Combattere l’antisemitismo per il bene del mondo arabo

Il problema deve essere affrontato prima di risolvere il problema israelo-arabo-palestinese, non rimandato a dopo che verrà trovata una soluzione

Di Frank Musmar e Najat Al-Saied

Frank Musmar, co-autore di questo articolo

Gli Accordi di Abramo hanno segnato una svolta storica dopo decenni di antisemitismo arabo e musulmano. Quest’anno, per la prima volta, la Giornata commemorativa della Shoà è stata celebrata dagli arabi degli stati firmatari degli Accordi, così come da altri attivisti arabi che si adoperano per combattere l’antisemitismo.

Nei 1.300 anni trascorsi dall’ascesa dell’islam, quando gli ebrei erano ampiamente accettati come parte del Medio Oriente dominato dall’islam, seppure nello status istituzionalizzato di inferiorità sociale e legale come “minoranza religiosa protetta” (dhimmi), la regione prosperava. Per contro, è rilevabile una chiara correlazione tra l’ascesa di un antisemitismo islamico e arabo sempre più diffuso e virulento e un paradigma di instabilità, terrorismo e mancanza di sviluppo.

Panarabismo e islamismo hanno creato un nemico per giustificare i loro fallimenti. Gli ebrei sono diventati il capro espiatorio dell’incapacità degli stati arabi di tenere il passo con lo sviluppo scientifico e creativo occidentale. Per decenni, panarabisti e islamisti hanno alimentato gli arabi con una dieta costante di teorie del complotto per convincerli che gli ebrei erano da incolpare per tutto ciò che affliggeva le loro società.

Najat Al-Saied, co-autrice di questo articolo

Nonostante la campagna di odio diretta contro di esso dal mondo arabo sin dai suoi primi giorni di vita, Israele si è sviluppato rapidamente. Si è aggiudicato 12 premi Nobel (di più, in proporzione alla popolazione, di Stati Uniti Francia e Germania), contro i sei aggiudicati a tutto il mondo arabo dal 1966. Israele è un superpotenza high-tech. Nonostante le sue piccole dimensioni, circa il 4,5% del suo Pil viene investito in ricerca e sviluppo, il doppio della media OCSE. Di questo importo, circa il 30% va alla ricerca e sviluppo militare. Israele è il primo paese al mondo a utilizzare robot al posto di soldati in missioni di pattugliamento del confine. È anche il primo paese a possedere un sistema antimissile operativo multi-livello in grado di intercettare gli ordigni nemici in arrivo. Israele è il più grande esportatore di droni al mondo, responsabile di circa il 60% del mercato globale, ed è classificato al quinto posto assoluto nel Bloomberg Innovation Index di quest’anno, una classifica annuale dei paesi che misura le prestazioni in ricerca e sviluppo, istruzione tecnologica, brevetti e altri parametri di competenza tecnologica.

Invece di sforzarsi di colmare il divario tra l’economia high-tech di Israele e le economie molto meno sviluppate del mondo arabo, comprese Cisgiordania e Gaza, gli arabi hanno investito le loro energie nel movimento antisemita BDS e nella delegittimazione di Israele.

Edizione egiziana del 2003: “I Protocolli degli Anziani di Sion e le loro origini bibliche e talmudiche”

Ma a quanto pare, la campagna antisemita degli stati arabi al servizio della creazione di un nemico immaginario non ha funzionato in alcun modo a loro vantaggio. Al contrario, ha inibito il loro sviluppo e la loro capacità di innovare. Sulla scia degli Accordi di Abramo, i cittadini del mondo arabo dovrebbero finalmente poter vedere quanto il rifiuto dell’antisemitismo possa contribuire al loro sviluppo e alla loro modernizzazione.

Il problema dell’antisemitismo nel mondo arabo e islamico dovrebbe essere affrontato attraverso almeno due strumenti: il sistema educativo e mass-media liberi. Identificare l’antisemitismo come un problema nel mondo arabo è una necessità immediata per la sicurezza. Per raggiungere questo obiettivo, gli stati arabi devono investire nello sforzo di incorporare nei loro sistemi educativi la discussione su antisemitismo, teorie del complotto e altre forme di istigazione all’odio. Bisognerebbe intraprendere una serie di misure:
– garantire che le scuole promuovano i diritti umani, coltivino il rispetto e l’inclusione e garantiscano ambienti di apprendimento sicuri e solidali;
– includere l’antisemitismo come un tema dei diritti umani nelle discussioni su questioni come democrazia, pace, uguaglianza di genere e il senso di appartenenza a una comune umanità;
– sviluppare la capacità degli studenti di identificare e rifiutare pregiudizi e stereotipi sviluppando le loro capacità di pensiero critico e riflessivo;
– pianificare lezioni sulla Shoà e sulle pericolose implicazioni della negazione e della distorsione della Shoà;
– incoraggiare gli istituti di istruzione superiore a sviluppare programmi accademici e centri di ricerca che affrontino l’antisemitismo;
– rivedere i programmi scolastici per garantire che siano privi di stereotipi e che la vita ebraica e israeliana venga presentata in modo corretto ed equilibrato;
– sviluppare norme e meccanismi accessibili di segnalazione degli incidenti di antisemitismo per garantire il rispetto dei diritti umani nelle istituzioni educative;
– sviluppare programmi di formazione sull’antisemitismo rivolti a professionisti che operano in campi come forze dell’ordine, magistratura, clero, assistenza sociale e sanitaria;
– rafforzare la capacità delle istituzioni nazionali per i diritti umani di garantire un ambiente sicuro per tutto il personale e gli studenti, compresi gli studenti e gli insegnanti ebrei, e la capacità di trattare le denunce di violazioni dei diritti umani.

Vignetta araba che incolpa Israele della diffusione del coronavirus

Circa i mass-media, i politici dovrebbero favorire l’istituzione di mezzi di comunicazione che si contrappongano alle ideologie estremiste divisive, offrendo agli arabi l’opportunità di conoscere direttamente israeliani ed ebrei, senza interferenze. Si dovrebbe sviluppare l’alfabetizzazione mediatica e informatica per promuovere la capacità di difendersi da manipolazioni, pregiudizi, stereotipi, teorie del complotto e altre forme dannose di disinformazione sia on-line che nei media tradizionali. I decisori politici dovrebbero anche promuovere canali di comunicazione e di partenariato tra rappresentanti di comunità ebraiche e altre comunità e ong, musei, fondazioni, biblioteche e altre istituzioni.

In sintesi, la normalizzazione delle relazioni è un prerequisito per combattere l’antisemitismo e l’estremismo, e deve precedere i tentativi di risolvere il conflitto israelo-arabo-palestinese, non seguirli.

(Da: jns.org, 30.3.21)