Autostrada del terrorismo

Spetta all’Egitto decidere di interrompere il traffico d’armi verso la striscia di Gaza

Da un editoriale di Ha'aretz

image_1863Mentre le squadre negoziali israeliana e palestinese lavorano sodo per cercare di formulare una dichiarazione congiunta in vista della conferenza di pace prevista per la fine di novembre ad Annapolis (Usa), gli sviluppi al confine fra striscia di Gaza ed Egitto gettano un’ombra cupa sulle possibilità di successo.
Da quando Hamas ha completato la presa del potere a Gaza, nel giugno scorso, il traffico d’armi dal Sinai si è rapidamente moltiplicato. La scorsa settimana Israele ha chiesto all’amministrazione americana di parlare urgentemente con l’Egitto su questo tema, mettendo in chiaro che il traffico di armi è diventato un vero problema strategico.
Più di due anni dopo il disimpegno totale di civili e militari israeliani dalla striscia di Gaza, nonostante le promesse e gli impegni da parte egiziana il Cairo non ha fatto finora nessun autentico tentativo di contrastare questo traffico. Secondo ufficiali dell’intelligence israeliana, ultimamente si sono viste contrabbandate ogni mese nella striscia di Gaza molte tonnellate di esplosivi destinate alla fabbricazione di bombe e missili. Intanto attraverso il confine passa anche un flusso continuo di aspiranti terroristi, addestrati nei campi paramilitari in Iran, Siria e Libano.
Un paio di settimane fa, molto probabilmente col permesso delle autorità egiziane, decine di miliziani armati e addestrati hanno fatto ritorno nella striscia di Gaza. Le conoscenze operative degli attivisti Hezbollah libanesi e dei Guardiani della Rivoluzione iraniani hanno già aiutato più volte Hamas e Jihad Islamica palestinese nell’attaccare civili israeliani del Negev.
Fino a quando Hamas non ha assunto il completo controllo, lo scorso giugno, sussisteva per lo meno un’apparenza di monitoraggio lungo il Corridorio Philadelphia (al confine fra Egitto e striscia di Gaza) ad opera delle forze sotto l’egida del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e della squadra di controllori europei di stanza al valico di Rafah. Ora, invece, per descrivere la situazione attuale, alti ufficiali delle Forze di Difesa israeliane parlano senza mezzi termini di “autostrada del traffico d’armi”.
In Israele le alte sfere politiche e militari, ancora ammaccate per essersi lanciate troppo in fretta nella seconda guerra libanese (estate 2006), non propendono facilmente per operazioni militari di ampio respiro nella striscia di Gaza. La tensione con la Siria di quest’ultima estate ha ulteriormente frenato mosse di questo tipo sul fronte sud. Tuttavia venerdì scorso il vice capo di stato maggiore uscente Moshe Kaplinsky ha dichiarato a Yedioth Ahronoth d’essere convinto che il conflitto a Gaza è sul punto di degenerare.
Due sono i prevedibili sviluppi che maggiormente preoccupano Israele e che sono sicuramente accelerati dal continuo traffico di armi, esplosivi, uomini e denari: uno è l’aumento della gittata dei missili di Hamas fino a superare i 15 km; l’altro è un miglioramento delle tecniche di fabbricazione che permetterebbe a Hamas di accumulare migliaia di missili e razzi.
Sarà molto difficile che il primo ministro israeliano Ehud Olmert possa convincere l’opinione pubblica israeliana della necessità di procedere ad ulteriori ritiri sotto il fuoco continuo dalla striscia di Gaza.
L’Egitto potrebbe sigillare il confine al contrabbando, se solo decidesse di farlo. Il Cairo sembra invece chiudere un’occhio. Questo comportamento solleva il sospetto che in realtà non voglia che i negoziati fra Israele e Abu Mazen abbiano successo, né che si rafforzi il governo dell’Autorità Palestinese.
I trafficanti d’armi a Gaza lavorano a stretto contatto con i contrabbandieri sul versante egiziano del confine di Rafah e con i beduini del Sinai. L’Egitto darà un vero contributo ai colloqui di pace solo quando userà i suoi servizi di intelligence per raccogliere informazioni su queste reti, e le sue forze di polizia per controllare più strettamente il confine.
È dovere di Israele avanzare queste richieste in ogni istanza possibile e mettere bene in chiaro quanto sia fondamentale la lotta contro il traffico d’armi se si vuole tenere a freno il conflitto in quell’area.

(Da: Ha’aretz, 14.10.07)

Nella foto in alto: Ieri serre israeliane, oggi ingresso dei tunnel per il traffico di armi e terroristi dall’Egitto