Come impedire la guerra

E’ necessario che entrambe le parti valutino il prezzo della pace e il costo della guerra

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_1770Che siano attendibili o no le ultime voci su un acquisto di armi da un miliardo di dollari concluso durante la visita a Damasco del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, la Siria sta facendo un’orgia di acquisti. Nell’anno passato pare che il regime siriano, mentre era alternativamente impegnato nella retorica della pace e nelle minacce di guerra, abbia acquistato missili e aerei sofisticati per circa un miliardo di dollari. Forse sono gli alti costi di queste armi che hanno spinto il presidente siriano Bashar Assad a dire al suo parlamento la settimana scorsa che “gli israeliani dovrebbero ricordare che il prezzo della pace è più basso del costo della guerra”.
Non c’è bisogno che Assad ci dica qual è il costo della guerra, un costo che stiamo pagando fin dalla costituzione dello stato ebraico circa 60 anni fa. Né abbiamo bisogno di infinite congetture su una guerra con la Siria che tanti sembrano aspettarsi per quest’estate, come se le guerre fossero programmate come le vacanze o le campagne elettorali.
Le guerre sono spesso scatenate da informazioni e calcoli sbagliati. Nel 1967, per esempio, re Hussein di Giordania fu convinto ad attaccare Israele da false informazioni che l’Egitto stava sconfiggendo Israele, mentre al contrario l’aviazione egiziana era stata distrutta a terra nelle prime ore della guerra dei sei giorni.
Ma le cause alla base della guerra non sono nascoste: sono il risultato di piani aggressivi dei regimi dittatoriali. Questi regimi decidono di attaccare quando ritengono che sia nel loro interesse farlo. E’ quindi compito di Israele e della comunità internazionale assicurarsi che un attacco del genere non sia nell’interesse del regime di Assad.
Un aspetto di questa situazione è far capire ad Assad, come ha fatto il primo ministro Ehud Olmert, che Israele è pronto ad impegnarsi in negoziati di pace diretti e senza condizioni con la Siria in qualunque momento e in qualunque posto. Non ci illudiamo che Assad sia interessato a questi negoziati, e meno ancora a concludere un trattato di pace. Ma l’offerta deve esserci, e c’ è.
Non si può, tuttavia, contare sulle offerte di pace per impedire la guerra, perché la Siria non è interessata alla pace. Al contrario, la Siria si oppone alla pace con Israele con tutte le forze, tra cui quelle maggiormente impegnate contro la pace con Israele, come Hamas e Hezbollah. Come altre dittature arabe, la Siria dipende dall’inimicizia con Israele per far dimenticare il fallimento della propria egemonia, e non c’è ragione di credere che i suoi calcoli siano cambiati.
Così, il fattore determinante per impedire un attacco siriano è un fattore antico: la dissuasione. La Siria deve capire che il costo di un attacco sarà molto più alto perfino di quanto sia pronto a pagare un regime che non ha assolutamente a cuore gli interessi del suo popolo.
Le forze armate israeliane lo capiscono, e si assicurano quindi di essere addestrate ed equipaggiate per combattere una guerra convenzionale, dopo anni dedicati a combattere il terrorismo. La guerra in Libano dell’anno scorso è stata un vivo richiamo ad essere pronti a questa necessità, ed è stato ascoltato.
Ma la dissuasione non è solo questione di capacità militari, ma di intenzioni chiaramente dirette, tra cui ripercussioni diplomatiche più gravi. Si dovrebbe far capire al regime siriano l’ovvio, cioè che Israele non solo distruggerà qualunque forza attaccante, ma in risposta ad un attacco eliminerà la forza militare del regime, minacciando quindi la sua sopravvivenza. Inoltre, a qualunque attacco missilistico contro civili israeliani sarà risposto con l’attacco mirato a tutti i beni del regime.
Anche la comunità internazionale può avere un ruolo importante nell’impedire un eventuale calcolo sbagliato da parte della Siria, chiarendo in anticipo i risultati diplomatici di una tale aggressione. Se il regime di Assad, per esempio, capisse che ad un attacco verrà risposto con un’iniziativa europea ed americana per far imporre al Consiglio di Sicurezza dell’ONU delle sanzioni a Damasco in base al capitolo 7, sostenendo in pieno il diritto di Israele alla propria difesa, la possibilità di un tale attacco sarebbe grandemente ridotta.
Per essere credibile, tuttavia, l’ONU deve assicurarsi che le risoluzioni che ha già approvato siano messe in atto. La Siria è in flagrante violazione dell’embargo imposto dall’ONU sull’appoggio a Hezbollah e non ha subito conseguenze.
Stati Uniti ed Europa non hanno esercitato pressioni sufficienti sul governo libanese per richiedere che l’UNIFIL si attesti lungo il confine libanese-siriano per impedire il traffico di armi. Non punire la Siria e non far rispettare la risoluzione 1701 costituisce un rischio diretto di incoraggiamento a Hezbollah o alla Siria per attaccare Israele, e bisognerebbe correre ai ripari con urgenza, ignorando qualunque balletto retorico sui negoziati di pace o la proposta di una conferenza regionale.
La guerra si può certamente evitare, posto che siano compiuti i passi principali per ridurre la sua probabilità, convincendo l’aggressore che gli costerebbe troppo cara.

(Da: Jerusalem Post, 23.07.07)

Nella foto in alto: Il parlamento siriano addobbato con gigantografie del dittatore Bashar al-Assad