Anche il mondo arabo non ne può più di Hamas

Il mondo arabo critica Israele, ma sono passati i tempi in cui si faceva dettare l’agenda dall’implacabile estremismo dei palestinesi. Assordante il silenzio di Siria e Hezbollah

Di Eyal Zisser

Eyal Zisser, autore di questo articolo

I palestinesi, e Hamas in particolare, hanno perso il sostegno del mondo arabo molto tempo fa. Certamente non l’hanno ricevuto da quando Hamas ha iniziato quest’ultima ondata di attacchi a Israele che ha arrecato caos e distruzioni agli abitanti della striscia di Gaza sotto il suo controllo.

Il mondo arabo ha ormai capito ciò che il resto del mondo, e forse molti anche in Israele, trova difficile interiorizzare: Hamas non è mai stata e non sarà mai interessata a negoziati, accordi di pace e nemmeno ad accordi di cessate il fuoco a lungo termine. Di sicuro non è affatto interessata a vedere una striscia di Gaza in fiorente sviluppo che viva in pace al fianco di Israele. Tutto ciò che vuole Hamas è la continuazione della sanguinosa instabilità a Gaza, in Giudea e Samaria, dentro Israele e ovunque in Medio Oriente. In una situazione come quella attuale, in cui potrebbero scoppiare da un momento all’altro combattimenti che potrebbero travolgere l’intera regione, Hamas si trova come un pesce nell’acqua. Auspica e crede che questo è l’unico modo con cui può raggiungere il suo obiettivo a lungo termine, che era e rimane la distruzione dello stato di Israele. Per come la vede Hamas, ogni scoppio di violenza a cui essa sopravvive la avvicina, anche se solo di poco, al suo obiettivo. In ogni caso, la violenza le ha conferito lo status di campione della causa: l’organizzazione che non solo rappresenta Gaza e si occupa dei suoi abitanti, ma anche quella che “difende” Gerusalemme e parla persino a nome degli arabi che vivono in tutta la Terra d’Israele “dal fiume al mare”.

Una mappa del portavoce militare israeliano che mostra il vasto sistema di tunnel e bunker costruito da Hamas con enorme dispendio di risorse, sotto le zone abitate da civili nella striscia di Gaza

Gli stati arabi lo capiscono e sono determinati a non lasciare che Hamas li trascini di nuovo nel ciclo senza fine di spargimenti di sangue dell’intransigenza palestinese, che li obbliga a tralasciare i loro problemi interni e che porrebbe fine ai loro sforzi per contrastare la minaccia iraniana. Sono finiti i giorni in cui l’agenda era imposta dall’implacabile estremismo dei palestinesi e il mondo arabo era disposto a pregarne il prezzo (anche in senso letterale). Certo, il mondo arabo critica Israele e si identifica con le sofferenze della popolazione civile che sta pagando il prezzo dell’aggressione di Hamas. Ma gli arabi stanno attenti a non schierarsi con Hamas e a non sostenerla. Anche l’Autorità Palestinese e molti dei residenti in Giudea e Samaria stanno agendo in questo modo, interessati a preservare la calma e la stabilità ed evitare di essere trascinati da Hamas nella palude di Gaza.

Il silenzio della Siria e di Hezbollah di fronte a quanto sta accadendo è assordante. Il presidente siriano Bashar Assad non dimenticherà né perdonerà Hamas per il sostegno che diede ai ribelli siriani. Possiamo anche presumere che non sia troppo dispiaciuto per i colpi che subisce il regime di Hamas a Gaza. E il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah, scottato dalla guerra in Libano del 2006, non ha intenzione di farsi trascinare in una guerra.

Alla fine, questa ondata di violenze terminerà. Israele continuerà a sviluppare la sua diplomazia, la sua economia e le sue capacità difensive, mentre i due milioni di sudditi di Hamas a Gaza continueranno ad affogare nella palude di quel regime senza speranze per un futuro migliore. Dopo tutto, ogni ondata di violenze porta sempre più indietro i palestinesi e i loro interessi, mentre Israele continua ad andare avanti.

(Da: Israel HaYom, 20.5.21)