Ciò che davvero impedisce la pace

La celebrazione di stragi di ebrei perpetrate vent’anni prima dello stato d’Israele mostra quanto è ancora radicato il rifiuto palestinese di riconoscere la storia autoctona del popolo ebraico in Terra d'Israele

Di Emily Schrader

Emily Schrader, autrice di questo articolo

L’Autorità Palestinese è nota per la sua celebrazione del terrorismo: intitola piazze e scuole nel nome di assassini, versa vitalizi ai terroristi e alle loro famiglie premiandoli per le loro imprese di sanguinosa violenza, distribuisce dolci per le strade per festeggiare stragi e attentati.

Ma il mese scorso l’Autorità Palestinese si è spinta oltre. Tanto per cominciare, ha apertamente celebrato il massacro di Hebron del 1929 in cui una folla di arabi, aizzata dalle voci (come al solito infondate) secondo cui gli ebrei stavano “distruggendo la moschea di al-Aqsa”, si abbandonò a violenze e stupri di massa, devastando e ripulendo etnicamente l’antichissima comunità ebraica di Hebron, con l’uccisione di 67 ebrei innocenti, il ferimento di decine di altri e l’espulsione dalla città di tutti quelli che rimanevano. Pochi giorni dopo che l’Autorità Palestinese ha decantato quel pogrom, il presidente Abu Mazen, durante una conferenza stampa in Germania, si è rifiutato di condannare il massacro degli atleti israeliani alle olimpiadi di Monaco, imbarcandosi invece in un classico ribaltamento della Shoà quando ha accusato Israele di aver commesso “50 Olocausti” a danno dei palestinesi: una dichiarazione che gli è valsa persino l’apertura di un’indagine in Germania per negazione o minimizzazione della Shoà, cose illegali in quel paese.

“Sono i nobili eroi della Palestina”. Celebrazione alla tv dell’Autorità Palestinese degli assassini del pogrom di Hebron 1929

A metà agosto l’emittente televisiva ufficiale dell’Autorità Palestinese ha trasmesso una serie che celebra i principali istigatori del massacro di Hebron del ’29. Una canzone li elogia dicendo: “La patria non dimenticherà mai i suoi rivoluzionari”. Nella serie, la tv dell’Autorità Palestinese ha affermato che il massacro “è parte fondamentale della nostra cultura” nonché un’espressione della “identità nazionale” palestinese. Un’altra puntata della serie loda il massacro e gli assassini proclamando “gloria ed eternità ai puri martiri del nostro popolo”.

Lo stesso giorno Fatah, la fazione palestinese che fa capo ad Abu Mazen, condivideva sui suoi social un post che elogia il massacro di Hebron: “A novantadue anni dall’esecuzione degli eroi della ribellione di al-Buraq” (fra i tanti autori del massacro, le autorità britanniche dell’epoca individuarono e condannarono a morte tre arabi che, stando al rapporto inoltrato dalle autorità del Mandato alla Società delle Nazioni, avevano “commesso omicidi particolarmente efferati a Safed e Hebron” ndr). Se ciò non bastasse, quella stessa settimana anche Al-Hayat Al-Jadida, il quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese, pubblicava un articolo in cui glorificava gli assassini.

Ciò che è particolarmente significativo in questi comportamenti dell’Autorità Palestinese non è semplicemente il fatto che esaltano il terrorismo, ma che celebrando attivamente il terrorismo e la pulizia etnica perpetrati decenni prima della nascita dello stato d’Israele. I capi palestinesi sono sempre pronti a sostenere, in Occidente, che il problema consiste nell’occupazione della Cisgiordania da parte di Israele nel 1967.

Agosto 2009: a 80 anni dal pogrom di Hebron, il sopravvissuto al massacro Yankele Hillel posa una pietra commemorativa sulla tomba di una delle vittime

E tuttavia, qui parlano di assassini di ebrei del 1929 come di “eroi” e “martiri”, espressione “dell’identità nazionale” palestinese. Tali comportamenti sono la riprova che il problema centrale non è l’occupazione, ma il rifiuto palestinese e il terrorismo contro gli ebrei originari di questa terra. L’aperto sostegno da parte dell’Autorità Palestinese del massacro di Hebron del 1929 contraddice la convinzione di tanti che l’occupazione sia la principale causa/motivazione del terrorismo. Per quanto problematica sia l’occupazione, o per quanto svantaggiosi siano gli insediamenti, il problema che impedisce una soluzione a lungo termine è il rifiuto palestinese. È per questo che la sistematica celebrazione palestinese degli attentati terroristici pre-’48 non gode praticamente di nessuna copertura mediatica: perché non corrisponde alla narrativa corrente.

Alla stessa stregua, le parole di Abu Mazen in Germania, in cui ha ribaltato e ridotto a barzelletta la Shoà rifiutandosi al contempo di condannare il massacro delle olimpiadi di Monaco, dimostrano ancora una volta quanto è radicato il rifiuto palestinese di riconoscere la storia nativa e autoctona del popolo ebraico in Terra d’Israele. Fin dall’inizio i palestinesi hanno abbracciato una narrativa astorica che dipinge gli ebrei come “stranieri” e “alieni” e i palestinesi (arabi e musulmani) come “nativi”: un tema che ricorre in modo martellante in ogni parte della società: tv, social network, moschee, scuole ecc. Ma è vero proprio il contrario: gli ebrei (la cultura, la religione, la lingua, l’identità nazionale ebraica) sono originari della Terra d’Israele, mentre gli arabi palestinesi che vi si trovano oggi sono i discendenti di una conquista coloniale del paese, che fu parte delle conquiste islamiche avvenute secoli dopo. Quando esisteva l’antico regno d’Israele dove vivono oggi palestinesi e israeliani, l’islam non era ancora nato. Ovviamente ciò non significa che i palestinesi come popolo non abbiano diritto oggi all’autodeterminazione: non è colpa loro se sono discendenti di colonialisti. Ma il conflitto tra israeliani e palestinesi non sarà risolvibile finché i palestinesi non riconosceranno questa realtà e accetteranno che gli ebrei hanno tutto il diritto all’autodeterminazione nella loro patria originaria (e che non saranno i pogrom stile 1929 a cacciarli). Solo attraverso il riconoscimento dei diritti reciproci, con i necessari compromessi sulla terra da entrambe le parti, sarà possibile arrivare alla pace.

(Da: Jerusalem Post, 30.8.22)