Battersi per la pace nonostante il terrorismo

L’esempio del kibbutz Metzer, atrocemente colpito dal terrorismo, dimostra che è possibile continuare a credere nella coesistenza

di Josh Lichtenstein

image_2507La settimana scorsa ho avuto l’opportunità di visitare il Kibbutz Metzer, situato nel centro di Israele a ridosso della linea verde, la ex linea armistiziale fra Israele e Cisgiordania: una visita che mi ha lasciato una profonda impressione di come la tolleranza possa superare rabbia e paura.
La comunità venne fondata nel 1953 da un gruppo di socialisti di sinistra provenienti dall’Argentina. Erano pionieri idealisti e fin dagli inizi del kibbutz vissero in pace con i loro vicini arabi. Gli ebrei che vivevano a Metzer apprendevano pratiche agricole dai villaggi arabi circostanti e, in cambio, li aiutavano con la tecnologia e l’assistenza legale. In tutta la storia del kibbutz c’è stata un’incredibile cooperazione tra ebrei ed arabi della zona. Nei primi anni gli abitanti del kibbutz non riuscivano a trovare una sorgente d’acqua per le loro esigenze agricole. Il vicino villaggio arabo di Meiser gentilmente concesse loro l’accesso al loro pozzo.
Quando il governo israeliano installò degli acquedotti, i residenti di Metzer accettarono di condividere la loro acqua con il vicino villaggio arabo. Durante gli anni ‘50, accadde addirittura che i pompieri della legione giordana (che controllava la Cisgiordania) aiutarono i membri del kibbutz Metzer spegnendo un incendio che minacciava le loro coltivazioni.
Per decenni gli arabi che vivevano a Meiser non fecero che incrementare i loro rapporti con gli ebrei del kibbutz: erano invitati a condividere piscine, parchi e strutture pubbliche del kibbutz. Le due comunità si unirono anche nel formare squadre di calcio comuni negli anni ’70. Nonostante tutte le guerre e le violenze tra Israele e mondo arabo, queste due comunità riuscirono a vivere in pace per quasi cinquant’anni.
Nel 2002, nel pieno degli attentati suicidi della seconda intifada, i leader del Kibbutz Metzer condussero una vivace campagna per protestare contro la costruzione di una barriera di sicurezza ad opera del governo di Israele. I membri del kibbutz speravano di convincere il governo a spostare alcuni tratti della barriera in modo da non separare gli agricoltori arabi dai loro uliveti. Dopo prolungate proteste, gli ebrei di Metzer ottennero un incontro con i funzionari del ministero della difesa per tutelare gli interessi degli agricoltori arabi. Uno sforzo di buona volontà che tuttavia non rimase impunito.
La sera prima del previsto incontro, un palestinese della Brigata Martiri di Al-Aqsa, il braccio militare dell’organizzazione Fatah di Yasser Arafat, seminò dolore e morte fra i residenti di Metzer. Il terrorista entrò in un’abitazione scelta a caso dove uccise una madre una madre che stava leggendo la fiaba della buona notte ai figli di 4 e 5 anni d’età. La donna fece scudo col proprio corpo ai due bambini e venne uccisa per prima, poi il terrorista uccise a bruciapelo i due figli che cercavano di nascondersi sotto le coperte. Prima che il terrorista abbandonasse la scena, altri due membri del kibbutz erano stati colpiti a morte.
Ascoltando questa storia non è possibile non sentirsi pieni di rabbia. Come è possibile assassinare persone che sono solo interessate alla pace e che cercano di aiutare i palestinesi? Se io fossi vissuto a Metzer, non credo che avrei mai potuto perdonare questi crimini, e avrei spostato tutta la mia attenzione dalla pace alla sicurezza. Sembra del tutto ragionevole non voler aiutare chi ti pugnala alla schiena.
Invece, nonostante l’atrocità, i residenti di Metzer non si vollero scordare la loro storia di pace e cooperazione con i vicini. All’indomani degli attentati il portavoce del kibbutz Dov Avital rilasciò una dichiarazione con queste profonde parole: “Benché la sete di vendetta sia naturale, abbiamo bisogno della forza per ricordare il nostro messaggio e continuare a credere fermamente nel nostro desiderio di vivere in pace con i nostri vicini. … Le Forze di Difesa israeliane devono dare la caccia a questi terroristi ed eliminarli, ma il governo deve ricordare che la maggior parte dei palestinesi non sono terroristi e che è imperativo offrire loro un orizzonte diplomatico. Non c’è altra soluzione”.
Durante il mio soggiorno in Israele sono stato davvero colpito dal fatto che gli israeliani non hanno rinunciato alla pace. Dopo tutte le guerre, gli attentati, le uccisioni di civili innocenti, la pace rimane il loro obiettivo incrollabile.

(Da: YnetNews, 15.05.09)

Nella foto in alto: La barriera difensiva che oggi separa i campi del kibbutz Metzer da quelli del villaggio palestinese di Qafin