Capire il “come” dell’antisemitismo per individuarlo mentre è in atto, non con il tragico senno di poi
L’uso degli ebrei come capro espiatorio fa sempre leva sulla maggiore “autorità morale” di ogni periodo: la religione nell’antichità, una perversione della scienza in epoca moderna. Oggi su diritti umani e cancel culture anti-razzista e anti-coloniale
Di Samuel Hyde
Siamo tutti d’accordo che l’antisemitismo è un male. E’ difficile che la gente si faccia sedurre da questo genere di odio perché sappiamo tutti dove porta. L’anti-sionismo, invece, non è percepito come appartenente alla stessa categoria. Viene spacciato come un’asserzione di verità e giustizia in faccia al potere. Ma l’antisemitismo che tutti riconosciamo come malvagio non iniziò affatto nel punto in cui poi sarebbe arrivato. E infatti, confrontando gli inizi dell’antisemitismo con l’anti-sionismo, le somiglianze sono sorprendenti.
Nel laico XIX secolo gli ebrei venivano designati come “semiti”, un termine fuorviante che tuttavia non è mai servito ad indicare altro gli ebrei. Nell’Unione Sovietica, che sosteneva di non considerare per nulla le differenze fra popoli e religioni, gli ebrei erano designati come sionisti. Oggi in Occidente il concetto di sionismo viene rappresentato come necessariamente corredato di qualità abominevoli.
Per l’Europa cristiana, eravamo gli assassini di Cristo. Per i nazisti, eravamo una razza impura. Per i sovietici, eravamo capitalisti. Oggi, quando i peggiori peccati al mondo sono il razzismo e il colonialismo, il collettivo ebraico viene definito come l’ultimo baluardo della supremazia bianca, e Israele viene descritto come uno stato nato nel peccato coloniale. L’antisemitismo fa sempre leva sulla più grande “autorità morale” di un dato periodo. La religione nell’antichità, la scienza nell’era moderna e oggi i diritti umani.

“Non ucciderlo per la seconda volta”. Non per caso la retorica anti-sionista fa largo uso di classici cliché antisemiti: in questo caso, l’accusa di deicidio
È solo facendo appello alla dottrina religiosa che tutti gli ebrei del XII secolo potevano essere definiti assassini di Gesù mille anni dopo la sua morte. È solo facendo appello all’autorità di una forma perversa di scienza che gli ebrei potevano essere accusati di mettere in pericolo la purezza razziale. È solo facendo appello a una versione distorta dei diritti umani che Israele e il sionismo, il movimento di liberazione ebraico, possono essere considerati i peggiori violatori. È solo facendo appello a questa distorsione che la popolazione che ha sempre accettato di spartire la terra fra uno stato ebraico e uno stato arabo palestinese può essere accusata di essere quella che ostacola una soluzione a due stati.
Perché darsi tanto da fare per individuare un gruppo e distorcere la realtà? Perché gli esseri umani hanno un bisogno primario di capri espiatori, e per qualche ragione la mia gente è stata la scelta primaria, a questo scopo, così a lungo e per così tante persone. Per il cristianesimo medievale, eravamo l’ostacolo tra un mondo di bruti e la salvezza. Per la Germania e l’Europa, eravamo l’intralcio tra loro e la via della gloria. Per Stalin, bloccavamo la strada fra lui e l’utopia comunista. E dunque, perché dannarsi a combattere il colonialismo e le sue conseguenze? E’ più facile additare i sionisti come colonialisti e attribuire loro ogni colpa. Perché darsi da fare per combattere il razzismo e i suoi meccanismi? E’ più facile additare il sionismo come razzismo e incolparlo di tutto. Basta ignorare l’archeologia, manipolare la storia, e combattere l’ingiustizia battendosi per la liberazione soltanto di alcuni a spese di altri. E propinare alla gente l’idea che non esiste una verità generale ma solo ampie narrazioni. E dipingere il carattere autoctono delle storia ebraica in Terra d’Israele, e la nostra autodeterminazione, come pura propaganda sionista.

Il rabbino Joachim Prinz (secondo da sinistra) con Martin Luther King a un evento di raccolta fondi dell’American Jewish Congress
Ma il problema con i capri espiatori umani è che, a differenza di quelli animali di un tempo, quelli umani possono opporsi, e questo non lo si può permettere. Quindi, bisogna agire per ridurre questa resistenza: spogliarli delle loro difese, spingerli ai margini e usare il modus operandi della “cancel culture ” per soffocare la voce dell’ebreo nel suo stesso discorso: ma farlo gradualmente e senza mai usare la parola ebreo. Anche l’antisemitismo, proprio come l’anti-sionismo, induceva gli ebrei ad abbandonare le loro difese e la loro identità, dicendo loro che così facendo sarebbero stati accettati. In Germania, agli ebrei veniva detto che se fossero stati il tipo del bravo ebreo che ha combattuto per la Germania nella prima guerra mondiale, sarebbero stati risparmiati. Non lo furono. Oggi gli ebrei si sentono sempre più sgraditi e rifiutati in quella loro tradizionale patria che è la politica liberale e l’ideologia progressista, dove siamo sempre stati in prima linea nel promuovere il cambiamento, e non solo per la nostra comunità ma per gli altri: Harvey Milk e i diritti dei gay; Bella Abzug, Betty Friedan e Gloria Steinem a guidare il femminismo della seconda ondata; il rabbino Joachim Prinz con il movimento per i diritti civili. L’antisemitismo non iniziò spogliando gli ebrei dei loro diritti, confiscando la loro cittadinanza e spingendoli nei ghetti. Cominciò sospingendo gli ebrei fuori dagli spazi che riuscivano a raggiungere nell’ambito della massima “autorità morale” di quel tempo.
Bisogna parlare dei continui, accaniti sforzi del mondo non ebraico per separare il sionismo dall’ebraismo e cercare di ridurre il nostro popolo a mera religione. Bisogna parlare delle continue menzogne che prendono di mira i sionisti e che hanno le loro radici negli stessi cliché antisemiti usati per cacciare e uccidere il nostro popolo. E’ in atto uno sforzo intenzionale per spaccare la nostra comunità. Lasciando che accada, permettiamo che il ciclo infinito dell’odio anti-ebraico si diffonda ancora una volta. Bisogna rompere questo ciclo che ci spinge a cercare disperatamente di assimilarci e farsi accettare dal mondo non ebraico. Checché se ne dica, Israele è il cuore e l’anima del popolo ebraico, lo è stato per millenni e lo sarà sempre.
Il dovere di combattere l’antisemitismo è irrilevante se fatto solo con il senno di poi. Il vero compito è capire il modo in cui l’antisemitismo funziona nella società attuale, per individuare questa mutevole proteiforme visione del mondo indipendentemente da come si faccia chiamare, e capire come etichetti il collettivo ebraico proprio con ciò che una determinata società odia o teme di più. Il senno di poi non è una lente per capire l’odio anti-ebraico: è una tragica lente per ricordare e commemorare. Ma per prevenire davvero la tragedia bisogna individuare, riconoscere e combattere la retorica mentre si dispiega e consente di normalizzare l’odio verso gli ebrei in una società. Sapere “cosa” è successo è irrilevante se non c’è la volontà di impegnarsi sul “come” è successo. Solo una volta che le persone hanno capito il “come” dell’antisemitismo, lo slogan “mai più” può diventare qualcosa di reale.
(Da: Jerusalem Post, 7.8.21)