Alle radici dell’ossessione del regime iraniano per la negazione della Shoà

L’odio anti-ebraico è un fattore centrale e costitutivo dell’ideologia fanatica e dispotica al potere a Teheran

Di Karmel Melamed

Karmel Melamed, autore di questo articolo

Il mese scorso il dittatore iraniano Ali Khamenei ha postato un messaggio su Twitter in cui denuncia i processi intentati in passato dalle autorità francesi a carico del famigerato negazionista della Shoà Roger Garaudy, defunto nel 2012. Il sostegno pubblicamente espresso da Khamenei a Garaudy e altri negazionisti della Shoà non sorprende affatto visto che Garaudy, negli anni precedenti la morte, veniva accolto in Iran come un eroe. Mentre i “falchi della linea dura” iraniani intensificavano le loro minacce militari contro Israele, i “moderati” sotto l’ex presidente Mohammad Khatami traducevano i libri di Garaudy e pagavano la sue spese legali in Francia. Da quasi due decenni, il regime iraniano indice periodicamente un concorso di vignette satiriche incentrate sulla negazione della Shoà e sponsorizza convegni negazionisti ai quali vengono invitati noti antisemiti americani ed europei.

Tuttavia, ciò che continua a disorientare molti, in Occidente, è la ragione per cui la dirigenza del regime iraniano contina a coltivare questa paranoica ossessione per la negazione della Shoà. Si potrebbe semplicemente etichettare Khamenei e i suoi pari come degli incalliti antisemiti che sostengono le teorie negazioniste. Ma le ragioni del sostegno del regime iraniano a tali grottesche teorie hanno in realtà radici più profonde. Comprendere le svariate ragioni che stanno alla base dello sforzo costante di negare la Shoà da parte del regime iraniano può permetterci di capire meglio le loro spregevoli azioni, e come contrastare questo funesto fenomeno.

Manifestazione negazionista iraniana. Sul cartello: sotto la scritta “L’Olocausto è una grande bugia”, la Shoà è rappresentata come un vitello d’oro manovrato dagli ebrei per costringere l’Europa ad accettare Israele, complici gli Usa

Shoà e nascita di Israele. La spiegazione forse più comune che molti esperti iraniani danno in merito al sostegno del regime alle vergognose teorie negazioniste è il loro odio per l’istituzione stessa dello stato d’Israele. Credendo alla loro stessa propaganda, gli ayatollah iraniani sono erroneamente convinti che il mondo, commosso per la Shoà patita dagli ebrei, abbia dato loro lo stato d’Israele come una sorta di risarcimento per aver subito un quasi totale annientamento. Di conseguenza gli ayatollah iraniani sono convinti che, se riescono a screditare la Shoà nel suo insieme, il mondo cambierà idea e smetterà di sostenere il diritto degli ebrei ad avere la loro patria in quella che gli estremisti islamici considerano la “Palestina storica musulmana”.

Sostegno del nazismo da parte dell’islam estremista iraniano. Storici in tutto il mondo concordano sul fatto che molti musulmani iraniani, durante la seconda guerra mondiale, nutrivano simpatia per Hitler per via delle politiche antisemite del regime nazista e, di conseguenza, non hanno mai accettato di esecrare Hitler. L’esposizione alle teorie naziste in Iran ha avuto effetti a lungo termine su molti leader e seguaci del regime iraniano. Nel 2015 ho intervistato lo storico tedesco Matthias Küntzel, che ha studiato il consistente impatto esercitato in Iran dalle trasmissioni quotidiane di Radio Berlino in lingua persiana durante la seconda guerra mondiale. Küntzel mi disse che, sebbene la tradizione islamica sciita iraniana sia sempre stata molto anti-ebraica, gli effetti delle trasmissioni naziste da Berlino del loro principale oratore radiofonico, Bahram Sharokh, furono molto profondi. “I nazisti fondavano il loro incitamento antisemita in lingua persiana su basi islamiche – ha spiegato Küntzel – Estremizzavano alcuni versetti anti-ebraici del Corano e li combinavano con lo spettro europeo della cospirazione ebraica mondiale”. Il giornalista iraniano Amir Taheri ha spesso ricordato nelle sue opere che il defunto fondatore del regime iraniano, l’ayatollah Ruhollah Khomeini, era stato un ascoltatore assiduo ed entusiasta delle trasmissioni in farsi di Radio Berlino. Küntzel ha aggiunto che le affermazioni di Khomeini secondo cui “gli ebrei vogliono creare uno stato mondiale ebraico” riflettono un classico cliché dell’antisemitismo nazista. Allo stesso modo, gli storici iraniani hanno da tempo documentato che nei primi anni ’40 il famigerato mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, collaboratore dei nazisti, si recò in Iran dove esercitò la sua influenza sull’ayatollah Abol-Ghasem Kashani e altri chierici iraniani. Kashani, mentore del futuro fondatore del regime ayatollah Khomeini, è ben noto in Iran per aver divulgato le convinzioni antisemite di al-Husseini.

