Barak: L’Iran punta ancora all’arma atomica

E’ un tema su cui Israele non può permettersi il lusso di assumersi dei rischi

image_1924L’Iran non ha abbandonato l’obiettivo di dotarsi di armi nucleari. Questa l’opinione espressa martedì dal ministro della difesa israeliano Ehud Barak, dopo la pubblicazione del rapporto dell’intelligence Usa in cui si afferma che Teheran avrebbe sospeso il programma per armi nucleari nel 2003 pur continuando il processo di arricchimento dell’uranio.
“A quanto ci risulta – ha detto Barak – nel 2003 l’Iran ha effettivamente congelato per un certo periodo il suo programma nucleare militare ma, per quanto ne sappiamo, molto probabilmente dopo di allora lo ha ripreso”. La questione del nucleare iraniano, secondo Barak, resta della massima rilevanza. “E’ possibile che [il rapporto] sia corretto – ha spiegato – e non penso che sia nostro compito esprimere valutazioni sulla posizione americana. Il nostro compito è garantire che vengano fatte le cose giuste. Parlare continuamente della minaccia iraniana, come si è fatto di recente, non è la cosa giusta: le parole non fermano i missili”.
Poco prima, il ministro israeliano Binymain Ben-Eliezer aveva affermato che, indipendentemente dal rapporto dell’intelligence Usa, “Israele deve continuare ad agire in ogni modo per sventare la minaccia nucleare iraniana. Il rapporto va benissimo, e ci dà sollievo – ha detto Ben-Eliezer – D’altra parte, Israele e il suo apparato difensivo si muovono sulla base del presupposto che l’Iran punta all’arma atomica: si tratta di uno di quei temi sul quale lo stato di Israele non può permettersi il lusso di assumersi dei rischi”.
Anche altri esponenti governativi hanno espresso sin da lunedì sera la convinzione che il nuovo rapporto non diminuisce le preoccupazioni israeliane, giacché comunque l’uranio arricchito può essere usato sia per scopi civili che militari.
Secondo il rapporto americano l’Iran avrebbe sospeso il suo programma per lo sviluppo di armi nucleari nell’autunno 2003 a causa delle pressioni internazionali e delle operazioni militari internazionali in Afghanistan (2001) e in Iraq (primavera 2003), ma avrebbe continuato ad arricchire l’uranio il che – secondo il rapporto – comporterebbe la possibilità per l’Iran di sviluppare armi nucleari fra il 2010 e il 2015.
Secondo la valutazione corrente dell’intelligence israeliana, invece, l’Iran potrebbe conseguire capacità militari nucleari fra la fine del 2009 e il 2010. Ehud Barak, il primo ministro israeliano Ehud Olmert e il ministro degli esteri Tzipi Livni, informati in anticipo, durante il loro soggiorno a Washington la scorsa settimana per la conferenza di Annapolis, dell’imminente diffusione del rapporto, hanno ribadito che Israele si regola la propria politica sulla base della valutazione dei propri servizi di intelligence.
La discrepanza fra le due valutazioni si baserebbe non tanto su informazioni diverse, quanto su un diverso approccio: Israele tiene l’attenzione puntata sul cosiddetto “scenario peggiore”, mentre l’approccio degli americani presuppone che, una volta ottenuta la tecnologia necessaria, l’Iran avrà ancora difficoltà ad utilizzarla per la produzione della bomba.
“A nessuno piace ammettere d’essersi sbagliato – commentano Shmuel Rosner e Aluf Benn, su Ha’aretz – per cui bisogna dare credito ai servizi di intelligence americani per aver cercato di correggere un loro presunto errore di valutazione precedente. Ma è anche vero che, se si corregge un presunto errore con un nuovo errore, poi è ancora più difficile correggersi di nuovo. Il dibattito intorno alle conclusioni di questo rapporto sarà notevole, e molti sospetteranno che gli autori abbiano mancato di raccogliere e interpretare correttamente le informazioni disponibili. Ne verrà data anche una interpretazione psicologica: gli stessi servizi di intelligence che misero in guardia contro le armi non convenzionali di Saddam Hussein starebbero facendo ora l’errore opposto. Gli americani potrebbero ritrovarsi colti completamente di sorpresa come lo furono quando vennero a sapere delle bombe atomiche pakistana e indiana. Gli addetti continueranno a discutere appassionatamente delle due diverse valutazioni, quella israeliana (atomica iraniana entro il 2010) e quella americana (atomica iraniana verso la metà del prossimo decennio). Per il pubblico in generale sarà molto difficile farsi un’idea su chi abbia ragione. Forse lo si potrà dire solo in futuro, quando improvvisamente la bomba farà la sua comparsa oppure no. Nel frattempo, Israele continua ad attenersi al suo approccio improntato alla “massima prudenza”. Ma una cosa è certa: che sia corretto o meno, il rapporto americano ha levato di torno l’opzione dell’intervento militare contro l’atomica iraniana, almeno fino a nuovo ordine”.

(Da: Ha’aretz, Jerusalem Post, 4.12.07)