Attenzione a tutti i Goldstone del mondo

Non capiscono la deterrenza, indeboliscono i moderati, infiammano i terroristi, avvicinano la guerra

di Ari Shavit

image_2629Nessuno sa ancora quando scoppierà la prossima guerra. Forse fra un decennio, forse fra un anno, o magari addirittura il mese prossimo. Non è nemmeno chiaro dove scoppierà: forse sui confini della striscia di Gaza, forse in Cisgiordania, o magari a Gerusalemme. Ma una cosa è già perfettamente chiara: che la prossima guerra si chiamerà “la guerra di Goldstone”. Sarà la guerra tirataci addosso dal rapporto Goldstone, dal giudice Goldstone e dai suoi seguaci.
È una faccenda abbastanza semplice. In Medio Oriente, mancando la pace, ciò che previene la guerra è la deterrenza. La deterrenza di Israele è stata considerevolmente erosa da due guerre in Libano, due intifade e due ritiri unilaterali. Di conseguenza Israele è costantemente sottoposto ad attacchi terroristici.
Per evitare il deteriorarsi dalla regione nel caos più completo, a intervalli di alcuni anni Israele deve esercitare la forza. Queste limitate dimostrazioni di forza non conseguono mai una vittoria militare decisiva né una svolta nel processo di pace. L’unico loro scopo è stabilizzare i violenti rapporti fra Israele e arabi. In questo modo con le maniere forti esse creano un equilibrio temporaneo che sostituisce il conflitto aperto e garantisce una relativa calma per alcuni anni.
Nel bene e nel male, l’offensiva anti-Hamas nella striscia di Gaza del gennaio scorso aveva ripristinato questo equilibrio: a costo di un pesante prezzo umano aveva indebolito Hamas e l’aveva frenata; a costo di un pesante prezzo morale, aveva rafforzato i palestinesi moderati permettendo loro di crescere. L’operazione aveva garantito agli abitanti del sud di Israele un raro intervallo di respiro. Per quanto brutale, aveva creato un impianto di stabilità sul quale era possibile costruire, strato dopo strato, un nuovo realistico processo di pace.
Ma nelle ultime settimane l’equilibrio è stato rotto. Hamas sta rialzando la testa e i palestinesi moderati sono costretti a radicalizzarsi; nel sud è ripreso uno stillicidio di lanci di razzi Qassam, mentre le braci sul Monte del Tempio tornano incandescenti.
Non sono coincidenze. Il rapporto Goldstone e lo spirito Goldstone stanno creando una situazione in cui la deterrenza che, conseguita a così caro prezzo all’inizio dell’anno, potrebbe spirare prematuramente, avvicinando pericolosamente il prossimo round del conflitto israelo-palestinese.
È stato abbondantemente detto e scritto sul doppio standard che caratterizza rapporto Goldstone. Tuttavia oggi appare chiaro che Goldstone non è colpevole solo di un doppio standard (vedi Pakistan, Afghanistan, Iraq, Sri Lanka, Tibet…), ma anche di un doppio crimine politico. Con una mano ha allontanato ulteriormente la pace chiarendo che Israele, anche dopo un eventuale ritiro totale sulla Linea Verde, non avrà il diritto di difendere i suoi cittadini e la sua sovranità. Con l’altra mano ha avvicinato la guerra incatenando Israele in una camicia di forza che gli impedisce di esercitare in futura la sua forza.
E così Goldstone, da una parte ha fatto il gioco della destra israeliana (aumentando enormemente i rischi connessi a un eventuale ritiro); dall’altra, ha infiammato l’estremismo palestinese (mettendo Israele sul rogo).
I palestinesi vedono Goldstone come una sorta di Dalila che ha trovano il punto debole di Sansone e gli ha tagliato i capelli. Il che può portare a un unico risultato: violenza, e ancora violenza, e altra violenza, fino alla guerra.
Il problema non è solo Goldstone. Il problema sono tutti i Goldstone. Da decenni la comitiva dei Goldstone conduce un insensata campagna di istigazione contro Israele. Israele ha contribuito in parte a questa campagna con l’occupazione, gli insediamenti e una certa arroganza. Ma i Goldstone non sono spinti da un onesto tentativo di spartire il paese, creare la pace e stabilire una giustizia universale da applicarsi a tutte le nazioni. Sono spinti dalla profonda necessità di ostracizzare Israele, condannarlo e distruggerlo.
Sebbene alcuni dei più eminenti Goldstone siano ebrei e israeliani, essi non vedono la storia ebraica, la tragedia ebraica e le difficilissime circostanze in cui lo stato ebraico cerca di sopravvivere. Trattano Israele come una potenza perfida e onnipotente, responsabile di tutti i peccati del conflitto e di tutti i mali della regione.
Il rapporto Goldstone non sarebbe mai stato scritto senza l’opera combinata, il pregiudizio combinato e l’odio combinato per Israele di tutti i Goldstone. Così il rapporto rispecchia sia il sacro furore di tutti i Goldstone, sia la loro assoluta convinzione che i palestinesi non possano fare nulla di sbagliato. Questa convinzione non mette in pericolo solo Israele, ma la calma e la stabilità di tutti. Nel loro fanatismo ed estremismo, Richard Goldstone e tutti gli altri Goldstone ci hanno spinto più vicini a un bagno di sangue.

(Da: Ha’aretz, 9.10.09)

Nella foto in alto: il presidente della commissione d’indagine del Consiglio Onu per i Diritti Umani, Richard Goldstone, a Gaza