Chi è interessato al caos di Rafah

Due mesi fa una folla furiosa aggredì il ministro delledilizia palestinese Abdul Rahman Hamad che era in visita a Rafah.

image_206Due mesi fa una folla furiosa aggredì il ministro dell’edilizia palestinese Abdul Rahman Hamad che era in visita a Rafah alla testa di una commissione dell’Autorità Palestinese incaricata di esaminare i danni causati dalla demolizione di case. Palestinesi armati esplosero colpi in aria non appena videro i membri della delegazione dirigersi verso gli uffici governativi a Rafah, poi si misero a danneggiare i veicoli dell’entourage e finirono cacciando la commissione fuori dalla zona.
Gli uomini armati erano membri di gruppi militanti di Rafah, soprattutto Hamas e Jihad Islamica, che volevano colpire l’Autorità Palestinese, accusata di non fare nulla per gli abitanti che hanno perso la casa, e guadagnarsi l’appoggio della popolazione locale, destinataria anche dai fondi di beneficenza di Hamas e Jihad Islamica.
Non si trattava di un incidente isolato. Una settimana prima una folla furibonda aveva attaccato il veicolo di Ramzi Khoury, capo ufficio del presidente dell’Autorità Palestinese Yasser Arafat, mentre faceva ritorno dall’Egitto attraverso il passaggio per VIP a Rafah. Anche questo incidente vide all’opera “residenti locali” infuriati per la perdita delle loro case durante le operazioni delle Forze di Difesa israeliane lo scorso ottobre sulla Philadelphi Road. Anche quella volta, dietro alle proteste c’erano Hamas e Jihad Islamica.
Gli abitanti sono davvero arrabbiati per la situazione e per la mancanza di aiuti. I progetti edilizi dell’UNRWA e di enti arabi non bastano. I vari gruppi armati lo sanno e sfruttano il malcontento per guadagnare consensi, da una parte dando la colpa all’Autorità Palestinese, dall’altra fornendo assistenza attraverso le loro istituzioni di beneficenza. A questi gruppi si uniscono i capi dei principali clan famigliari che stanno dietro all’industria del contrabbando, in primo luogo gli Abu Samhadana e gli Abu Rish, entrambe famiglie di origine beduina.
Sono molti i soggetti interessati a guadagnarsi il consenso della gente nella zona. Vi sono i contrabbandieri che guadagnano enormi somme di denaro, e vi sono i loro clienti: vari enti della sicurezza dell’Autorità Palestinese, il mondo degli affari nella striscia di Gaza, e gli stessi gruppi armati. Ma tutti questi soggetti condividono un interesse comune. Sono tutti interessati a che la zona rimanga una terra di nessuno, dove regni il caos e nessuno possa prendere il controllo e fermare il contrabbando. Il benessere degli abitanti della zona in realtà non interessa a nessuno di questi soggetti.
Abiti, sigarette, alcool, pezzi di ricambio, prostitute da anni vengono contrabbandati attraverso i tunnel di Rafah. Tutte le parti della striscia di Gaza traggono guadagnani dall’industria del contrabbando. Il contrabbando di armi ed esplosivi, un’impresa relativamente marginale prima dell’attuale intifada, è cresciuto notevolmente con la crescente domanda da parte dei gruppi armati.
L’intifada e ancor più gli interessi economici legati al contrabbando sono le principali ragioni per cui questa industria non verrà mai distrutta. Profitti per decine di migliaia di dollari ad ogni consegna, profitti per i proprietari delle case sotto cui vengono scavati i tunnel, compresi gli indennizzi nel caso il tunnel venga scoperto e la casa demolita, la forte domanda dei clienti: tutto assicura che, in assenza di altre fonti di reddito, a Rafah il fenomeno è destinato a continuare.

(Da: Ha’aretz, 19.05.04)