Come sarebbe, in pratica, uno stato palestinese?

Non occorre lavorare di fantasia. Ci sono già stati ben quattro semi-stati palestinesi che forniscono ampi elementi di giudizio

Di Elan Journo

Elan Journo, autore di questo articolo

L’amministrazione Trump intende annunciare un “accordo del secolo” per risolvere il conflitto israelo-palestinese. Da cenni e indiscrezioni sembra di capire che la proposta non si spingerebbe al punto di sostenere l’obiettivo di uno stato palestinese pienamente indipendente e sovrano, una mancanza considerata da molti assolutamente deleteria. L’obiettivo di uno stato palestinese è comunemente considerato come ovviamente e intrinsecamente positivo, e il fatto che debba ancora essere realizzato come un marchio d’infamia per Israele e Stati Uniti.

Ma, quali che siano i termini reali della proposta del presidente Donald Trump, forse è il caso di rimettere in discussione l’articolo di fede della diplomazia mondiale secondo cui uno stato palestinese servirebbe automaticamente la causa della pace. Ecco una domanda cruciale che raramente si pongono coloro che si professano profondamente motivati dalla giustizia e dai diritti delle persone, sia palestinesi che israeliane: come sarebbe in pratica uno stato palestinese?

Non occorre lavorare di fantasia. Ci sono già stati ben quattro semi-stati palestinesi che forniscono ampi elementi di giudizio: in Giordania (1968-1970), in Libano (1970-1982); l’Autorità Palestinese in varie parti della Cisgiordania e della striscia di Gaza (dal 1993 in poi) e, più recentemente, il regime di Hamas nella striscia di Gaza (dal 2007 in avanti). Ovunque il movimento palestinese abbia acquisito una qualche parvenza di autogoverno e controllo territoriale ha invariabilmente dato vita a semi-stati bellicosi e dittatoriali, a scapito dello stesso popolo palestinese e dell’obiettivo della pace.

1969: milizie Olp in Giordania

In Giordania, alla fine degli anni ‘60, il movimento palestinese creò un mini-stato con istituzioni-ombra autonome in tutti gli ambiti: militare, politico, sociale. Le fazioni palestinesi gestivano proprie forze di polizia e tribunali, e arrestavano e punivano le persone a loro piacimento. Quel regime autoritario costituiva la base operativa per il lancio di attacchi e attentati contro Israele. Quando giunse a concepire una congiura per rovesciare il regime giordano, la Giordania reagì liquidando il bellicoso semi-stato palestinese.

Nel Libano degli anni ‘70 il movimento palestinese stabilì il suo predominio all’interno dei campi profughi: imponeva tasse, gestiva tribunali, arruolava uomini in età da combattimento, riformulava i programmi scolastici garantendosi il controllo del pensiero e l’indottrinamento delle giovani generazioni. Col tempo, il movimento palestinese giunse a impadronirsi anche di diverse città costiere libanesi e di parte dell’amministrazione statale del paese “imponendo la sua volontà con pugno di ferro” (Ze’ev Schiff e Ehud Ya’ari, 1985 ndr). Dal Libano meridionale, la cosiddetta Fatah-land, i combattenti palestinesi lanciavano attacchi e razzi sulle città israeliane. Quel semi-stato palestinese crollò quando Israele si decise a reagire, inviando le sue forze dentro il Libano.

1978: milizie Olp in Libano

L’Autorità Palestinese (istituita nel 1994) è il frutto di un accordo di pace israelo-palestinese. Concepita come un passo intermedio verso la piena sovranità, l’Autorità Palestinese gode di riconoscimento formale e di un’autonomia di gran lunga maggiore rispetto ai precedenti semi-stati palestinesi. Di conseguenza, è anche più efficace nel suo dispotismo e nella sua belligeranza. L’Autorità Palestinese è rapidamente diventata un’ennesima dittatura del Medio Oriente, ben nota per il controllo sulla stampa e per la determinazione con cui mette a tacere dissidenti e oppositori. L’Autorità Palestinese gestisce diverse forze di sicurezza fra loro rivali. I suoi tribunali non hanno la minima parvenza di indipendenza giudiziaria. Gli arresti arbitrari sono comuni, e i capi del regime si appropriano dei soldi e dei beni del loro popolo. Pur disponendo di un autogoverno limitato, l’Autorità Palestinese ha destinato ampio spazio e abbondanti risorse per fomentare e realizzare attentati contro Israele. Nei primi anni 2000 il regime orchestrò una feroce guerra terroristica contro Israele (l’intifada degli attentati suicidi, ndr).

Dal 2007 l’Autorità Palestinese si è spaccata in due: un semi-stato guidato dall’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) in varie parti della Cisgiordania, e un semi-stato governato dai jihadisti di Hamas nella striscia Gaza: un regime guerrafondaio plasmato sulla legge della shari’a. Hamas indottrina metodicamente i suoi sudditi con la tv, la stampa, la radio, le moschee, martellando sui temi della guerra santa e del martirio per la causa. Fedeli alla loro ideologia, i jihadisti di Gaza hanno lanciato migliaia di razzi e missili contro le città israeliane, il che ha portato a diverse guerre e molte schermaglie, la più recente all’inizio dello scorso mese di maggio.

Milizie Hamas a Gaza

Il denominatore comune di questi quattro semi-stati palestinesi? E’ presto detto: ogni volta che il movimento palestinese ha conseguito un minimo di autogoverno su un tratto di territorio, ha soggiogato il suo stesso popolo e ha fatto la guerra contro Israele. Non c’è errore in buona fede né inesperienza in fatto di governance che possa spiegare questo schema che si ripete senza eccezioni da decenni. Esso riflette l’ideologia e la natura stessa di tutte le fazioni alla guida del movimento palestinese. Per molti anni, la punta di lancia del movimento è stata l’Olp, le cui numerose fazioni abbracciavano una miscela di marxismo-leninismo, terzomondismo anti-occidentale e svariate variazioni del nazional-socialismo arabo. A partire dagli anni ’80, all’avanguardia del movimento palestinese si sono messi gli islamisti jihadisti. Tutte queste fazioni sono consapevolmente e programmaticamente ostili alla libertà e ai diritti individuali.

Alcuni sostengono che dobbiamo ignorare i precedenti di questi semi-stati perché privi della piena sovranità: dovremmo sospendere il giudizio fino a quando non sarà realizzato uno stato palestinese pienamente indipendente e sovrano. Il che è assurdo. Perché mai dovremmo credere che conferire più potere politico ad autocrati e teocrati li convertirà in campioni delle libertà individuali? Il concetto di autodeterminazione nazionale non dà licenza di soggiogare la propria popolazione e aggredire la popolazione altrui. L’autodeterminazione non conferisce il diritto morale di creare un regime tirannico e violento. Conferire al movimento palestinese un potere politico ancora maggiore non è una ricetta per la pace, ma per una guerra interminabile.

(Da: Jerusalem Post, 23.5.19)