Allacciamo le cinture: sarà una campagna elettorale dai toni più duri che mai

Due grandi differenze rispetto alle elezioni precedenti daranno il tono alla retorica che imperverserà in Israele nei prossimi tre mesi

Di Yaakov Katz

Yaakov Katz, autore di questo articolo

Diciamocelo francamente: i prossimi tre mesi saranno tra i più brutti nella storia politica di Israele. È vero che già gli ultimi due anni non sono stati una passeggiata. Israele è passato attraverso tre campagne elettorali e due anni di confusione e schermaglie tra partiti che non sono mai riusciti a trovare un modo per lavorare insieme a beneficio del vero depositario del potere sovrano in questo paese: il popolo israeliano. Ed è anche vero che Israele è diviso come non è mai stato nella storia recente. Viene di nuovo giocata la vecchia carta del conflitto etnico fra sefarditi e ashkenaziti (israeliani di origine afro-asiatica ed euro-americana ndr), la destra continua a guardare la sinistra dall’alto in basso e la sinistra continua a deridere la destra. C’è il campo pro-Bibi e il campo anti-Bibi, esattamente come nelle ultime tre campagne elettorali. Questa volta, però, ci sono due grandi differenze che daranno il tono alla retorica che imperverserà nei prossimi mesi.

La prima differenza è che Benjamin Netanyahu deve fare i conti per la prima volta con due forti rivali alla sua destra. Benny Gantz ha ingaggiato una battaglia formidabile nelle scorse tre elezioni, ma si identificava quasi esclusivamente con il centro-sinistra. Aveva pochissimi elettori di destra ed è stato abbastanza agevole per Netanyahu dipingerlo polemicamente come un leader debole e “di sinistra”, un messaggio che ha funzionato bene presso la sua base di elettori del Likud.

Benny Gantz e Benjamin Netanyahu all Knesset

Questa volta, invece, non solo Naftali Bennett (leader di Yamina, cioè “A destra” ndr) ha raccolto un forte seguito, innanzitutto grazie al suo sostegno alle piccole imprese durante la crisi del coronavirus. Ora c’è anche il partito guidato dall’ex esponente storico del Likud Gideon Sa’ar, il Tikva Hadasha (“Nuova Speranza”) che appare sempre più come una versione più nuova e ripulita del Likud. Stando ai sondaggi, questi due concorrenti sulla destra di Netanyahu potrebbero ottenere fino a 33 seggi nella futura Knesset, più dei 28 attribuiti al Likud. Combinati con gli alleati di centro, potrebbero bastare per impedire a Netanyahu di tornare sulla poltrona di primo ministro.

La seconda differenza è il processo a carico di Netanyahu, che dovrebbe entrare nel vivo a febbraio quando il tribunale distrettuale di Gerusalemme inizierà ad ascoltare le testimonianze sui tre capi d’imputazione contro il primo ministro per corruzione, frode e abuso d’ufficio. Netanyahu probabilmente tenterà di utilizzare le elezioni per indurre il tribunale a ritardare il procedimento. Se non ci riesce e il tribunale insiste per iniziare i lavori, il pubblico potrebbe vedere il primo ministro in tribunale quasi ogni giorno: non esattamente il tipo di immagini che Netanyahu vorrebbe far circolare a poche settimane dalle elezioni.

Da sinistra: Naftali Bennett (Yamina), Gideon Sa’ar (Tikva Hadasha), Benjamin Netanyahu (Likud), in una riunione alla Knesset prima della pandemia

Per tutto questo, Netanyahu giocherà la sua campagna elettorale nel modo più duro possibile. Ovviamente sottolineerà anche il suo successo nel portare i vaccini in Israele (cosa di cui non si può che rendergli merito) sperando che quei vaccini siano ciò che la gente avrà in mente al momento del voto. Cosa che lo potrà aiutare un po’, ma non dimentichiamo che la crisi causata dal coronavirus non è destinata a scomparire tanto rapidamente. Ci sono ancora 800.000 israeliani senza lavoro e sono moltissime le piccole imprese che si tengono a galla a malapena.

Con queste premesse, le allusioni che Netanyahu faceva durante le elezioni dell’aprile 2019 circa il fatto che Gantz poteva essere ricattabile, dopo che il suo cellulare sembrava essere stato hackerato dall’Iran, sembreranno ben poca cosa rispetto a quello che dovremo aspettarci di sentire su Bennett e Sa’ar. Gli attacchi saranno duri e martellanti. È vero che per Netanyahu tutte le ultime tre elezioni sono state importanti battaglie per la sua sopravvivenza politica. Questa volta, però, si batterà letteralmente per la sua libertà personale. Una sconfitta significherebbe un processo da comune cittadino. Netanyahu non può contare su alcun eventuale posto di ministro poiché, per legge, non può diventare ministro essendo ufficialmente incriminato, e non vi è alcuna possibilità realistica che, come semplice parlamentare, ottenga l’immunità dalla Knesset. Il che gli lascia solo due opzioni: patteggiare un accordo con il procuratore generale, ammesso che un tale accordo sia ancora possibile. Oppure vincere le elezioni alla grande e varare un governo che lo veda di nuovo come primo ministro e promuova una legge che gli garantisca l’immunità. L’unica alternativa è un processo che comporta il rischio di una condanna e forse anche del carcere.

La posta in gioco è dunque alta per tutti, specie per chi siete sulla poltrona di primo ministro. Allacciamo le cinture, perché sarà una campagna elettorale dai toni durissimi.

(Da: Jerusalem Post, 22.12.20)