Benvenuto in Israele, presidente Marzouki

Chissà se l'ex presidente della Tunisia si è concesso una pausa per riflettere su logica ed efficacia della sua partecipazione alla “flottiglia” per Gaza?

Di David Horovitz

David Horovitz, autore di questo articolo

David Horovitz, autore di questo articolo

Mentre scrivo queste righe, Moncef Marzouki, l’uomo che fino allo scorso anno era presidente della Tunisia, è a bordo di un’imbarcazione battente bandiera svedese chiamata “Marianne av Göteborg” insieme a più di una dozzina di “attivisti per i diritti umani”, e viene scortato dalla Marina israeliana verso il porto di Ashdod, nel sud di Israele, dopo aver cercato di violare il blocco navale di sicurezza sulla striscia di Gaza controllata da Hamas.

Mentre il presidente Marzouki navigava alla volta della sua missione a Gaza, un suo connazionale, Seifeddine Rezgui, ha massacrato a sangue freddo decine di persone innocenti, soprattutto turisti europei, che avevano erroneamente ritenuto di poter tranquillamente trascorrere una vacanza nel suo paese.

Rezgui, 23 anni, fino a poco fa un appassionato di break-dance tifoso del Real Madrid con diploma di laurea, si è estremizzato molto rapidamente – probabilmente nell’arco degli ultimi sei mesi – trasformandosi in un islamista stragista programmato per selezionare gli occidentali nella sua mattanza sulla spiaggia.

Molte migliaia di altri tunisini vengono analogamente indottrinati nella perversa versione dell’islam che sta producendo violenze omicide con terribile prevedibilità e modalità sempre più agghiaccianti in tutto il Medio Oriente e oltre. Anche se ha cercato di transitare verso la stabilità democratica, la Tunisia è ampiamente segnalata come la nazione che ha fornito il maggior numero di reclute ai gruppi estremisti islamici, compreso il famigerato “Stato Islamico” (ISIS), rispetto a qualsiasi altro paese del mondo. Quel fiume di volonterosi assassini scorreva già in piena nei tre anni della presidenza Marzouki.

L'ex presidente tunisino Moncef Marzouki

L’ex presidente tunisino Moncef Marzouki

Mentre la Marina israeliana lo scorta verso il porto di Ashdod, chissà se l’ex presidente del più grande fornitore al mondo di estremisti islamici si è concesso una pausa di riflessione. Si sarà dedicato a un po’ di introspezione? Che effetto gli avrà fatto la notizia della barbarie perpetrata da Seifeddine Rezgui?

Probabilmente avrà realizzato che la strage sulla spiaggia di Sousse ha messo in ginocchio l’industria del turismo del suo paese, che senza dubbio Marzouki aveva cercato di promuovere durante i suoi anni al potere. Presumibilmente avrà capito che l’immagine relativamente buona della Tunisia quale unico paese arabo che abbia tratto vantaggi da quella “primavera araba” che negli altri paesi arabi è naufragata in un mare di sangue, è ormai segnata in profondità dal sangue innocente che Rezgui ha sparso con tanto nauseante fervore.

Ma quasi certamente è troppo chiedere che Marzouki possa anche riconsiderare la logica e l’efficacia del suo “eroico” viaggio a Gaza.

Gaza non avrebbe ricevuto nessun aiuto significativo dal carico della “Marianne av Göteborg”. Israele trasferisce ordinariamente una quantità di aiuti immensamente maggiore. Ulteriori aiuti possono sempre essere trasferiti a Gaza via terra, dopo i dovuti controlli di sicurezza. E’ quindi chiaro sotto ogni presunto aspetto umanitario che si è trattato unicamente di un ennesimo esercizio per demonizzare Israele e rafforzare Hamas: demonizzare Israele dipingendolo come la causa prima di tutte le sofferenze degli abitanti di Gaza, e rafforzare Hamas con il tentativo di minare il blocco navale che impedisce ai padroni islamisti di Gaza di importare armi da usare contro gli israeliani.

Immagino che il presidente Marzouki sia profondamente convinto che Israele è il cattivo, in questa equazione, e che Hamas è il legittimo movimento di resistenza che difende la causa palestinese e gli abitanti di Gaza. Altrimenti perché mai si sarebbe imbarcato in questo viaggio?

Ma il caso ha voluto che proprio nei giorni in cui un giovane tunisino, intossicato da zotici fanatici, uccideva decine di innocenti nel paese che Marzouki ha governato, l’ex-presidente tunisino era in fiera navigazione per conto e a favore di un’organizzazione estremista islamista strategicamente impegnata a intossicare migliaia di altre giovani menti, e pronta a spedire le sue giovani reclute indottrinate a compiere sanguinarie missioni suicide come quella di Rezgui. Non vede Marzouki la tragica ironia di questa coincidenza? Probabilmente no.

Seifedinne Rezgui, il terrorista islamista che lo scorso 26 giugno ha ucciso a sangue freddo decine di innocenti sulla spiaggia di Sousse, in Tunisa

Seifedinne Rezgui, il terrorista islamista che lo scorso 26 giugno ha ucciso a sangue freddo decine di innocenti sulla spiaggia di Sousse, in Tunisa

Il viaggio di Marzouki non è l’unico elemento che sottolinea la paradossale tempistica della crociera della flottiglia “per la libertà di Gaza”. Negli stessi giorni, sicari islamisti su scala più piccola e più grande hanno compiuto il loro immondo lavoro in Francia, in Kuwait, in Siria, in Iraq, in Somalia, nel Ciad… Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno continuato a condurre trattative con il più grande sponsor mondiale dell’estremismo islamista, l’Iran, alla disperata ricerca di un accordo che permetta di cancellare le sanzioni e cementare il regime al potere a Teheran lasciando al loro posto gli elementi centrali del programma nucleare iraniano. E il Consiglio Onu per i diritti umani non trovava di meglio da fare che discutere dei presunti crimini di guerra commessi da Israele l’estate scorsa a Gaza.

In momenti come questo è difficile non lasciarsi andare all’amarezza e allo scetticismo: impresa non da poco in un paese di poco più di otto milioni di persone, non più largo di una dozzina di chilometri nel suo punto più stretto, collocato all’orlo di un intero subcontinente che ribolle di odio e ostilità; un paese a cui viene detto che deve abbracciare la speranza invece della paura, e cedere territori contesi senza fare tante storie, se non vuole subire sanzioni e crescente isolamento.

A meno che l’ex presidente tunisino Moncef Marzouki, quando sarà tranquillamente sbarcato sulle coste d’Israele, non cerchi un microfono per dichiarare che, ebbene sì, gli dispiace, ci ha ripensato, e benché non ami particolarmente Israele tuttavia riconosce che probabilmente la crociera verso Gaza non è stato l’uso migliore che avrebbe potuto fare del suo tempo e del suo prestigio, e che contrastare l’estremismo islamista in tutta la regione è un imperativo fondamentale, e che Hamas deve abbandonare il terrorismo, e che si sente affranto dal dolore per tutti quei turisti innocenti assassinati per mano di un tunisino, e che dunque un grande lavoro lo aspetta a casa sua, nella Tunisia che alimenta le file dell’ISIS… a meno che il presidente Marzouki non dica qualcosa del genere, cosa che non lo farà, per noi israeliani resterà di rigore una grossa porzione di amaro scetticismo, seppure coniugato con la determinazione sempre più grande a proteggere questo paese.

(Da: Times of Israel, 29.6.15)