Boicottare i boicottatori
Ad esempio, prendendo a modello la legislazione già in vigore negli Stati Uniti.
Da un editoriale del Jerusalem Post
Un osservatore casuale non può evitare l’impressione che Israele sia diventato il capro espiatorio del mondo. Quasi non passa giorno senza che giungano nuove notizie di boicottaggi economici/accademici/artistici/atletici, dei più svariati schemi di “disinvestimento”, di cancellazioni di eventi, snobbature teatrali, liste nere da supermercato. Sembra un piano orchestrato, anche se non lo è. Nonostante le apparenze, Israele è ben lontano dallo status del Sudafrica dell’apartheid che era colpito da sanzioni multi-governative decretate dall’Onu. Ma anche i boicottaggi non-governativi possono far danno, e innescare una sorta di effetto valanga. Già accade che talvolta le scomuniche anti-israeliane spronino una potente dinamica negativa. Dunque, come reagire?
Se è vero che non è possibile sbarazzarsi del tutto di questo fenomeno, è tuttavia possibile contrastare la collaborazione interna ai boicottaggi esterni, e quella di controparti che rientrano nella nostra sfera d’influenza. Venticinque deputati israeliani appartenenti a sette gruppi diversi parlamentari, compresi dieci presidenti di commissione e sette capigruppo (tra cui l’ex presidente della Knesset Dalia Itzik, di Kadima) hanno inoltrato un disegno di legge il cui scopo è far pagare pegno agli assortiti promotori dei vari boicottaggi. Se verrà adottato, diffamare Israele e ostracizzarlo oltre ogni decenza non sarà più un’attività comodamente indolore.
Ad esempio, per una serie di professori, autori, cineasti e artisti non sarà più solo un frivolo lusso innocuo quello di lusingare stuzzicare all’estero i peggiori pregiudizi anti-israeliani e incitare esplicitamente al boicottaggio. Attualmente queste attività sono, di fatto, addirittura redditizie. Garantiscono agli accademici calorose accoglienze negli atenei più prestigiosi, purché si denigri Israele con sufficiente veemenza. Aiutano a vendere libri e film, a mettere in scena pièce teatrali, ad allestire mostre ed esposizioni.
Il nuovo disegno di legge imporrebbe invece una scelta, a certi navigati israeliani che sputano nel piatto in cui mangiano. Il testo afferma che ai cittadini israeliani non sarebbe più permesso “istigare, promuovere o collaborare a boicottaggi contro lo Stato d’Israele o istituzioni israeliane” come università e ospedali, senza conseguenze. Essi infatti sarebbero legalmente passibili di pagare indennizzi alle vittime di specifici boicottaggi. Il disegno di legge si estende anche a stranieri promotori di boicottaggi nella misura in cui essi interagiscono con Israele o con israeliani, ad esempio limitando per gli individui implicati in boicottaggi il diritto di ingresso nel paese fino anche a dieci anni. In base a questo disegno di legge, ai soggetti stranieri o a chiunque a loro nome promuovesse un boicottaggio anti-israeliano verrebbe interdetto l’uso, a tale scopo, di conti bancari israeliani, azioni israeliane o territorio israeliane.
Ciò potrebbe applicarsi anche a quegli arabi israeliani che promuovono il loro proprio boicottaggio contro le merci che accusano d’essere prodotte in Giudea e Samaria (Cisgiordania). Tale boicottaggio è sincronizzato con il bando ai beni degli “insediamenti” sponsorizzato direttamente dalle più alte sfere dell’Autorità Palestinese di Ramallah. Si noti che è il Tesoro stesso dell’Autorità Palestinese che garantisce la copertura delle spese di una rigorosa applicazione del boicottaggio. Il primo ministro Salaam Fayad si è fatto fotografare mentre gettava personalmente prodotti israeliani in grandi falò, fra l’entusiastica approvazione degli astanti. Il palestinese che sfidasse il boicottaggio decretato dall’Autorità Palestinese può incorrere in pesanti ammende e addirittura nella carcerazione fino a cinque anni. Ed è totalmente caduta nel vuoto la denuncia da parte di Israele del fatto che queste attività dell’Autorità Palestinese violano clamorosamente i termini degli Accordi di Oslo (quelli grazie ai quali l’Autorità Palestinese esiste), e che esse mal si conciliano con tutta la retorica sulle “misure atte a creare fiducia fra le parti” che dovrebbero essere messe in campo durante i colloqui di prossimità (negoziati indiretti).
Per dare mordente all’indignazione israeliana, il disegno di legge anti-boicottaggio propone di dedurre le perdite dovute al boicottaggio dalle cifre complessive che Israele rimette regolarmente all’Autorità Palestinese. Quei denari verrebbero destinati invece al risarcimento delle persone e delle aziende israeliane direttamente colpite dal boicottaggio dell’Autorità Palestinese.
Il disegno di legge, dice Dalia Itzik, “costituisce una misura di autodifesa: l’Autorità Palestinese infligge consapevolmente dei danni con il suo boicottaggio. Occorre che sappia che, se non desiste, farà un danno anche a se stessa”.
In effetti, i divieti e le restrizioni del boicottaggio palestinese, specialmente in un contesto come il nostro, sono molti simili al sabotaggio e a un ennesimo modo di combattere contro lo Stato ebraico. È impensabile che Israele non risponda minimamente a quest’imboscata dell’Autorità Palestinese, e a queste provocazioni dall’estero. E quando viene dall’interno, questa ostilità è ancora più preoccupante.
Anche paesi che non sono nemmeno lontanamente assediati e vulnerabili come Israele non mostrano alcuna tolleranza di fronte a questo genere di fenomeni. In effetti, il disegno di legge anti-boicottaggio riprende quasi alla lettera le sanzioni legali previste dagli stessi Stati Uniti a carico di cittadini americani che istigano boicottaggi anti-americani o boicottaggi contro alleati dell’America. E ciò che va bene negli Stati Uniti non si capisce perché non debba andar bene anche in Israele.
(Da: Jerusalem Post, 13.6.10)
Nella figura in alto: demonizzazione di Israele nella campagne per il boicottaggio dello stato ebraico