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Peres e Barak: Israele ha bisogno delle doti di questi due leader talentosi e controversi

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_1731Le elezioni di Ehud Barak e di Shimon Peres rispettivamente a presidente del partito laburista e presidente dello Stato d’Israele rappresentano per entrambi questi leader un notevolissimo ritorno sul piano personale. In questi tempi piuttosto tesi della storia di Israele, il paese ha bisogno che questi leader facciano una cosa apparentemente molto semplice: che facciano bene il loro nuovo lavoro, riscattando le istituzioni che ora sono chiamati a guidare.
Barak, si presume, verrà nominato dal primo ministro Ehud Olmert a ricoprire l’incarico di ministro della difesa. Tuttavia Barak ha già detto che Olmert dovrebbe dimettersi. “Sono sicuro – ha dichiarato l’8 maggio scorso – che il primo ministro, che rispetto in quanto patriota israeliano, troverà il modo di trarre le dovute conclusioni personali, cosa che finora non è accaduta. Se lo farà, aprirà la strada a un governo di cui il partito laburista potrà far parte. Se non lo farà, mi adopererò per arrivare a un ampio consenso nel mio partito e fra i capigruppo su una data per le elezioni [anticipate]”. Secondo questa formula un po’ strana e contorta, Barak ritiene che Olmert non sia adatto a fare il primo ministro, ma siccome Olmert non è arrivato da sé a questa conclusione allora lui (come, prima di lui, il ministro degli esteri Tzipi Livni) è disposto e persino ansioso di entrare a far parte del governo Olmert. Barak sembra dunque destinato a partecipare a un assetto instabile e largamente inefficiente, presumibilmente fino a quando la Commissione Winograd pubblicherà la parte finale del suo rapporto, che si suppone obbligherà Olmert alle dimissioni. La presenza del partito laburista, guidato da Barak, prolungherà la vita di un governo che si ritiene ampiamente abbia fallito il compito e la cui continua esistenza finisce col rinviare la correzione degli errori e la soluzione delle sfide più urgenti. Sebbene le Forze di Difesa abbiano già un nuovo capo di stato maggiore, Gabi Ashkenazi, e sotto il suo predecessore sia stata già avviata una parte importante del lavoro necessario per mettere in pratica le lezioni tratte dalla seconda guerra in Libano, tuttavia il compito di correggere tutte le gravi carenze rivelate da quella guerra non può essere eseguito dalle sole forze armate. Nella sua qualità di ex capo di stato maggiore, ex ministro della difesa ed ex primo ministro, Barak dovrebbe avere tutti gli strumenti che occorrono per rafforzare il programma di ritorno ai fondamentali del generale Ashkenazi.
Barak, se manterrà le sue promesse, non sarà un ministro troppo comodo sotto la guida di Olmert. Allo stesso tempo, tuttavia, ciò di cui certamente non abbiamo bisogno è un ministro della difesa che passi il suo tempo per cercare di diventare primo ministro. Barak, si può supporre, sa bene che la sua performance come ministro della difesa sarà cruciale per la sua riabilitazione politica, così come il servizio reso da Binyamin Netanyahu come ministro delle finanze sotto Ariel Sharon ha contribuito in modo notevole alla sua uscita dal purgatorio politico con punteggi relativamente alti nei sondaggi.
Analogamente, anche Shimon Peres si è guadagnato un’altra chance per determinare il posto che gli spetterà nella storia di Israele. Sebbene egli occupi già un posto unico in quella storia, il nono presidente d’Israele è stato per decenni una figura estremamente controversa. È dunque incoraggiante il fatto che, nel suo discorso d’investitura, Peres abbia apertamente assicurato il pubblico che non considera la presidenza come un prolungamento della sua carriera di decisore politico, quanto piuttosto come un ruolo di unificatore sia all’interno del popolo ebraico, sia fra israeliani di ogni genere. Ci auguriamo che Peres, già oggi uno dei cittadini israeliani meglio conosciuti e più rispettati nel mondo, possa ora contribuire in modo significativo alla comprensione da parte del mondo della difficile situazione di Israele.
Sia Barak che Peres, a partire dai loro passati eccellenti e agitati, porteranno le loro formidabili doti nelle rispettive posizioni, doti di cui Israele come nazione ha estremo bisogno. Per il bene loro e di tutto il paese, ci auguriamo che tali doti, come richiede la natura degli alti incarichi cui i due uomini sono destinati, vengano messe al servizio della difesa e dell’unità della nazione.

(Da: Jerusalem Post, 14.06.07)