Americani sfiniti

Il successo di Hezbollah in Libano dimostra che Israele può contare solo su se stesso

Da un articolo di Nahum Barnea

image_2116Giovedì scorso il presidente Bush, parlando alla Knesset, ha detto cose capaci di commuovere qualunque israeliano. Ha affermato, fra l’altro, che in caso di pericolo trecento milioni di americani sarebbero al fianco dei sette milioni di israeliani. Parole che, è stato detto, resteranno negli annali della tradizione diplomatica americana per le generazioni a venire. Speriamo che sia vero.
Purtroppo, però, la scorsa settimana si sono registrati degli eventi che inducono a riflessioni molto meno liete. Nell’arco di pochi giorni, praticamente senza vera resistenza, il Libano è caduto nelle mani di Hezbollah. La Francia, storica protettrice del Libano, ha borbottato qualcosa e poi se n’è stata zitta. Gli stati arabi sunniti, che vedono il governo di Fouad Siniora come un loro pupillo, hanno dato voce a qualche flebile protesta per poi mandare a Beirut una delegazione con la bandiera bianca.
E la grande, potente America, che attribuisce grande importanza all’indipendenza del Libano e che vanta d’averne cacciato le forze siriane quale unico vero successo della sua attuale politica in Medio Oriente, si è tenuta ai margini in silenzio. In altri tempi, gli americani avrebbero mandato la Sesta Flotta nel porto di Beirut o avrebbero bombardato le postazioni Hezbollah dal mare. Oggi no. L’America è stremata, sfibrata e lacerata al suo interno. Ai suoi protetti in Medio Oriente può offrire soltanto parole, il che ci riporta al toccante discorso tenuto da Bush alla Knesset.
Se il raid delle forze aeree israeliane dello scorso 6 settembre contro un reattore siriano voleva essere un messaggio inviato all’Iran per dire che nessuno può considerarsi immune da azioni militari, la paralisi che ha sopraffatto l’America e i suoi alleati di fronte alla “hezbollizzazione” del Libano ha mandato il messaggio esattamente contrario. La deterrenza è esaurita. Per paesi come Egitto e Giordania è una notizia molto preoccupante. Per Israele è drammatica.
La lezione da trarre è semplice, e risale ai tempi della nascita dello stato di Israele: non possiamo contare su altri che su noi stessi. I trecento milioni di americani saranno al nostro fianco solo se noi sapremo cavarcela da soli. Se fuggiremo di fronte alle responsabilità, scopriremo che gli americani, per non dire degli europei, fuggono più in fretta di noi.
Dunque, è giusto considerare l’America un prezioso alleato, un partner nel processo di pace e un sostegno in caso di guerra: ma non uno schermo dietro cui nascondersi quando viene il momento della verità.

(Da: YnetNews, 20.05.08)

Nella foto in alto: Nahum Barnea, autore di questo articolo