Come sta cambiando l’atteggiamento dell’Europa verso Israele

Oggi tra Unione Europea e Israele sono in corso un dialogo nuovo e collaborazioni di vasta portata

Di Yossi Shain

Yossi Shain, autore di questo articolo

La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola è arrivata domenica a Gerusalemme per la sua prima visita ufficiale fuori dall’Europa da quando, lo scorso gennaio, ha assunto l’importante incarico.

Sommessamente e senza troppa pompa e cerimonie, Israele sta assistendo a un cambiamento incoraggiante, direi eccezionale, del tono e dell’approccio dell’Europa nei suoi rapporti con lo stato ebraico. Dai corridoi del Parlamento europeo e della Commissione europea a Bruxelles alle sale della Knesset e del Ministero degli esteri di Gerusalemme, tra l’Unione Europea e Israele sono ormai in corso un nuovo dialogo e collaborazioni di vasta portata. Esiste oggi una profonda consapevolezza del fatto che entrambe le parti devono creare le condizioni per una ripresa del Consiglio di Associazione UE-Israele, un forum bilaterale annuale che non è stato più convocato dal 2012 a causa delle obiezioni di alcuni stati membri dell’Unione.

Dall’inizio di quest’anno, continuiamo a sentir dire da leader europei di spicco quanto sia cruciale Israele per la democrazia e la stabilità mondiale. Gli Accordi di Abramo sono stati determinanti in questo cambiamento della percezione europea, per cui Israele viene visto oggi come un fattore della soluzione al caos in Medio Oriente, non come un problema o una causa. Inoltre, gli europei sono diventati molto più sospettosi rispetto all’Iran. Il pericolo rappresentato delle mire nucleari ed egemoniche del regime di Teheran è stato messo in evidenza dall’invasione russa dell’Ucraina e dalle minacce nucleari della Russia, che hanno scosso gli europei nel profondo. Anche l’eventualità, all’inizio, che Israele potesse emergere come mediatore tra Ucraina e Russia ha ulteriormente amplificato il rilievo di Israele sulla scena della diplomazia europea.

La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola (a sinistra) ricevuta domenica a Gerusalemme dal parlamentare Yossi Shain, presidente della Delegazione della Knesset per le relazioni con il Parlamento europeo

Anche il linguaggio sta cambiando. Molti leader europei hanno espresso condanne sonore e senza precedenti del terrorismo palestinese. Tra le voci più influenti d’Europa diventano sempre più frequenti le nette prese di posizione contro l’antisemitismo mascherato da anti-sionismo. Cosa ancora più straordinaria, l’Unione Europea ha adottato una politica volta a trattenere certi fondi destinati all’Unrwa a causa dell’istigazione contro ebrei e israeliani ancora presente nei libri di testo scolastici palestinesi.

Il riconoscimento di Hamas come organizzazione terroristica ha rafforzato la posizione di Israele a Bruxelles, mentre la questione palestinese come tale scivola in secondo piano dopo che un certo numero di paesi europei ha subìto attentati del terrorismo islamista, purtroppo abituali in Israele: quei paesi sono preoccupati dei trend in atto all’interno delle loro società, che potrebbero portare a un’ulteriore radicalizzazione islamista. E capiscono che il dilagante antisemitismo al loro interno costituisce una minaccia diretta al loro stesso futuro.

Sul versante positivo, si riscontra in Europa una crescente consapevolezza dell’aumentata statura di Israele legata al suo successo economico, alle sue capacità d’avanguardia nel settore dell’alta tecnologia, agli straordinari risultati nel promuovere l’istruzione superiore e all’ammirazione a tutto campo che raccoglie in India, Corea, Giappone e Cina.

Israele sta chiaramente beneficiando del cambio di governo a Gerusalemme. L’attuale governo viene visto in Europa come una sorta di miracolo, composto com’è da otto diversi partner, da sinistra a destra, che creano il variopinto arazzo di una democrazia pluralista.

Nella mia qualità di presidente della Delegazione della Knesset per le relazioni con il Parlamento europeo, ho avuto l’onore di ricevere e accompagnare Metsola durante la sua visita in Israele. In una serie di incontri tenutisi a Gerusalemme e Bruxelles per preparare la visita della presidente, ho incontrato numerosi colleghi e funzionari europei di alto rango, tutti determinati ad elevare le relazioni fra le parti e ad intraprendere nuove strade. Uno di questi incontri è stato quello con il responsabile antisemitismo della Commissione Europea, il vicepresidente Margaritis Schinas, una persona fermamente convinta che i progressi dell’Unione Europea nella lotta all’antisemitismo possono essere massimizzati solo attraverso un coordinamento diretto e preciso con Israele. In Schinas ho riscontrato un’eccezionale fermezza e determinazione nella missione di sradicare l’antisemitismo dal territorio europeo. E’ davvero straordinario assistere a una trasformazione così repentina. Per anni Israele ha guardato al di là del Mediterraneo con scetticismo per ciò che consideravamo una certa condiscendenza europea verso varie forme di antisemitismo. Ora lo scetticismo si è trasformato in ammirazione.

