Ben & Jerry’s ha regalato una inutile vittoria alle campagne dell’odio e contro la pace

I dirigenti della famosa azienda di gelati sono caduti nella trappola di chi vuole cancellare l’unico stato ebraico al mondo (mentre sono i palestinesi che hanno sempre respinto ogni proposta di pace)

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Egregi dirigenti di Ben & Jerry’s, non amo particolarmente i boicottaggi, che raramente sono giustificati, e non sono un devoto sostenitore del controllo israeliano su Giudea e Samaria. Ma sebbene il vostro gelato sia stato finora il mio preferito, da questo momento in poi intendo boicottarlo. In effetti, chiunque si opponga al razzismo, alla menzogna, all’istigazione, alle violazioni dei diritti umani dovrebbe boicottare il vostro gelato. Perché, anche se non avevate intenzioni razziste o antisemite, che poi è la stessa cosa, il vostro boicottaggio segna un nuovo successo per la campagna razzista e antisemita che si oppone all’esistenza stessa di un solo stato in tutto il mondo: lo stato ebraico.

Questo è ciò che dovreste sapere circa la campagna capeggiata dal movimento BDS per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele. Questa campagna non è in alcun modo interessata alla pace né alla fine dell’occupazione. Sì, ci sono persone oneste e di buon cuore che sono favorevoli a una soluzione pacifica e senza violenza del conflitto israelo-palestinese e che sostengono anche questa campagna. Ma vengono imbrogliate. Non conoscono i fatti. E per conoscere i fatti, bisogna ascoltare ciò che dicono gli ideatori e i leader di questa campagna. Omar Barghouti ha dichiarato apertamente che “nessun palestinese accetterà mai uno stato ebraico”. Parole simili sono arrivate da Ali Abunimah, secondo il quale la soluzione a due stati “non ha alcuna possibilità di essere attuata”. Idem il professor As’ad AbuKhalil, che ha scritto di essere d’accordo sul fatto che “il vero scopo del BDS è abbattere lo stato di Israele” e che questo “dovrebbe essere dichiarato come un obiettivo inequivocabile”. In effetti, non c’è un solo attivista rilevante della campagna per il boicottaggio che sostenga una soluzione equa con due stati per due popoli. Qua e là, i leader della campagna si accontentano di un boicottaggio limitato ai Territori. Ma ogni boicottaggio serve alla loro campagna, diffondendo fandonie e perpetuando il conflitto e la sofferenza per entrambi i popoli. È questa la battaglia che volete sostenere?

Le campagne BDS per il boicottaggio di Israele non mirano a un accordo di pace ma alla cancellazione di Israele dalla carta geografica, come mostrano inequivocabilmente le mappe utilizzate dalla loro propaganda

Abbiamo bisogno di una pace basata sui compromessi che sono stati proposti sin dall’inizio del conflitto. Permettetemi di farvi un breve riassunto della storia. Nel lontano 1937 la Commissione Peel propose una soluzione che attribuiva agli ebrei solo il 4% della Palestina originaria. All’epoca il leader degli arabi palestinesi era il mufti nazista Haj Amin al-Husseini. Che disse di no. Quando, un decennio dopo, la proposta divenne quella del piano di spartizione delle Nazioni Unite, il mufti era di nuovo lì a capeggiare il rifiuto. Quel rifiuto ha causato sia la nakba palestinese, quando 715.000 persone divennero quelli che oggi sono conosciuti come profughi palestinesi, sia una “nakba” ebraica, quando 850.000 ebrei furono cacciati o costretti a partire dai paesi arabi dove vivevano. Ci sono state proposte di compromesso anche negli ultimi decenni. Nel 2000, Bill Clinton offrì ai palestinesi uno stato su circa il 96% dei Territori, con ulteriori terre cedute da Israele per colmare il deficit. I palestinesi dissero di nuovo no. Passarono diversi anni e nel 2008 dissero di nuovo no a una proposta simile dell’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert. E hanno detto no di nuovo nel 2014 a una proposta di John Kerry e Barack Obama. Sarebbe stato possibile arrivare alla pace. Infatti qua e là c’erano dei leader palestinesi inclini al compromesso. Ma i caporioni della campagna per il boicottaggio hanno continuato sulla strada del mufti, schierandosi sistematicamente contro qualsiasi compromesso. Quindi, devo chiedervi di nuovo: è questa la campagna che volete sostenere?

Potete visitare Israele. Anzi, dovreste. Israele è una vibrante democrazia. In Israele c’è una maggioranza favorevole a un compromesso storico per porre fine al conflitto. Fra le gente vi sono anche voci molto critiche rispetto alla continuazione dell’impresa degli insediamenti, e ve ne sono anche fra i parlamentari alla Knesset. Ma gli insediamenti non sono mai stati un ostacolo alla pace. Ricordate gli insediamenti nella striscia di Gaza che sono stati tutti sgomberarti dal governo israeliano? (lo stesso era avvenuto con quelli nel Sinai egiziano ndr). In realtà, ancora oggi gli insediamenti occupano solo una piccola percentuale dei territori palestinesi.

Chiunque sostenga una soluzione a due stati per due popoli sa che gli arabi continueranno a vivere in Israele, dove costituiscono il 20% della popolazione, e una piccola percentuale di ebrei dovrà poter continuare a vivere nello stato palestinese. In questo senso, la vostra decisione per il boicottaggio non è al servizio dei diritti umani, né della pace, né della riconciliazione né di un compromesso. La vostra decisione serve solo alla campagna che istiga contro l’esistenza di un solo paese tra tutti i paesi del mondo: lo stato di Israele.

La vostra decisione è anche contraria al clima che si respira oggi nella maggior parte dei paesi arabi, dove sanno fin troppo bene che il vero problema non è Israele ma il costante rifiuto palestinese. Secondo un sondaggio condotto dallo Zogby Institute alcuni mesi fa, la maggior parte dei residenti dei paesi arabi è favorevole alla normalizzazione con Israele. E voi? Da che parte state? Dalla parte di chi vuole pace e normalizzazione o dalla parte di chi fomenta odio e boicottaggi? Capite di aver scelto la parte sbagliata? Sarete capaci di ribaltare la vostra sventurata decisione? Lo spero davvero.

(Da: YnetNews, 20.7.21)