Attentati con il marchio di Al-Qaeda

Unorganizzazione islamista, più o meno legata ad Al-Qaeda, potrebbe perseguire diversi obiettivi.

image_399I funzionari egiziani si rifiutano di attribuire il triplice attentato di giovedì sera a un’organizzazione specifica. Secondo alcune fonti egiziane, citate da Ha’aretz, gli attentati nel Sinai in effetti infrangono una vera e propria tregua che era stata raggiunta fra governo egiziano e organizzazioni estremiste, benché la società egiziana sia piena di giovani e meno giovani che aderiscono a posizioni anche molto estremiste contro Israele.
La tendenza ad attribuire questo genere di attentati ai fondamentalisti palestinesi di Hamas potrebbe sembrare ragionevole alla luce della tradizione stragista del gruppo e della guerra in corso fra Hamas e Forze di Difesa israeliane nella striscia di Gaza.
Ma attentati come quelli a Taba e Ras Al-Satan richiedono una lunga preparazione, e i servizi israeliani avevano segnalato il pericolo di possibili attentati contro i turisti israeliani nel Sinai ben prima dell’inizio dell’operazione “giorni di pentimento” in corso a Gaza.
Bisogna poi tenere presente che altre volte Hamas si è affrettata a rivendicare attentati che in realtà non aveva compiuto, mentre finora ha evitato di colpire all’interno di stati arabi.
Secondo gli esperti, organizzazioni terroristiche palestinesi come Hamas e Jihad Islamica non oserebbero commettere attentati in territorio egiziano. L’esperienza indica che questi gruppi non compiono attentati all’interno degli stati arabi perché hanno a cuore i loro rapporti con i regimi al potere in quei paesi.
Teoricamente è possibile che gli attentati siano stati compiuti da gruppi estremisti islamismi egiziani, o da una rete di terroristi stranieri infiltrati in Egitto.
Una possibilità è che un’organizzazione estremista islamista, autonoma o in qualche misura affiliata ad Al-Qaeda, abbia deciso di colpire in questo modo per conseguire diversi obiettivi: uccidere il numero più alto possibile di israeliani, danneggiare i rapporti di pace tra Israele ed Egitto, infliggere un duro colpo all’economia egiziana (l’industria del turismo è la seconda più importante fonte di entrate del paese, dopo i dazi e le imposte di passaggio delle navi nel Canale di Suez).
In effetti, lo schema di un attacco plurimo composto da più attentati coordinati fra loro è tipico delle organizzazioni terroristiche internazionali.
Attentati contro località turistiche non sono una novità. Dopo l’11 settembre sono state anzi una caratteristica di numerose azioni legate alla sigla Jama’a Al-Islamiya Al-Alamiya (Gruppo Islamista Mondiale), la stessa che avrebbe rivendicato la strage nel Sinai di giovedì sera.
La tattica venne avviata con il camion suicida dell’aprile 2002 contro la sinagoga di Djerba (Tunisia), costato la vita a 21 turisti soprattutto tedeschi.
Proseguì poi con le esplosioni nella discoteca di Bali (Indonesia) dell’ottobre 2002 (più di 200 morti per metà stranieri, specie australiani).
Nel novembre 2002 ci furono gli attentati al Paradise Hotel di Mombasa (Kenya) e il fallito tentativo di abbattere con razzi terra-aria il volo Arkia Airlines diretto dal Kenya a Tel Aviv.
Nel maggio 2003 si fu una serie di attentati in luoghi turistici di Casablanca in Marocco (45 morti), e un attentato al Marriot Hotel di Jakarta in Indonesia (10 morti).
Come gli attentati di giovedì sera nel Sinai, anche gli attentati a Bali, Casablanca e Mombasa (oltre naturalmente a Madrid) furono caratterizzati da una serie di esplosioni coordinate, il che comporta un lungo lavoro di preparazione, una meticolosa raccolta di informazioni e una notevole capacità operativa.
Altra comune caratteristica di molti attentati contro località turistiche è che i bersagli sono in qualche modo collegati a Israele e agli ebrei: la sinagoga in Tunisia, l’hotel di proprietà israeliana e pieno di turisti israeliani in Kenya, il volo Arkia per Tel Aviv, un centro comunitario ebraico e un ristorante di proprietà ebraica a Casablanca (così come le due sinagoghe colpite a Istanbul poco meno di un anno fa).
Non mancano all’interno dell’Egitto organizzazioni terroristiche islamiste che hanno compiuto attentati di questo tipo già prima dell’11 settembre, nel tentativo di destabilizzare il regime. Nel 1995 terroristi della Jihad Islamica egiziana aprirono il fuoco davanti a un hotel del Cairo contro un gruppo di turisti greci, scambiati per israeliani (18 morti). Nel 1997 un nutrito commando della Jama’a Islamiya egiziana, guidato da Rifa’at Taa, massacrò a raffiche di mitra 58 turisti occidentali e 4 egiziani nella Valle dei Templi a Luxor.
Poco dopo Rifa’at Taa compariva fra i firmatari del manifesto con cui Osama bin Laden proclamava la nascita di Al-Qaeda e lanciava ufficialmente la sua guerra contro “cristiani ed ebrei”.

(Da: Ha’aretz, 8.10.04)

Nella foto in alto: Bimba israeliana, ferita negli attentati di giovedì sera sul Mar Rosso, giunge all’ospedale di Beersheva.