Amnesty distorce la mia identità araba pur di calunniare Israele

I palestinesi vivono sotto il controllo dell'Autorità Palestinese in Cisgiordania o sotto il controllo del gruppo terroristico Hamas a Gaza. E noi arabi israeliani?

Di Yoseph Haddad

Yoseph Haddad, autore di questo articolo

Sono un arabo israeliano cresciuto a Nazareth e il recente rapporto di Amnesty International cerca di distorcere la mia identità. Il documento di oltre 200 pagine fa costantemente riferimento a un “apartheid” contro i “cittadini palestinesi d’Israele”, senza fare distinzione tra arabi israeliani e palestinesi.

I palestinesi vivono sotto il controllo dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania o sotto il controllo del gruppo terroristico Hamas nella striscia di Gaza. E gli arabi israeliani come me? Noi viviamo sotto il governo democraticamente eletto di Israele, con eguali diritti come qualsiasi cittadino ebreo. Per quante volte Amnesty tenti di cancellare la mia identità allo scopo di promuovere la sua agenda politica, questo non la fa diventare la verità.

Sono nato israeliano e rimarrò israeliano. Ho tutti gli stessi diritti di qualsiasi altro cittadino d’Israele. Sono stato un soldato delle Forze di Difesa israeliane schierato a protezione del nord del paese, dove vive la maggior parte della comunità arabo-israeliana, contro gli attacchi terroristici di Hezbollah. Di più. Sono stato anche comandante di decine di soldati ebrei. Quale tipo di “apartheid” permetterebbe mai agli arabi di dare ordini agli ebrei? L’apartheid che non esiste.

Un recente rapporto dell’Israel Democracy Institute ha rilevato che, in effetti, la maggioranza degli arabi israeliani non si identifica come palestinese, ma come arabo o arabo israeliano. Solo il 7% degli intervistati si identifica come palestinese. Un sondaggio successivo ha mostrato che l’81% degli arabi israeliani preferisce vivere in Israele anziché vivere negli Stati Uniti o in qualsiasi altro paese occidentale: evidentemente la vita non deve essere così male sotto il “sistema di oppressione e di dominio” israeliano, contrariamente alle menzogne che Amnesty diffonde sulla nostra vita nell’unica democrazia del Medio Oriente.

Sergente Monaliza Abdo, soldatessa araba nelle Forze di Difesa israeliane

Il rapporto di Amnesty include casi fuori contesto o vere e proprie falsità con lo scopo di avvalorare la sua narrativa volta a delegittimare Israele. Ad esempio, Amnesty menziona ripetutamente una segregazione fisica tra arabi ed ebrei. I loro “ricercatori” dovrebbero visitare un qualunque ospedale israeliano dove possono vedere una donna araba musulmana che riceve ottime cure da un medico ebreo, o un bambino ebreo ultra-ortodosso che viene curato da un medico arabo.

Nella nostra comunità arabo-israeliana la maggioranza dei cittadini vuole vivere in pace con gli ebrei. Molti vogliono essere, e sono già, parte integrante della società israeliana. Invece di promuovere la cooperazione e la prospettiva di un futuro migliore, organizzazioni come Amnesty delegittimano l’unico stato democratico del Medio Oriente cercando di etichettarlo come uno stato di “apartheid”. L’apartheid è un sistema di discriminazione e oppressione basato sulla razza. Parliamone. Le leggi fondamentali di Israele si propongono esplicitamente di proteggere da ogni discriminazione e preservare lo status di Israele come stato ebraico e democratico. Non ebraico o democratico, ma “ebraico e democratico”. Ciò significa che, sin dalla sua istituzione, questo paese ha specificamente protetto per legge i diritti delle minoranze etniche e religiose. Vuol dire che non c’è razzismo in Israele? Ovviamente no, come in qualsiasi altro paese. Israele ha i suoi problemi, che devono essere risolti. In questo senso Israele non è diverso da qualsiasi altra democrazia occidentale, come gli Stati Uniti, la Francia o il Regno Unito, che ogni giorno si industriano di migliorare e correggere le disparità razziali, economiche ed educative. Tutti stati da apartheid?

Infermiere arabe ed ebrea del Rambam Medical Center di Haifa durante gli attacchi di Hamas dello scorso maggio

Per quanto riguarda i palestinesi, lo status quo dell’occupazione è sicuramente problematico, ma comunque non ha le sue radici in una discriminazione razziale, bensì in un conflitto nazionale. Un conflitto che Israele ha dimostrato in più occasioni di voler risolvere quando ha offerto generose soluzioni di pace, respinte dai palestinesi.

Se Israele ha un problema razziale con gli arabi, allora com’è che abbiamo fatto la pace con Marocco, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania e Bahrain? Com’è che ci sono tanti arabi che fanno parte del governo israeliano, dove prendono decisioni che hanno un impatto su ogni israeliano? Com’è che ci sono giudici arabi che decidono in tribunale il destino di cittadini israeliani?

Sono stato in Sud Africa e ho visto con i miei occhi quanto fosse umiliante e ripugnante il crimine di apartheid. Questo è uno dei motivi per cui non posso tacere e lasciare che queste menzogne su Israele vengano diffuse da organizzazioni come Amnesty per il suo tornaconto politico. L’accusa di “apartheid” è grave e non dovrebbe mai essere usata come strumento politico per demonizzare un paese che non piace.

Amnesty International, smettila di oltraggiare la storia e le vittime del vero regime di apartheid in Sud Africa. Collaboriamo, invece, con arabi ed ebrei per risolvere i contrasti in modo pacifico, anziché adottare le ideologie e le panzane ripetute dagli estremisti convinti che Israele, l’unico stato ebraico-democratico al mondo, non abbia il diritto di esistere.

(Da: Jerusalem Post, 3.2.22)