2 milioni di conducenti su 3,3 milioni di veicoli: il 70% delle famiglie possiede almeno un veicolo.

La “nazione start-up” vanta 63 istituti di istruzione superiore, con 313.000 studenti. Un recente rapporto internazionale (l’Academic Ranking of World Universities) ha classificato sia il Technion di Haifa che l’Università di Gerusalemme fra le prime 100 università del mondo.

(Da: Israel HaYom, Times of Israel, Jerusalem Post, Ha’aretz, 5.9.18)

Haim Shine

Scrive Haim Shine: Secondo l’Ufficio Centrale di Statistica, quasi 9 israeliani su 10 affermano di essere felici. Da quello che so, non ci sono altri paesi al mondo, inclusi i paesi scandinavi, con un simile tasso di felicità dichiarato dai cittadini. La maggior parte degli israeliani ama il proprio paese e non lo scambierebbe con nessun altro. Gli israeliani si sentono bene nello stato nazionale del popolo ebraico, anche se per tutti i settant’anni da quando è sorto, è stato chiesto loro di pagare un prezzo molto alto per difenderne la libertà e l’indipendenza. Il dato costituisce di per sé una risposta esauriente ai tanti tentativi di descrivere il paese come in preda a un’atmosfera triste e disperata, come se tutto in Israele fosse orribile. Esiste anche in Israele un’opposizione che confonde l’opposizione alle politiche del governo con l’opposizione allo Stato stesso nella sua globalità. Pensatori politici dei secoli XVII e XVIII hanno teorizzato che la gente accetta di vivere entro strutture statali per cooperare al fine di proteggere la propria sicurezza personale e le proprietà. Israele racconta una storia diversa. Gli ebrei si sono riuniti nella loro patria storica, disposti a pagare un prezzo pesante in  termini di sicurezza personale nella convinzione che vivere in Israele abbia un significato. La coesione sociale scaturisce dal sentimento di un passato condiviso e da una visione del futuro che unisce. La felicità non si misura dal livello di reddito, bensì dal significato che si riesce a dare alla propria vita. Questo spiega la grande maggioranza di israeliani che si dice felice, anche quando riesce a malapena ad arrivare alla fine del mese. Il governo ha ovviamente degli obblighi verso le persone svantaggiate, ma il loro patriottismo e la loro felicità non sono influenzati dalla loro condizione economica. E’ un fatto di cui non siamo sempre consapevoli nella nostra vita quotidiana, ma esiste nel profondo delle nostre anime e sostiene la speranza di continuare a vivere felici nella nostra unica casa.
(Da: Israel HaYom, 5.9.18)