Carter? Più che un antisemita, un ottuso ignorante

Col suo libro ha volgarmente calunniato non tanto gli ebrei, quanto i sudafricani

Da un articolo di Shmuley Boteach

image_1526Sono cresciuto negli Stati Uniti degli anni ’70, un decennio universalmente riconosciuto come piuttosto disgustoso. Nell’America degli anni ’70 ballavamo la disco music, vestivamo come John Travolta nella “Febbre del sabato sera” e guardavamo “La famiglia Brady” in tv. Come se non bastasse, avevamo Jimmy Carter come presidente.
Ricordo ancora quanto fosse deprimente veder comparire in tv la sua faccia introversa ad annunciare una catastrofe dopo l’altra, dai tassi di disoccupazione e inflazione che schizzavano alle stelle, all’invasione sovietica dell’Afghanistan, al sequestro degli ostaggi americani nell’ambasciata a Teheran, al tentativo di liberarli tragicamente fallito nel deserto iraniano. Si può dire che Jimmy Carter è stato il più infausto presidente di tutta la storia americana, tant’è che oggi la maggior parte degli storici della presidenza Usa lo piazzano tra gli ultimi della lista. Ronald Reagan poté sbaragliarlo alle elezioni con il semplice slogan “America, è mattina!”, implicita allusione al fatto che sotto Carter l’America aveva attraversato una gelida nottata.
Ma con la pubblicazione di “Palestina: pace, non apartheid”, la dilettantesca filippica di Carter contro Israele, molti nella comunità degli ebrei americani si sono convinti che l’ex presidente si sia rivelato non più solo un fallito, ma anche un antisemita. Personalmente non sono d’accordo. Jimmy Carter non è tanto antisemita quanto piuttosto anti-intellettuale; non tanto un odiatore di ebrei quanto piuttosto un volgare ignorante.
La vera spiegazione dietro alla sua sguaiata ostilità verso Israele sta nella sua totale mancanza di intelligenza morale. Carter vorrebbe fare le cose giuste. Il suo cuore vorrebbe stare dalla parte giusta. Il fatto è che semplicemente non sa distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è. È, ed è sempre stato, un uomo di buone intenzioni totalmente privo di buon discernimento. Si ritrova invariabilmente a difendere tiranni e dittatori a spese dei loro popoli oppressi. Non perché sia cattivo, ma perché è ottuso.
Carter aderisce a quella che chiamo la scuola di moralità del “tifare sempre per il vinto”. Anziché dedicarsi ad una seria analisi di un conflitto, egli si schiera automaticamente dalla parte che percepisce come più debole, indipendentemente da quanto essa possa essere scellerata o immorale. Israele ha carri armati e aerei F-16, i palestinesi no. Dunque i palestinesi devono essere considerati oppressi. Non importa se i palestinesi hanno respinto ogni offerta di vivere in pace fianco a fianco con Israele e hanno eletto un governo votato all’annichilimento di Israele. La loro indigenza rende virtuosa la loro causa, anche se le loro azioni dicono il contrario. Se Israele costruisce una barriera per separarsi dai palestinesi, non è per impedire ai loro attentatori suicidi di massacrare bambini israeliani ma per punire i palestinesi d’avere la pelle un po’ più scura.
La fissazione di Carter per le virtù dei deboli in quanto tali lo ha già messo più volte in situazioni assai imbarazzanti. È quella che lo spinse a rendere visita a Fidel Castro, legittimandolo e prendendo le sue parti in una disputa con gli Stati Uniti sulle armi biologiche. Castro governa una piccola isola all’ombra della superpotenza mondiale, dunque deve per forza essere una vittima dell’arroganza americana, anche se è un dittatore feroce e tirannico.
Sostenere le virtù dei vinti in quanto tali ha spinto Carter a tessere anche le lodi del tiranno massacratore della Nord Corea Kim Il Sung con queste parole: “Ho trovato in lui un uomo energico e intelligente… che porta la responsabilità delle decisioni per il suo pese”. E ha aggiunto: “Non vedo la Nord Corea come un paese fuori legge”.
Carter ha anche acclamato il maresciallo Tito come “un uomo che crede nei diritti umani”, e del dittatore rumeno Ceausescu ebbe a dire che “i nostri obiettivi sono gli stessi: avere un giusto sistema economico e politico… Crediamo tutti nella promozione dei diritti umani”.
Sempre sostenendo le virtù dei vinti in quanto tali, Carter ha anche confessato al dittatore di Haiti Raul Cedras di “vergognarsi per ciò che il mio paese ha fatto al suo paese”. […]
No, Carter non è antisemita. È un uomo reso, dalla propria superficialità e mancanza di discernimento, totalmente incapace di distinguere il bene dal male. Lo sconcio paragone fatto da Carter fra Israele e il Sudafrica dell’apartheid ignora completamente il fatto che Israele è il primo paese che ha trasportato in aereo decine di migliaia di neri africani perché diventassero liberi cittadini a pieno titolo all’interno dei propri confini, un fenomeno che non conosce precedenti nella storia mondiale.
Ma dicendo che i palestinesi sono soggetti ad apartheid, quelli che Carter ha volgarmente calunniato non sono tanto gli ebrei, quanto i sudafricani. Laddove i neri sudafricani hanno suscitato ammirazione in tutto il mondo con la loro umana capacità di perdonare e di convivere pacificamente con i fratelli bianchi pur dopo aver subito così gravi ingiustizie, al contrario i palestinesi hanno purtroppo coerentemente abbracciato odio assassino e atteggiamenti razzisti. I giornali arabi pubblicano sistematicamente caricature degli ebrei grottescamente antisemite, e i ragazzini palestinesi vengono cresciuti nel culto dei “martiri” che si fanno esplodere sugli autobus israeliani. Nelson Mandela emerse come uno dei più grandi statisti del mondo con la sua politica di fratellanza e riconciliazione. Yasser Arafat divenne il padrino del terrorismo internazionale e derubò la sua stessa gente di centinaia di milioni di dollari.
Doverosa conclusione: prima di andare in giro per il mondo a fare il benefattore globale, uno dovrebbe almeno imparare a riconoscere il bene.

(Da: Jerusalem Post, 26.12.06)

Nella foto in alto: 1994, Jimmy Carter riceve un omaggio dal presidente nordcoreano Kim Il Sung