Ancora una volta Israele mette in guardia gli alleati, ma non può delegare a nessuno la propria sicurezza

Cosa sarebbe successo se il reattore atomico siriano non fosse stato distrutto e Assad fosse riuscito a dotarsi di armi nucleari?

Di Eyal Zisser

Questa settimana ricorrono dieci anni dalla distruzione del reattore nucleare che il presidente siriano Bashar Assad aveva voluto costruire nel nord della Siria, con l’aiuto della Corea del Nord. Sebbene Israele non abbia mai ufficialmente rivendicato il raid contro quel reattore, furono i siriani ad attribuirne immediatamente la responsabilità a Gerusalemme. Successivamente furono fonti ufficiali americane, e in particolare il presidente George W. Bush, a confermare che c’era Israele dietro all’attacco al reattore siriano.

Certamente non mancavano preoccupazioni circa un’eventuale rappresaglia siriana, e invece Assad evitò il rischio di affrontare militarmente Israele e preferì ignorare la distruzione del suo reattore, che segnò la fine delle ambizioni nucleari con cui aveva sperato di rendere il suo regime invulnerabile rispetto a qualsiasi minaccia interna o esterna e forse anche di conseguire pieno e assoluto equilibrio strategico contro la forza militare di Israele.

Il fatto che i siriani attribuivano il raid del 2007 a Israele contribuì a ripristinare la deterrenza israeliana, che era uscita scossa dalla seconda guerra in Libano dell’estate precedente: una guerra che, pur avendo ridotto Hezbollah a più miti consigli, era stata percepita dai nemici d’Israele e dallo stesso Hezbollah come una “sconfitta” di Israele, che era sembrato non disporre di una risposta efficace alla minaccia di razzi e missili. A Damasco si erano fatti la stessa idea. Dopo la guerra del 2006, Assad si trastullò persino con l’idea di seguire l’esempio del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e dare luce verde ad attacchi terroristici sulle alture del Golan minacciando raffiche di missili se Israele avesse reagito colpendo la Siria. L’eliminazione del reattore nucleare siriano cambiò completamente il corso degli eventi.

Il reattore nucleare siriano di Al Kibar in costruzione nel deserto di Dair Alzour, prima e dopo il raid del settembre 2007

Si può solo immaginare che cosa sarebbe successo se Assad fosse riuscito a mettere le mani su armi nucleari. Dopo tutto, è il despota che non ha esitato a usare armi chimiche contro la sua stessa gente. E prima di farlo, Assad ha capeggiato una guerra contro i siriani che ha causato quasi mezzo milione di morti e ha costretto un terzo della popolazione del paese – circa 8 milioni di persone – a fuggire al di fuori della Siria per cercare rifugio come profughi.

Bisogna anche ricordare che per anni i leader mondiali avevano continuato a spiegare a Israele che non doveva angustiarsi tanto per gli arsenali di armi chimiche del regime di Assad. Sostenevano che quello siriano era un regime razionale, guidato da governanti pragmatici e realistici che comprendevano bene quale grande pericolo comportasse il ricorso ad armi chimiche, e se conservavano quegli arsenali era solo a scopo di dissuasione, non per usarle davvero. Da una decina d’anni Israele si sente dare spiegazioni molto simili circa il programma nucleare iraniano.

Nelle sue memorie, Bush racconta di come l’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert lo scongiurasse di ordinare alle forze armate statunitensi di demolire il reattore siriano, ma Bush non poteva rispondere a tale appello perché l’intelligence americana diceva di non avere informazioni che confermassero la convinzione israeliana che i siriani stavano lavorando per acquisire armi nucleari. E così Bush, nonostante la sua personale preoccupazione per Israele, era costretto ad abbandonare Israele al suo destino.

Questo precedente storico da brividi ha a che vedere con le sfide che Israele si trova attualmente ad affrontare sul suo fronte settentrionale. Ancora una volta Gerusalemme cerca aiuto e rassicurazione dai suoi alleati – Stati Uniti e Russia – e ancora una volta li mette in guardia, in questo caso rispetto all’Iran che sta stabilendo una testa di ponte in Siria trasformando il paese in una base operativa sulla costa mediterranea per la sua Guardia Rivoluzionaria. Una base che verrà usata per minacciare Israele se non addirittura per attaccarlo. Ma Russia e Stati Uniti stanno sostanzialmente ignorando le preoccupazioni israeliane sull’Iran. A quanto pare la storia si ripete e di nuovo la sicurezza di Israele non può dipendere da nessuno, nemmeno dai suoi amici.

(Da: Israel HaYom, 3.9.17)