Ben venga il nuovo Medio Oriente

Volevamo un cambiamento nella regione ed ora sta prendendo forma davanti ai nostri occhi. Ma gli eterni detrattori continuano a pestare i piedi chiedendo di insistere sulla strada dello scontro che non ha mai portato nulla di buono a nessuno

Di Ben Dror-Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Spesso ci preoccupiamo di dettagli banali mentre facciamo fatica a vedere il quadro più ampio. La visita ufficiale della delegazione israeliana negli Emirati Arabi Uniti – giunta su un aereo El Al che ha sorvolato l’Arabia Saudita con il permesso del Regno – è un giorno di festa per Israele.

Volevamo un nuovo Medio Oriente ed ecco che sta prendendo forma davanti ai nostri occhi. Certo, saremmo stati ben felici se anche i palestinesi si fossero uniti a noi. Saremmo stati ben felici di vedere le bandiere israeliane issate anche a Ramallah, come ad Abu Dhabi. Questo non è ancora successo, ma non c’è motivo di lamentarsi del fatto che la bandiera israeliana ha “solo” sorvolato il territorio saudita senza poter scendere su di esso.

I critici insistono a dire che non è successo niente di così eccezionale dal momento che Israele intrattiene già da parecchi anni rapporti più o meno clandestini con vari stati del Golfo. Personalmente ho visitato due stati del Golfo (Bahrain e Qatar) negli anni ’90 e sono persino andato nello Yemen. Ma poi scoppiò la seconda intifada, l’intifada delle stragi suicide, e tutto si è bruscamente fermato. Tutti i rapporti palesi divennero segreti o semplicemente cessarono di esistere. Tornarono a comandare i nemici della normalizzazione, e il perenne ostruzionismo dei palestinesi tornò a dettare le politiche.

1 settembre: funzionari degli Emirati Arabi Uniti salutano la delegazione israeliana a bordo dell’aereo El Al che si appresta a decollare da Abu Dhabi alla volta di Tel Aviv

Ora tutto è cambiato ed è stato detto loro: “basta”. I fautori della normalizzazione hanno rialzato la testa, e non per amore d’sraele ma per i loro propri interessi. Il che è meraviglioso. Quanto vorrei che anche i palestinesi potessero aderire e agire nel loro interesse. Ma preferiscono di gran lunga agire contro se stessi. È diventata per loro una seconda natura: danneggia noi, ma danneggia molto di più loro.

“Ma quante storie! Dopotutto gli Emirati Arabi Uniti sono una dittatura” esclamano alcuni critici. Trovo l’affermazione alquanto bizzarra se pensiamo che arriva dagli stessi che attaccavano e denigravano l’allora presidente degli Stati Uniti George Bush perché cercava di diffondere la buona novella della democrazia, e domandavano chi gli avesse dato tale autorità. Ora gli eterni malcontenti ribaltano la domanda contro Israele. E dunque cosa ci suggeriscono di fare? Rompere i rapporti anche con l’Egitto e la Giordania? Anche quelle non sono democrazie, dopotutto. Si tratta delle stesse persone che si crogiolano nel fango politico palestinese e ci fanno continuamente la predica sulla necessità di riconciliarci con Hamas perché è un movimento “importante” e – secondo loro – ricordare che è un gruppo totalitario, antisemita e sanguinario è solo una scusa per evitare il compromesso e la pace. In realtà costoro una giusta la dicono sui palestinesi: che non dovremmo occuparci più di tanto della posizione dell’entità palestinese nella classifica dei sistemi democratici. E allora facciano il piacere di smetterla di lamentarsi degli altri regimi arabi con cui Israele cerca di andare d’accordo.

Bandiere israeliane, Usa e degli Emirati all’aeroporto di Abu Dhabi

Ma questo nuovo trend all’interno del mondo arabo circa Israele rispecchia una tendenza reale o è soltanto un accordo tra leader che non ha nulla a che fare con l’opinione pubblica araba? Non ci sono ancora sondaggi d’opinione a sostegno di questa ipotesi, ma un’occhiata attenta ai mass-media arabi mostra chiaramente che qualcosa sta succedendo da quelle parti, e non è iniziata con l’accordo Israele-Emirati Arabi Uniti. Chi ha seguito negli anni il Middle East Media Research Institution (MEMRI) sa che si tratta di un processo. Articoli e opinioni che non ci saremmo mai sognati di leggere venti o trent’anni fa vengono oggi pubblicati non solo sui siti arabi che hanno sede in Occidente, ma anche sui principali quotidiani dei paesi arabi. Il famoso giornalista saudita Mashari Althaydi ha scritto che gli Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto un “traguardo storico”. L’economista yemenita Manahel Thabet ha pubblicato un articolo in cui elogia i risultati scientifici di Israele e esorta i paesi arabi a cooperare con Israele. Non stanno “abbandonando la causa palestinese”. È qualcosa di molto più profondo e importante. È un mutamento di atteggiamento: la pace perseguita attraverso gli interessi reciproci e la normalizzazione anziché attraverso l’ostilità e i boicottaggi.

I detrattori, anche quelli all’interno di Israele, continuano a pestare i piedi chiedendoci di insistere sulla strada che per quasi un secolo non ha portato i palestinesi a nessun risultato, e invocano sempre più ostruzionismo e boicottaggi. Non hanno mai funzionato, ma che importa? Sono così ciechi nella loro ostilità preconcetta verso Israele che a loro sembra normale persino sostenere la coalizione islamista Qatar-Turchia-Hamas-Iran.

Abbiamo invece bisogno di altre svolte come quella odierna anche con il Sudan e l’Arabia Saudita, con il Bahrain e l’Oman. Forse anche con il Marocco, dove i turisti israeliani già si recavano senza difficoltà prima che si scatenasse il coronavirus. Questo nuovo accordo con gli Emirati non allontanerà la pace con i palestinesi più di quanto non sia già lontana. Al contrario, renderà chiaro ai palestinesi che anche loro devono cambiare corso. Vi sono molte persone di buona volontà sul versante palestinese che capiscono quanto hanno bisogno di un cambiamento, e la loro posizione viene rafforzata da questo accordo con gli Emirati Arabi Uniti e dalle relazioni con altri paesi.

Quindi, in termini storici, la visita israeliana negli Emirati di lunedì e martedì è sicuramente una cosa da festeggiare e c’è solo da augurarsi che arrivino altri giorni come questo.

(Da: YnetNews, 1.9.20)