Da parte sua, il mio omologo diretto e presidente della Delegazione per le relazioni con Israele, l’eurodeputato Antonio Lopez Isturiz, ha ammesso che l’Europa si sta finalmente svegliando di fronte a una realtà che Israele conosce da anni nella lotta al terrorismo islamista, cui fa eco la convinzione di Gerusalemme circa la necessità che Europa e Israele rafforzino la cooperazione in materia di sicurezza. Ed è solo una delle tante voci che premono per la riconvocazione del Consiglio di Associazione.

In tutto questo, un punto che riemerge continuamente è l’importanza del ruolo dell’Unione Europea nel contribuire a trarre il massimo dalle potenzialità degli Accordi di Abramo. Così come abbiamo istituito un forum economico multilaterale tra Israele, India, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti, l’istituzione di forum economici e di ricerca analoghi tra l’Unione Europea, Israele e i nostri nuovi alleati favorirebbe una nuova era di eccellenza senza limiti, con la capacità potenziale di migliorare la stabilità generale dal Mediterraneo occidentale al Golfo Persico.

Confido che la visita di Metsola in Israele aggiungerà un’altra pietra miliare al rafforzamento delle relazioni UE-Israele e all’allargamento dell’alleanza fra democrazie libere e fiorenti.

(Da: Jerusalem Post, 21.5.22)

Israele e l’Unione Europea stanno conducendo negoziati sulla vendita di gas israeliano all’Europa. L’accordo consentirà alla UE, che persegue l’indipendenza dal gas russo da quando Vladimir Putin ha lanciato l’invasione in Ucraina, di importare gas in Europa attraverso l’Egitto. La firma è prevista per l’estate e l’importazione di gas israeliano potrebbe iniziare già il prossimo inverno, imprimendo “un drammatico cambiamento nei legami israelo-europei”, come ha detto un alto funzionario di Gerusalemme citato da Israel HaYom.

Nel quadro degli sforzi per diversificare le proprie fonti, l’UE ha contattato la ministra israeliana dell’energia Karine Elharrar e il suo omologo egiziano Tarek El-Molla. Elharrar aveva già incontrato il Commissario europeo per l’energia Kadri Simson quando emerse per la prima volta l’urgenza della questione. Nei colloqui, Israele ha chiesto che l’accordo sia a lungo termine e non solo una rapida risposta alla crisi. All’inizio Israele fornirebbe all’Europa una quantità relativamente piccola di gas (tra 1 e 2 miliardi di metri cubi), ma l’obiettivo è di raddoppiare l’importo in pochi anni, con il potenziamento delle infrastrutture necessarie. “Al momento non esiste un gasdotto diretto tra Israele ed Europa – spiega il direttore generale del Ministero dell’energia, Lior Schillat – Ma esiste un gasdotto tra Israele ed Egitto che ora è in fase di ampliamento. Pertanto il modo più efficiente è inviare gas in Egitto, che dispone di due impianti di liquefazione. Dall’Egitto verrà spedito in forma liquida in Europa, dove verrà riconvertito in gas”. D’altro canto l’EastMed Pipeline, vale a dire il progetto del gasdotto più lungo del mondo che collegherebbe Israele all’Europa attraverso Grecia e Cipro, non è al momento rilevante perché è troppo lontano dal diventare realtà, mentre la società privata destinata a costruirlo sta ancora conducendo le analisi tecnologiche ed economiche. “Oggi il mercato locale israeliano utilizza 12 miliardi di metri cubi e ne esportiamo altri quattro in Egitto e tre in Giordania – continua Schillat – Inizieremo con limitate esportazioni aggiuntive e aumenteremo man mano che cresce la capacità di Israele”.

Per quanto riguarda l’annuncio del Ministero dell’energia nel dicembre scorso circa l’interruzione nel 2022 della ricerca di altri giacimenti per concentrarsi sulle energie rinnovabili, Schillat afferma: “La crisi in Europa ha rimescolato le carte. Il Ministero dell’energia non ha dogmi e riesaminiamo costantemente il nostro lavoro. Al momento sono in corso nuove ricerche. La società Energean ha annunciato d’aver appena individuato un giacimento da otto miliardi di metri cubi al largo di Haifa e altre ricerche sono pianificate per quest’anno. Quando parliamo con gli europei ci dicono che, alla luce di ciò che sta accadendo in Russia, stanno valutando la possibilità di sostituire il gas russo con un ritorno al carbone. La possibilità di sostituire il gas russo con altro gas, invece del carbone, ha un impatto ambientale positivo”.

La Russia fornisce all’Europa circa il 40% del suo fabbisogno annuale di gas naturale, più di 150 miliardi di metri cubi. Israele non può certo prendere completamente il posto della Russia, ma gli stati del Mediterraneo orientale possono fornire circa 20 miliardi di metri cubi all’anno, la maggior parte dei quali proverrebbe da Israele.

(Da: Jerusalem Post, Israel HaYom, 22.5.22)