C’è qualcosa di ottuso nella comunità internazionale

Imporre una soluzione forzata porterà al disastro per tutti, con Hamas (e l'Iran) al potere in Cisgiordania

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

La formula è la solita: più al mondo il governo israeliano appare di destra, più gli attivisti anti-israeliani hanno vita facile. La situazione di partenza è effettivamente problematica, ma non lo è soltanto a causa della composizione del nuovo governo israeliano. Lo è soprattutto per la situazione geopolitica. Il fatto paradossale è che, nelle attuali circostanze, il controllo di Israele sui territori è il male minore.

Una soluzione politica imposta in modo affrettato – quella a cui vogliono arrivare il governo degli Stati Uniti e l’Unione Europea, con l’incoraggiamento di un gruppo minoritario di israeliani che appoggiano la richiesta palestinese di riconoscimento unilaterale del loro stato – sarebbe un disastro innanzitutto per i palestinesi. La presa del potere da parte di Hamas sarebbe solo una questione di tempo.

Il che non ha nulla a che fare con la composizione del governo d’Israele. Il leader dell’opposizione laburista Isaac Herzog avrebbe dovuto fare i conti con la stessa situazione geopolitica, ed anche Tzipi Livni si sarebbe imbattuta – come è già accaduto – nell’opposizione palestinese a qualsiasi plausibile accordo di pace. Dopo tutto, i governi guidati da Ehud Barak e da Ehud Olmert avanzarono offerte molto generose rispettivamente a Yasser Arafat e a Mahmoud Abbas (Abu Mazen), senza alcun risultato.

espropri Hamas

“Sarebbe un disastro innanzitutto per i palestinesi“. Nella foto: espropri ad opera di Hamas, al potere nella striscia di Gaza

Ma non tutto è perduto. Supponendo che il controllo israeliano sulla Cisgiordania non sia destinato a finire molto presto, il governo israeliano, anche di destra, può comunque promuovere una serie di misure volte a migliorare la vita dei palestinesi senza pregiudicare la sicurezza di Israele: ad esempio nel campo della infrastrutture idriche, per il quale sono stati raccolti fondi importanti. Lo stesso vale per vari progetti nei settori della sanità, delle costruzioni e delle infrastrutture.

Non è Israele quello che ha ritardato lo sviluppo di quei territori. Al contrario, fin dall’inizio del controllo israeliano su Cisgiordania e striscia Gaza si sono registrati enormi miglioramenti in molti campi. Nel 1967, ad esempio, solo quattro agglomerati palestinesi erano collegati all’acqua corrente per uso domestico. Nel 2004, 643 delle 708 comunità palestinesi erano collegate alla rete idrica. Ma c’è ancora molto da fare. E non solo nell’interesse palestinese, ma anche nell’interesse israeliano.

C’è qualcosa di ottuso nel fatto che la comunità internazionale faccia pressione sulle parti per imporre ad ogni costo una soluzione politica che, nelle attuali condizioni, non potrà che peggiorare le cose per tutti, a cominciare dai palestinesi. Ci sono invece molte cose che si possono fare per migliorare la situazione anche in mancanza, per ora, di un accordo di pace.

Per la verità, che migliorare la situazione sia davvero nell’interesse dei dirigenti palestinesi rimane un fatto tutt’altro che chiaro. Ma il miglioramento è sicuramente nell’interesse di Israele.

(Da: YnetNews, 15.5.15)