Vignetta negazionista iraniana: la storia della Shoà è scritta da un ebreo-Pinocchio

È interessante notare che nel corso degli anni l’apparato di propaganda del regime iraniano ha pubblicato la propria versione in lingua farsi di oltre 500 pagine del famigerato libello sulla presunta cospirazione antisemita Protocolli degli Anziani di Sion e lo ha distribuito attraverso le varie ambasciate e missioni diplomatiche in tutto il mondo. Nel 2007 ho intervistato Frank Nikbakht, un attivista e ricercatore iraniano-americano con sede a Los Angeles fondatore del “Comitato per i diritti delle minoranze in Iran”, in merito alle dichiarazioni negazioniste dell’allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Nikbakht mi ha detto che la formazione di Ahmadinejad è stata influenzata dal suo mentore, l’ayatollah antisemita Mesbah Yazdi, e dal defunto Ahmad Fardid, auto-nominatosi professore di filosofia all’Università di Teheran. Dopo la rivoluzione del 1979, Fardid ha tenuto corsi universitari a migliaia di studenti iraniani sull’ideologia nazista, sulla purezza razziale e sul revisionismo della Shoà. Analogamente, durante gli anni ’80 Fardid insegnava all’Università di Teheran le teorie del noto filosofo filo-nazista Martin Heidegger. Va inoltre notato che il consigliere di Ahmadinejad, Mohammad-Ali Ramin, era un ardente antisemita che si era legato ai neonazisti quando aveva vissuto in Germania e ha contribuito in modo significativo all’ascesa dell’ideologia neonazista in Iran durante la presidenza di Ahmadinejad. Dunque, data l’ampia influenza che i capi del regime iraniano hanno subito dall’ideologia antisemita nazista sia durante che dopo la seconda guerra mondiale, si può ben capire come mai negli anni recenti il regime abbia perseguito una politica di negazione della Shoà.

Credo vittimista dell’islam radicale sciita. Nel corso degli anni molti esperti occidentali di Iran non hanno saputo vedere che anche il dogma islamico sciita radicale che sta alla base del regime iraniano gioca un ruolo importante nella continua negazione della Shoà da parte dei suoi dirigenti. Nell’intervista citata, Nikbakht ha sottolineato che la mistica “vittimista” gioca un ruolo importante nella fede islamica sciita del regime iraniano. “Gli sciiti – ha spiegato Nikbakht – devono sempre credere di essere le vittime finali della storia, principalmente ma non esclusivamente a causa della vicenda dell’imam Hossein a Karbala. Gli sciiti percepiscono i loro profeti e tutti i loro imam, anche quelli che sono morti di morte naturale, come se fossero stati uccisi dai nemici e li considerano martiri o vittime innocenti e sante. Data la loro convinzione religiosa di essere le vittime supreme, i capi e i seguaci del regime iraniano non possono accettare che un qualsiasi altro gruppo di persone, in particolare gli ebrei che ai loro occhi sono degli infedeli, possano essere considerate vittime. Di conseguenza, il genocidio nazista degli ebrei è qualcosa che i dirigenti del regime si rifiutano di accettare o considerare autentico, a prescindere da quante prove e testimonianze vengano loro presentate. Nikbakht ha aggiunto che, per lo stesso motivo, i dirigenti sciiti iraniani devono sempre sminuire e minimizzare l’entità della condizione di vittima di altre popolazioni, in particolare degli ebrei, che sono demonizzati nel Corano ed dannati per l’eternità agli occhi degli estremisti musulmani e sciiti.

Quando si considerano tutti questi fattori che hanno giocato un ruolo nel plasmare le convinzioni dei dirigenti del regime iraniano sulla Shoà, non è così difficile capire come mai il regime non la smette con le sue teorie negazioniste. Una volta comprese queste motivazioni del regime iraniano, molti in Occidente dovrebbero porsi la domanda basilare su perché i leader americani ed europei continuano a perseguire relazioni diplomatiche ed economiche con un regime così segnato da fanatismo e infamia. Coloro che proclamano “mai più” quando si parla di Shoà dovrebbero essere i primi a ostracizzare la dirigenza del regime iraniano per le sue grottesche campagne di negazione della Shoà e svergognarlo davanti a tutto il mondo per la sua continua promozione di questa orrenda ideologia.

(Da: Times of Israel, 8.1.20)