Bakri: “Vero il mio film, anche se non ho controllato”

“Non sono un detective né un poliziotto”, si giustifica in tribunale il regista di “Jenin, Jenin”

image_2035Mohammed Bakri, il regista e attore arabo-israeliano autore del film “Jenin, Jenin”, ha testimoniato domenica scorsa davanti alla Corte distrettuale di Petah Tikva nel quadro del processo per diffamazione intentato contro di lui da cinque riservisti israeliani. Il giudice ha chiesto alle parti di arrivare a un patteggiamento, proposta per ora respinta dagli avvocati.
Il film di Bakri, che si presenta come un documentario, è costruito in modo tale da accusare di crimini di guerra le Forze di Difesa israeliane che hanno combattuto contro terroristi palestinesi nella battaglia del campo palestinese a Jenin durante l’Operazione Scudo Difensivo del 2002. I cinque riservisti israeliani, che hanno combattuto in quella battaglia perdendo diversi compagni, accusano il regista di averli diffamati.
Una delle scene più controverse del film è quella che mostra un mezzo blindato israeliano che avanza verso un gruppo di palestinesi e una voce che grida: “Sta per schiacciarli”. La scena immediatamente successiva mostra dei corpi che vengono rimossi, creando la falsa impressione che il mezzo blindato abbia effettivamente ucciso dei palestinesi inermi.
Alla domanda del procuratore Amir Tytunovich su perché avesse montato in quel modo le scene, Bakri ha risposto di non aver mai immaginato che pensasse davvero che il tank avesse schiacciato i palestinesi. Bakri ammette che nessun tank israeliano ha schiacciato alcun palestinese, anche se il fotografo, la cui voce è quella che si sente gridare fuori campo, evidentemente pensava che sarebbe successo.
In tribunale Bakri ha continuato a sostenere che il suo film non contiene alcuna menzogna, sostenendo anche di non aver mai ammesso che il montaggio di quelle scene fosse fuorviante. Ma Tytunovich ha mostrato alla Corte le immagini di un’intervista televisiva in cui Bakri ammetteva di aver sbagliato dicendo che, se dovesse rifare il film, non rimonterebbe le scene in quel modo “anche solo per evitare quello che si dice adesso”.
Bakri ha ribadito alla Corte d’essere pronto a giurare che tutto ciò che c’è nel film è vero per il semplice fatto che crede alle persone che ha intervistato, anche se non ha controllato tutto perché – ha detto – “non sono un detective, né un poliziotto, né un avvocato”.
Quando le Forze di Difesa israeliane, nell’aprile 2002, lanciarono un raid con truppe di terra contro le basi terroristiche del campo di Jenin dove venivano organizzati continui attentati suicidi contro le città israeliane, fonti palestinesi fecero circolare in tutto il mondo la notizia che si stesse compiendo un “massacro” con più di 500 civili palestinesi uccisi. Pochi giorni dopo, un ministro dell’Autorità Palestinese dichiarava all’agenzia di stampa UPI che il numero dei civili palestinesi “massacrati” era nell’ordine delle “migliaia”, gettati da Israele in “fosse comuni sotto gli edifici rasi al suolo”.
Successive indagini internazionali indipendenti, compresa quella delle Nazioni Unite, stabilirono che in quei durissimi combattimenti casa per casa erano morti, in realtà, 52 palestinesi, in gran parte terroristi armati, e 23 soldati israeliani.

(Da: Ha’aretz, 9.03.08)

Nella foto in alto: Su un muro del campo palestinese di Jenin, la rappresentazione delle rivendicazioni territoriali palestinesi: lo stato di Israele è cancellato.

Si veda anche:
The Road To Jenin

http://www.pierrerehov.com/jenin.htm