Cinquant’anni anni fa veniva inaugurato l’Acquedotto Nazionale israeliano

Un’impresa titanica per il paese ancora giovane e povero, una fonte d’ispirazione ancora oggi per tutti gli abitanti della regione e oltre

Di Seth M. Siegel

Cinquant’anni fa, con una piccola cerimonia privata veniva inaugurato l’Acquedotto Nazionale israeliano. Nonostante l’enorme costo del sistema e la trasformazione impressa alle infrastrutture d’Israele, l’allora primo ministro Levi Eshkol temeva che una celebrazione pubblica potesse scatenare un attacco siriano. Ecco perché si può affermare che probabilmente l’unico elemento di basso dell’Acquedotto Nazionale è stata la sua inaugurazione.

Riflessioni intorno a un progetto di acquedotto nazionale ebbero inizio nell’aprile del 1939, in risposta al Libro Bianco britannico che limitava pesantemente l’immigrazione ebraica sostenendo che nel paese non c’era abbastanza acqua per produrre il cibo necessario per una popolazione più numerosa. Fu allora che un brillante ingegnere idrico, Simcha Blass, venne incaricato dalla dirigenza dell’yishuv (la comunità degli ebrei in Terra d’Israele prima della nascita dello stato) di trovare il modo di sviluppare risorse idriche in grado di superare le obiezioni britanniche.

Benché gli inglesi non si smuovessero, l’idea di prendere l’acqua dal nord relativamente ricco di risorse idriche e portarla a sud mise radici. Dopo la dichiarazione d’indipendenza del 1948, David Ben-Gurion concepì il trasferimento di acqua dalla Galilea al Negev come un imperativo nazionale. Si avviò allora un’intensa attività di progettazione della nuova linea d’acqua insieme alla raccolta di finanziamenti, in gran parte provenienti dalle riparazioni tedesche. Inoltre era essenziale ottenere il consenso al progetto del presidente americano Dwight Eisenhower, per essere sicuri del sostegno americano nel caso il progetto fosse stato usato come pretesto per un conflitto da parte di Siria o Giordania.

I lavori ebbero inizio nel 1959. Si trattava di un progetto di lavori pubblici enorme, per il paese come Israele ancora giovane e povero. Nel momento del massimo sforzo, ogni 14 persone abili al lavoro una era impegnata a scavare, saldare, posare tubi o a lavorare in qualche altro modo alla realizzazione del nuovo sistema idrico. Costò circa il 5% del Pil nazionale dell’epoca, una somma smisuratamente grande, e richiese l’ideazione di apposite tecniche ingegneristiche.

L’Acquedotto Nazionale riuscì a far arretrare il limite meridionale della parte abitabile del paese da poco a sud di Rehovot fino a sud di Beersheba. Molti nuovi immigrati poterono stabilirsi in nuove aziende agricole e iniziò a decollare un’economia agricola nazionale con esportazioni per miliardi di dollari. Cosa altrettanto importante, il sistema dell’acquedotto trasformò l’approvvigionamento idrico d’Israele da una serie di fonti locali e regionali in un sistema nazionale: un importante elemento nella costruzione della nazione.

Notevole è l’eredità lasciata dall’Acquedotto Nazionale. L’espansione verso la periferia è continuata e negli ultimi anni è accelerata. Di più. Oggi Israele è impegnato in grandi e ambiziosi progetti per infrastrutture nazionali: ferrovie, porti, estrazione di petrolio e gas, e una ristrutturazione del sistema idrico nazionale che tenga conto dell’acqua che ormai proveniente dai vari impianti di desalinizzazione nella parte ovest del paese, destinata a mescolarsi con l’acqua proveniente dal nord. Il coraggio e il sacrificio messi in campo dal paese nella costruzione dell’Acquedotto Nazionale possono essere d’ispirazione per questi e per altri grandi progetti.

Il successo dell’Acquedotto Nazionale offre oggi anche la possibilità di positivi punti di contatto con i palestinesi. Poco prima che venisse inaugurato, gli arabi israeliani in Galilea, in particolare a Nazareth e Shafaram, protestarono contro il fatto di essere allacciati alla rete idrica nazionale: temevano d’essere spogliati della loro identità nazionale. Chiaramente l’Acquedotto non causò affatto una perdita della loro peculiarità comunitaria: rese semplicemente possibile ottenere acqua a richiesta col semplice gesto di girare un rubinetto. Il fatto che ricevettero la stessa acqua di qualità degli altri israeliani testimonia dell’idea che tutti i cittadini debbono ricevere uguali benefici legati a un’identità nazionale comune. In un eventuale accordo di pace, anche i palestinesi di Cisgiordania e Gaza potrebbero accettare un sistema idrico regionale integrato, senza elevare le infrastrutture idriche a simbolo di sovranità e dunque esigere sistemi idrici e infrastrutture irrazionalmente separate. Un sistema idrico regionale che apporta acqua affidabile e di alta qualità, come ha fatto per Israele l’Acquedotto Nazionale, potrebbe far collimare gli interessi delle parti e rimuovere l’acqua dalla lista dei fattori di conflitto. Potrebbe addirittura incrementare l’integrazione regionale con alcuni paesi vicini d’Israele che soffrono di carenza idrica.

Infine, in un’epoca che vede il mondo verosimilmente incamminato verso una crisi idrica globale, l’Acquedotto Nazionale israeliano rimane un modello per tutti quei paesi meno sviluppati che più di altri potrebero ribaltare in positivo i loro problemi in fatto di approvvigionamento d’acqua, come fece Israele cinquant’anni fa.

(Da: YnetNews, 9.6.14)