Come una “foto” di duemila anni fa: Israele regala all’Unesco un documento per non dimenticare la storia

Paradossalmente quello che era un simbolo di sconfitta e umiliazione serve oggi da conferma dei legami storici fra ebrei e Monte del Tempio di Gerusalemme

La replica del rilievo dell’Arco di Tito donata da Israele all’Unesco

Israele ha donato all’Unesco (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’istruzione, la scienza e la cultura) la replica di una sezione particolarmente significativa dei rilievi dell’Arco di Tito, che ricorda la distruzione del Secondo Tempio ebraico nel I sec. e.v. a Gerusalemme.

La replica, creata dalla Israel Antiquities Authority in accordo con le competenti autorità italiane, è una copia esatta di una parte dei rilievi del pannello sul lato sud del fornice dell’Arco che sorge nel Foro Romano, sulle pendici settentrionali del Colle Palatino. Sulla parete interna dell’Arco è infatti rappresenta la processione trionfale dei soldati romani di ritorno dalla Giudea dopo aver represso la rivolta ebraica scoppiata nel 66 e.v. e aver distrutto il Secondo Tempio ebraico di Gerusalemme nell’anno 70. Esiliato il popolo ebraico, i romani portarono a Roma in trionfo la Menorà, il candelabro a sette braccia depredato dal Tempio, insieme ad altri preziosi oggetti rituali. Ed è appunto il candelabro del Tempio quello che compare nella riproduzione dell’Arco di Tito.

L’idea di farne omaggio all’Unesco venne avanzata dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dopo l’approvazione da parte dell’Unesco, l’anno scorso, di una risoluzione che misconosce i legami storici fra ebraismo, Monte del Tempio e Muro Occidentale (detto “del pianto”).

Il rappresentante d’Israele all’Unesco Carmel Shama-Hacohen con la Direttrice Generale dell’agenzia, Irina Bokova

Israele auspica che la replica del pannello dall’Arco di Tito, che verrà messa in mostra presso la sede di Parigi dell’Unesco, serva da promemoria del fatto che il Secondo Tempio ebraico è effettivamente esistito sul Monte del Tempio di Gerusalemme, una realtà storica che viene impudentemente negata da molti stati arabi e dalla propaganda palestinese.

Carmel Shama-Hacohen, rappresentante di Israele all’Unesco, ha consegnato il regalo alla Direttrice Generale dell’agenzia, Irina Bokova, nel corso di una cerimonia che si è tenuta lo scorso 26 settembre nella sede Unesco di Parigi. Alla cerimonia hanno preso parte anche il presidente del Consiglio direttivo dell’Unesco, Michael Worbs, nonché i rappresentanti di Francia, Italia, Spagna, Paesi Bassi e altri paesi.

“L’Arco di Tito – ha detto Shama-Hacohen – non venne costruito dagli ebrei o su indicazione degli ebrei. Tutt’altro. E non è nemmeno il risultato di un voto politico egemonizzato da moderne dittature [come la risoluzione dell’Unesco]. Fu invece una raffigurazione fatta in tempo reale dai romani, circa 2.000 anni fa, per gloriarsi della vittoria e svilire il popolo ebraico costretto all’esilio. Da allora, l’Arco di Tito è stato visto dagli ebrei come un simbolo di rovina e umiliazione. E’ quindi per un vero paradosso del destino, e per l’assurdità votata dall’Unesco, che proprio quel simbolo serva oggi a documentare e confermare la posizione di Israele e degli ebrei circa i loro speciali legami storici con il Monte del Tempio, con il Muro Occidentale e con la città di Gerusalemme in generale”.

L’arco di Tito a Roma, sullo sfondo del Colosseo

Parlando a poche ore di distanza dall’attentato terroristico di Har Adar, presso Gerusalemme, costato la vita a tre israeliani, Shama-Hacohen ha sottolineato che risoluzioni false e incendiarie come quella dell’Unesco “mettono a rischio vite umane”. L’ambasciatore israeliano ha poi calorosamente ringraziato la Direttrice Irina Bokova che già a suo tempo si era personalmente espressa contro la decisione anti-ebraica dell’Unesco, attirandosi le ire della lobby araba nell’organizzazione.

Dal canto suo, la Direttrice Bokova ha detto che l’Arco di Tito illustra vividamente un tragico evento della storia impresso negli annali del popolo ebraico, e serve da inequivocabile testimonianza della plurimillenaria connessione tra il popolo ebraico e Gerusalemme. “La conoscenza dei fatti – ha concluso Bokova – è cruciale per la lotta contro qualsiasi forma di pregiudizio, odio, xenofobia, razzismo e antisemitismo, specialmente quando questi vengono coltivati su un terreno di ignoranza chiudendo gli occhi davanti alla storia”.

(Da: Ynet News, 27.9.17)