Benvenuto, premier Modi

Per la prima volta in Israele il primo ministro indiano, in occasione dei 25 anni di rapporti diplomatici e di cooperazione economica fra i due paesi

Editoriale del Jerusalem Post

Il logo postato sui social network dall’Ambasciata indiana in Israele per i 25 anni di rapporti diplomatici fra i due paesi

La visita del primo ministro indiano Narendra Modi in Israele costituisce sicuramente un evento storico. Quest’anno cade il 25esimo anniversario delle relazioni ufficiali tra i due paesi, anche se la cooperazione militare e tecnologica risale a molto prima. Eppure questa è la prima volta che un primo ministro indiano si reca in visita ufficiale nella stato ebraico.

Il viaggio è estremamente importante per diversi motivi. L’India è il secondo paese più popoloso del mondo dopo la Cina, se non già il primo come sostengono alcuni demografi. In ogni caso, è destinata a superare presto la Cina. Questa enorme popolazione genera anche un Pil nominale annuo enorme. Secondo le statistiche indiane, il Pil annuo è di 2,45 miliardi di dollari. Le stesse statistiche affermano inoltre che la crescita annua si aggira intorno al 7%, anche se molti analisti sono scettici circa i dati degli anni più recenti.

Certo, l’India è nel complesso uno stato molto povero e molto burocratico, assai difficile da penetrare per gli operatori economici stranieri. Il paese è suddiviso in 29 stati distinti, ognuno con proprie norme e propri standard di regolamentazione, il che fa dell’India un rompicapo per gli esportatori israeliani e un paese difficile da governare per il premier Modi, in particolare sul piano fiscale. Dunque non c’è da meravigliarsi se attualmente le esportazioni verso l’India rappresentano solo il 2% delle esportazioni totali israeliane.

Tuttavia l’India offre un enorme potenziale. Israele ha molto da offrire a un paese in via di sviluppo nel campo delle risorse idriche, dell’agricoltura e della sicurezza. Le aziende israeliane dominano il mercato indiano dell’irrigazione a goccia e contribuiscono in modo determinante al progetto indiano “Clean Ganga” volto a fare dell’inquinato fiume Gange una fonte di acqua potabile.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu accoglie martedì in Israele il suo omologo indiano Narendra Modi

Al suo arrivo in Israele, martedì, Modi è accompagnato dai capi di 15 delle maggiori aziende indiane, tra cui Wipro, Reliance, Adani, Tata, Jain, Infosys e Mahindra. Proprio la scorsa settimana il governo israeliano ha ratificato decine di nuove iniziative economiche con l’India per 280 milioni di shekel (più di 70 milioni di euro). Molte di queste iniziative, che coinvolgono undici ministeri, mirano a superare le barriere che attualmente ostacolano gli affari con l’India, ad esempio con la nomina di consulenti che aiutino gli esportatori israeliani a penetrare nel mercato indiano e la stipula di assicurazioni sull’export a protezione degli investimenti. Ma la decisione principale del governo è la creazione di un fondo per l’innovazione di 40 milioni di dollari che incoraggerà la cooperazione fra i due paesi nel settore dell’hi-tech.

Israele ha già lavorato con l’India su una serie di progetti di tecnologia della difesa, molti basati sulla campagna di Modi “Make in India”, che incoraggia le imprese straniere ad utilizzare risorse e forza lavoro indiane. La Israel Aerospace Industries ha recentemente annunciato che unirà le forze con l’indiana Dynamic Technologies Ltd. per sviluppare veicoli aerei senza equipaggio (droni) per il mercato indiano. Anche le industrie israeliane della difesa hanno firmato importanti accordi per la fornitura all’India di missili a medio raggio e sistemi di difesa anti-missilistica, mentre i progettisti israeliani hanno utilizzato la tecnologia spaziale indiana, conosciuta in tutto il mondo per i suoi bassi costi e l’alta qualità, per il lancio di un nano-satellite.

L’aumento della cooperazione si inquadra in un contesto di cambiamenti politici più ampi che hanno luogo all’interno dell’India. L’ascesa al potere del Partito Bharatiya Janata di Modi ha portato all’affermazione dell’ideologia Hindutva (“induitudine”), un approccio senza remore alla religione e alla cultura della maggioranza indù. Mentre la sinistra indiana considerava Israele “un lacchè neo-imperialista dell’America”, i sostenitori del partito di Modi e gli indù in generale tendono a vedere Israele come una coraggiosa democrazia che difende la propria forte identità culturale e religiosa non musulmana a fronte di terroristi islamisti amorali, non diversamente da come fanno gli indiani stessi. In questo senso si possono individuare non pochi parallelismi tra l’approccio che tende a prevalere oggi in India e in Israele, due paesi impegnati a rafforzare quella che considerano la propria più autentica identità nazionale pur preservando una robusta democrazia.

La trasformazione politica che ha avuto luogo all’interno dell’India ha avuto anche un impatto sulla sua politica estera riguardo a Israele. Durante l’operazione anti-terrorismo dell’estate 2014 l’India ha evitato di criticare le azioni militari israeliane nella striscia di Gaza, e nel luglio 2014 Nuova Delhi si è astenuta nella votazione sul rapporto Onu che condannava faziosamente Israele. Non solo. A quanto risulta, in questa sua storica visita Modi non si è sentito obbligato a inserire la sosta di rito presso l’Autorità Palestinese che gli statisti non mancano mai di includere per fare sfoggio di equidistanza nel conflitto israelo-palestinese.

(Da: Jerusalem Post, 4.7.17)