Attenzione a non trarre conclusioni affrettate

Nonostante il suo innegabile successo personale, se Netanyahu non arriva a 61 seggi la situazione torna al punto di partenza

Di Yossi Beilin

Yossi Beilin, autore di questo articolo

Negli ultimi anni i proclami di vittoria dopo la pubblicazione degli exit poll e delle prime proiezioni sono diventati uno spettacolo sostanzialmente prevedibile, anche se di volta in volta coloro che sono stati lesti a dichiarare vittoria spesso alla fine della settimana si ritrovano con risultati finali che non corrispondono a ciò speravano. Si potrebbe pensare che il primo a dichiarare vittoria sia colui che l’ha ottenuta, o che è capace di creare la percezione pubblica che l’abbia ottenuta, ma non è così.

Quella a cui abbiamo assistito lunedì scorso è stata senza dubbio una vittoria personale per il primo ministro Benjamin Netanyahu. Chi aveva preparato il necrologio della sua carriera politica, o aveva pensato che non avrebbe più riguadagnato il favore del suo pubblico dopo essere stato formalmente incriminato, ha visto la fenice rinascere per l’ennesima volta senza mai prendersi una pausa fra comizi elettrizzanti, interviste su ogni possibile emittente, video personali girati persino nel cortile di casa: finché è riuscito a convincere tutti i potenziali elettori di Likud che pensavano di non votare a uscire di case e recarsi ai seggi.

Ma da quando Netanyahu ha perso il partito Israel Beiteinu di Avigdor Lieberman come componente naturale del blocco destra+religiosi ultraortodossi, la battaglia per una vera vittoria è diventata per lui molto più ardua. Non è più sufficiente che il Likud torni ad essere il partito più votato o il blocco destra+ultraortodossi si affermi come quello con più seggi alla Knesset. La battaglia oggi è per il 61esimo seggio, e senza quel seggio Netanyahu dovrà comunque fare i conti con un contro-blocco che – per quanto disunito e dunque non in grado di formare una coalizione alternativa – detiene tuttavia la maggioranza dei seggi e potrà impedirgli di creare il suo governo.

La 23esima Knesset: i seggi suddivisi per liste e per blocchi pro e contro Netanyahu (clicca per ingrandire)

Finché il conteggio finale dei seggi speciali non sarà terminato e non saranno annunciati i risultati definitivi, nessuno può realmente parlare di “grande vittoria” né può escludere che si possa profilare un quarta tornata di elezioni anticipate. Discettare di possibili defezioni da un campo all’altro è puramente teorico: questa possibilità venne sollevata anche dopo le due precedenti votazioni di aprile e settembre, ma quelle voci non si sono avverate. In altre parole, se nei prossimi giorni arriverà la conferma che nella 23esima Knesset Netanyahu non ha ottenuto 61 seggi, lo scenario politico tornerà ad essere lo stesso che si aveva dopo l’elezione della 21esima Knesset lo scorso aprile.

Quando Lieberman annunciò a sorpresa che non avrebbe più preso parte a una coalizione insieme agli ultraortodossi, Netanyahu fece la sua contromossa a sorpresa e mise in moto la macchina per le elezioni anticipate ancor prima di informare il presidente Reuven Rivlin che non era in grado di formare una nuova coalizione. Dopodiché Israele si è logorato in altre due tornate elettorali, e la sensazione è che una quarta tornata sarebbe una di troppo.

Una situazione che vedesse il blocco di Netanyahu senza i fatidici 61 seggi sarebbe una situazione in cui nessuna delle parti ha vinto, nonostante il suo eccezionale successo personale: una situazione in cui anche coloro che finora si sono opposti con più veemenza all’idea di un governo di unità nazionale dovrebbero ricredersi e invocarlo a gran voce.

(Da: Israel HaYom, 4.3.20)