Cinica strumentalizzazione dei problemi dei beduini

Manifestazioni violente che rispondono a un’agenda politica che nulla ha a che fare con la sanatoria degli abusivismi edilizi nel Negev

Alcune opinioni dalla stampa israeliana

Quindici agenti di polizia feriti e 28 dimostranti arrestati, alla fine di una giornata di scontri, sabato, per le violente proteste in varie località di Israele contro l’applicazione del piano Prawer, un progetto del governo volto e sanare la situazione dei villaggi beduini nel Negev costituiti da abitazioni abusive.

“E’ molto grave il tentativo di una minoranza violenta e vociferante di impedire un futuro migliore a gran parte della popolazione – ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – Non verranno tollerati disordini di questo genere. Continueremo a portare avanti l’applicazione della legge per un futuro migliore a vantaggio di tutti i residenti del Negev”.

Il piano Prawer è una proposta giuridica del governo israeliano in base alla quale lo stato attua un processo di sgombero e di risarcimento. In questo quadro, circa 40.000 beduini israeliani lasceranno le case nelle comunità abusivamente costruite su terreni demaniali, e verranno reinsediati in nuove comunità riconosciute come legittime da parte dello stato israeliano.

Un’aula del Centro Regionale per l'Educazione e la Riabilitazione di bambini beduini portatori di handicap nella città di Tel Sheva, nel Negev. Il centro, finanziato dal governo israeliano, attualmente ospita circa 140 bambini dall’asilo nido alle scuole superiori, e in futuro arriverà ad ospitare 500 alunni. (foto: MFA)

Un’aula del Centro Regionale per l’educazione e la riabilitazione di bambini beduini portatori di handicap nella città (non abusiva) di Tel Sheva, nel Negev. Il centro, finanziato dal governo israeliano, attualmente ospita circa 140 bambini dall’asilo nido alle scuole superiori, e in futuro arriverà ad ospitare 500 alunni. (Foto: MFA)

«Il governo di Israele – si legge in una nota dell’Autorità del Ministero dell’edilizia israeliano per gli insediamenti beduini nel Negev – si rammarica che degli estremisti, molti dei quali non sono beduini, abbiano scelto di trasformare in uno scontro il libero e aperto dibattito in merito a una causa puramente sociale e umanitaria, collegandola falsamente alla questione palestinese. Dietro alle recenti proteste violente vi sono interessi estranei a una sincera preoccupazione per i diritti dei beduini ad una migliore qualità della vita. I beduini del Negev, in quanto cittadini con pari diritti, meritano abitazioni adeguate, servizi pubblici e un futuro migliore per i loro figli. Chiediamo al beduini del Negev di schierarsi dalla parte del loro futuro, e di non lasciare che nessuno abusi e manipoli questo processo per cause estranee. Attualmente – prosegue il comunicato – siamo nella fase di preparazione di una legge che, una volta approvata, diventerà uno strumento pratico per risolvere vecchie rivendicazioni di proprietà terriera che costituiscono il principale ostacolo a un ordinato sviluppo del Negev per tutti i suoi abitanti. Il processo porterà a risolvere le rivendicazioni territoriali con un investimento di 1,2 miliardi di shekel (300 milioni di dollari) in infrastrutture, abitazioni, sanità, servizi pubblici e istruzione per il futuro dei beduini. Una varietà di opzioni di vita rurali e urbane consentirà alla popolazione beduina di integrarsi nel tessuto di uno stato moderno conservando le proprie tradizioni. La grande maggioranza dei beduini continuerà a vivere nel luogo attuale, mentre i diritti di proprietà saranno risolti, regolarizzati e riconosciuti». (Da: MFA, 1.12.13)

Una strada del villaggio beduino di Drijat, il primo villaggio beduino a energia solare. Il villaggio è stato trasformato nel 2005 in un moderno villaggio solare grazie a un progetto del governo israeliano per un sistema di energia solare multiuso: molte case, la scuola, la moschea e l’illuminazione stradale a Drijat sono alimentate da pannelli solari. (foto: MFA)

Una strada nel villaggio beduino (non abusivo) di Drijat, il primo villaggio beduino a energia solare. Il villaggio è stato trasformato nel 2005 in un moderno villaggio solare grazie a un progetto del governo israeliano per un sistema di energia solare multiuso: molte case, la scuola, la moschea e l’illuminazione stradale a Drijat sono alimentate da pannelli solari. (Foto: MFA)

Scrive Yoaz Hendel, su Yediot Aharonot: «Dove non c’è governo, si sviluppa l’anarchia. Nel Negev ogni anno vengono costruite da beduini più di 2.000 strutture illegali. In pratica, ognuno fa quel che gli pare. Lo stato di Israele ha sbagliato a chiudere gli occhi, ed ora rimediare comporta costi pesanti. Il piano Prawer è nato dalla volontà di sanare un buco nero creato da anni: non accontenta del tutto nessuna delle parti, ma è un tentativo necessario per introdurre una politica. Oggi vi sono 200mila beduini che vivono nel Negev, 80mila dei quali in villaggi costruiti in modo completamente abusivo. Il piano si compone di due parti: la prima è una sanatoria della metà dei beduini che vivono in queste comunità, la seconda consiste nell’indennizzare e sgomberare gli altri. A destra c’è chi contesta il piano perché condonare significa premiare le costruzioni illegali. A sinistra c’è chi si oppose allo sgombero delle persone. Uno stato rispettoso della legge ha il dovere di sgomberare i responsabili di abusivismo edilizio. Può cercare un accomodamento, proporre compensazioni pecuniarie e idee creative. Ma alla fine, se non si trovano altre soluzioni, bisogna sgomberare. Punto. Indipendentemente da religione, etnia, sesso. Ciò vale sia per i coloni che si trovano su terreni che risultano privati, sia per la marea di costruzioni abusive dei beduini nel Negev. Ma sarebbe un errore pensare che questa sia una disputa sulla terra o sul denaro. La battaglia è sulla natura dello stato di Israele. Qualche mese fa mi sono imbattuto in una protesta di “beduini” contro la legge di sanatoria. Sventolavano bandiere dell’Olp e anche una bandiera di Hamas. Le infrazioni proprietarie ed edilizie sono solo un motivo di sfogo. Nelle proteste di sabato scorso hanno prevalso le voci nazionaliste contro Israele: sono loro la minoranza che dà il tono. Un considerevole numero di beduini sta cercando di integrarsi nello Stato, e il danno che questi dimostranti stanno causando a loro e al tessuto delle relazioni arabo-ebraiche è enorme».(Da: Yediot Aharonot, 1.12.13)

Scrive Doron Almog, su Ma’ariv: «Questa protesta non ha nulla a che fare con la difficile situazione dei beduini del Negev. È il prodotto di manifestazioni politiche che sono state alimentate da parlamentari di Balad e del Movimento arabo-islamico che aspirano a trasformare lo stato d’Israele in uno stato non ebraico, con maggioranza e amministrazione araba. La maggior parte dei beduini è a favore dell’accomodamento varato dal governo, anche se per ora non è ancora legge ma solo un progetto di legge. La protesta dei politici arabi non deriva da una sincera preoccupazione per il benessere dei beduini del Negev, ma da un interesse politico che sfrutta cinicamente la povertà in cui vivono tanti beduini del Negev, i quali certamente meritano una qualità della vita migliore, per la prosperità del Negev e per un futuro di speranza per tutti i cittadini d’Israele: beduini, arabi ed ebrei». (Da: Ma’ariv, 1.12.13)