Cieli bianco-blu

Dall'Europa all'Asia al mondo arabo, oggi molti paesi capiscono che i vantaggi della cooperazione con Israele superano le ripercussioni negative nei rapporti coi paesi musulmani estremisti

Editoriale del Jerusalem Post

Jet della Luftwaffe che volano sopra il Negev, piloti di caccia polacchi che scendono sotto il livello del mare nella depressione del Mar Morto, forze speciali indiane che scambiano suggerimenti con i loro colleghi israeliani nelle basi aeree di Nevatim e Palmachim. Sono scene che fanno facilmente dimenticare le ricorrenti angosce circa il presunto isolamento diplomatico di Israele

Da domenica 6 novembre, Israele ospita una vasta esercitazione militare di undici giorni che vede riunite le forze aeree di Germania, Polonia, India, Francia, Italia, Grecia e Stati Uniti. Vi prendono parte cinque diversi tipi di aerei da combattimento in decine di esemplari, e più di mille militari. Nel quadro dell’esercitazione sono state effettuate centinaia di sortite aeree e sono state sperimentate decine di tattiche. Si chiama Blue Flag (Bandiera Blu) ed è l’esercitazione aerea più grande mai effettuata dalle forze aeree israeliane. In realtà, esercitazioni Blue Flag si sono tenute anche nel 2013 e nel 2015, ma l’edizione di quest’anno ha superato per qualità e dimensioni tutte le precedenti.

“Vedere un comandante di squadra tedesco arrivare qui per addestrarsi con noi e tenere un breve discorso in ebraico è un momento che ricorderò per sempre”, ha dichiarato a jns.org il colonnello Itamar, comandante della base aerea di Ovda. Non è la prima volta che Germania e Israele si addestrano insieme, ma questa è la prima volta dalla fine della prima guerra mondiale che aerei tedeschi con la Croce di Ferro hanno volato in questi cieli.

Altrettanto indicativa di quanto sia cambiata la posizione di Israele nel mondo è stata la partecipazione a Blue Flag dell’India. I legami tra Nuova Delhi e Gerusalemme sono migliorati notevolmente da quando è salito al potere il primo ministro Narendra Modi. A luglio, Modi è stato il primo premier indiano in carica a visitare Gerusalemme. L’anno scorso erano venuti in Israele anche altri rappresentanti indiani d’alto livello, tra cui il capo della forza aerea Arup Raha e il capo della Marina, Sunil Lanba. A maggio, tre navi militari indiane hanno attraccato nel porto di Haifa per una visita di tre giorni volta a rafforzare l’amicizia fra i due paesi. Vari sono i fattori che hanno contribuito a migliorare le relazioni israelo-indiane. Il Partito Popolare indiano di Modi ha un’affinità naturale con Israele: entrambi i popoli devono fare i conti con l’estremismo islamista mentre si sforzano di tutelare la propria identità culturale e religiosa. E poi gli indiani sono arrivati alla conclusione che non hanno ottenuto quasi nulla dalle nazioni musulmane per aver sostenuto la causa palestinese, mentre hanno perso molto in termini di cooperazione tecnologica e militare tenendo le distanze da Israele.

In vario grado, anche altri paesi sono giunti a conclusioni simili. Oggi Polonia, Francia, Italia e Grecia capiscono che i benefici tratti dal rafforzamento dei legami con Israele superano le ripercussioni diplomatiche negative nei rapporti con i paesi musulmani estremisti. Anche un certo numero di paesi arabi, come Arabia Saudita ed Egitto, hanno scoperto di avere interessi comuni con Israele a fronte dell’aggressività iraniana e contro i jihadisti della Fratellanza Musulmana e di Hamas.

Se in passato Israele veniva accusato di tutti i mali del Medio Oriente e veniva dipinto come la causa principale di ogni disordine, oggi sia nel mondo arabo che altrove si riconosce che Israele è uno dei pochi (se non l’unico) paese della regione su cui si può fare affidamento per mantenere la stabilità e proiettare controllo ed equilibrio. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che detiene anche il portafoglio del Ministero degli esteri, ha tratto vantaggio da questi mutamenti di percezione promuovendo i legami con molti paesi, oltre agli Stati Uniti che restano l’alleato più importante e consolidato di Israele. Come ha osservato Dore Gold, che è stato direttore generale del Ministero degli esteri sotto Netanyahu, “negli ultimi cinque anni la politica estera israeliana ha conosciuto una vera e propria rivoluzione. Dall’Asia all’Africa all’America Latina, i legami di Israele si sono ampliati. E nonostante certe tensioni con l’Unione Europea a Bruxelles, i cittadini europei capiscono che, nella guerra contro l’ISIS, Israele è un partner essenziale”. L’esercitazione Blue Flag di quest’anno testimonia i risultati della politica estera israeliana.

Il conflitto israelo-palestinese non è certo dimenticato. Ma la spaventosa guerra civile siriana, il frazionamento dell’Iraq, la guerra contro l’ISIS e la battaglia per contenere l’aggressività iraniana hanno prodotto un ripensamento della importanza relativa di questo conflitto nel più ampio quadro geo-strategico. La politica estera di Israele ha saputo trarre vantaggio da questi sviluppi. Per vederlo, oggi, basta alzare gli occhi al cielo.

(Da: Jerusalem Post, 14.11.17)