Breve campionario di pie illusioni

Qualunque cosa accada, dipende sempre tutto da Israele

Da un articolo di Aluf Benn

image_1331IO L’AVEVO DETTO. Dopo ogni crisi, salta sempre fuor qualcuno che aveva visto tutto in anticipo o addirittura che aveva proposto misure che avrebbero prevenuto la crisi. In Israele, questa volta, la Cassandra di turno per la guerra in corso contro Hezbollah in Libano è Giora Eiland, ex consigliere per la sicurezza nazionale. Eiland dice d’aver suggerito a suo tempo sia ad Ariel Sharon che a Ehud Olmert che Israele si ritirasse dalle fattorie Shaba, rilasciasse i tre detenuti libanesi (condannati per terrorismo) ed evitasse di sorvolare con i suoi aerei le zone di confine libanesi. In cambio Israele avrebbe ottenuto il dispiegamento delle forze armate libanesi lungo tutto il confine fra i due paesi. E dice che la sua proposta è stata respinta. Naturalmente è impossibile dimostrare che ciò avrebbe evitato la presa in ostaggio di soldati israeliani, che avrebbe portato al disarmo dei missili di Hassan Nasrallah, e che avrebbe garantito il consenso della Siria che invece finora è riuscita ad affossare qualunque tentativo di arrivare a un accordo di pace bilaterale fra Israele e Libano. Lo stesso vale per quegli esperti militari che, adesso, criticano Sharon per non aver attaccato Hezbollah negli anni scorsi. Chi può dire che un’azione militare allora sarebbe stata più facile di oggi? È sempre impossibile dimostrare “cosa sarebbe successo se…”

C’ERANO TUTTE LE AVVISAGLIE. Quando scoppia una guerra, salta sempre fuori qualcuno che aveva intravisto le avvisaglie: gente che raccoglie stralci di oroscopi da qualche giornale locale iraniano, o dalla stampa scandalistica siriana, o dalle profezie di Nostradamus, e dice che tutti questi segnali avevano annunciato per tempo la crisi. Come è stato possibile – si domandano scandalizzati – che l’intelligence e il primo ministro non li abbiano visti? Erano così evidenti. Peccato che segnali e avvisaglie saltino fuori sempre e solo dopo l’evento, dopo che la guerra è scoppiata. Un bel po’ più difficile intravederli prima, sommersi come sono in un mare di altri fatti del tutto irrilevanti. Sono storie che nascono dell’umana necessità di trovare sempre una spiegazione logica per gli eventi imprevisti. Ma saltano sempre fuori dopo il fatto, quando è troppo tardi per provi rimedio. E il motivo è semplice: perché il presente riformula il passato e genera una diversa consapevolezza degli eventi di ieri. Quando si conosce il risultato, è facile individuarne i prodromi.

È TUTTO NELLE NOSTRE MANI. Secondo questa particolare illusione ottica, Israele è quello che determina tutto ciò che avviene nella regione. Qualunque cosa accada, dipende tutto sempre e solo dalle azioni o dalle mancanze di Israele. Palestinesi, siriani, iraniani sono solo automi che reagiscono in modo meccanico alle scelte di Israele. La versione di sinistra mette l’accento sui comportamenti aggressivi: la visita di Sharon alla spianata delle moschee ha causato l’intifada, gli insediamenti sono la causa del conflitto, la guerra dell’82 in Libano ha generato Hezbollah. La versione di destra attribuisce ogni colpa alle concessioni: gli accordi di Oslo hanno scatenato il terrorismo, il ritiro dal Libano ha innescato l’intifada, il disimpegno dalla striscia di Gaza ha portato alla seconda guerra in Libano. Naturalmente anche tutte queste correlazioni sono impossibili da dimostrare, e dipendono per lo più dal punto di vista preconcetto dell’osservatore.

NOSTALGIA DEI BEI TEMPI ANDATI. Come sarebbe bello tornare ai vecchi tempi prima della crisi, quando la realtà corrispondeva alla nostra ideologia. La destra vagheggia la “Terra d’Israele integrale” dell’era precedente le concessioni territoriali accettate con gli accordi di pace di Oslo. La sinistra vagheggia il piccolo e probo Israele dell’era precedente l’occupazione (originata dell’aggressione araba del ’67). Come se fosse possibile tornare a quelle epoche. In mancanza della macchina del tempo, questi sogni esprimono solo la frustrazione dei tempi presenti.

VIVA LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE. Negli ultimi due o tre anni è emerso in Israele un nuovo mantra. Abbandonata la rude schiettezza autarchica dei tempi di David Ben-Gurion, oggi ci diciamo e ripetiamo che è la comunità internazionale quella che ci salverà dal conflitto con gli arabi. Così confidiamo che una forza straniera si batta al posto delle Forze di Difesa israeliane contro Hamas a Rafah, e in Libano contro Hezbollah. E chiediamo al mondo di “esercitare pressioni” su Siria, Iran, Abu Mazen e altri perché cambino atteggiamento. Per lo più non funziona. Ma per lo meno Israele ha la soddisfazione di essere considerato un interlocutore accettabile nel salotto buono della diplomazia internazionale, e intanto i ministri degli esteri degli altri paesi possono fare sfoggio del loro “impegno”, che è un altro modo per dire “aria fritta”.

(Da: Ha’aretz, 27.07.06)