Condannati gli ufficiali della Karine A

La nave venne sequestrata nel gennaio 2002 mentre trasportava un enorme carico di armi verso Gaza.

image_409Condannato lunedì da una corte israeliana a 25 anni di detenzione il capitano della nave cargo Karine A, e due altri ufficiali a 17 anni ciascuno, per complicità nel tentativo di introdurre clandestinamente un grande quantitativo di armi e munizioni da guerra di origine iraniana destinate ad alimentare attività militari e terroristiche anti-israeliane dell’Autorità Palestinese nella striscia di Gaza.
Il capitano Omar Mohammed Hassan Akawi,47 anni, originario di Gaza, e i suoi due complici Riad Salah Mustafa Abdullah e Ahmed Mahmud Abed al-Khadi Khiris,entrambi 39enni giordani, figuravano fra gli imputati arrestati da un commando della marina israeliana il 3 gennaio 2002. All’alba di quel giorno il commando aveva intercettato la nave cargo presso la punta meridionale della penisola arabica, in un’area del Mar Rosso delimitata da Yemen, Arabia Saudita e Sudan.
E’ probabile che i tre inoltrino ricorso contro la sentenza. Le accuse contro un quarto imputato sono cadute dopo che questi è stato scarcerato, poco meno di un anno fa, nel quadro di uno scambio “ostaggi israeliani contro detenuti arabi” imposto da Hezbollah.
Secondo l’accusa, Akawi, Abdullah e Khiris sono anche coinvolti nel precedente tentativo di traffico illegale d’armi compiuto con la nave libanese Santorini, intercettata dalle forze navali israeliane il 7 maggio 2001 fuori delle acque territoriali, al largo della costa fra Tel Aviv e Haifa. A bordo della Santorini le forze di sicurezza trovarono una vasto assortimento di armi inviate dal Fronte Popolare palestinese, anch’esse destinate ai palestinesi della striscia di Gaza. Il carico comprendeva missili anti-aerei da spalla tipo SA-7 Strella, razzi RPG, mortai, mine, e numerose armi automatiche.
I particolari contenuti nella sentenza rivelano un’ampia rete ben oliata che mandava gli imputati in Turchia, Cipro, Siria, Egitto, Dubai e Sudan a raccogliere i finanziamenti necessari per acquistare le navi e riempirne i container con grosse quantità di armi fornite dall’Iran.
Nel 1991 Akawi ordinò a Khiris di seguire un corso di immersione a Tripoli. Tre anni dopo Khiris entrò nella striscia di Gaza dove prestò servizio nelle forze navali dell’Autorità Palestinese. Verso la fine del 2000 gli venne chiesto di fornire i nomi di altri due giordani esperti sommozzatori. Dopo di che viaggiò in Turchia, Libano, Egitto, Giordania e Siria dove incontrò vari operativi, ricevendo istruzioni e fondi. Due mesi dopo gli venne ordinato di recarsi a Tripoli dove soggiornò nella tenuta di proprietà di un alto comandante del Fronte Popolare. Lì gli vennero mostrati dei contenitori di plastica che egli successivamente si occupò di riempire di armi da contrabbandare per nave.
Nel marzo dello stesso anno venne ordinato ad Abdullah di ispezionare un battello a Cipro che doveva servire per fare arrivare armi all’Autorità Palestinese. Insoddisfatto per le condizioni del battello, Abdullah fece ritorno ad Alessandria d’Egitto dove soggiornò con Akawi. Questi venne poi incaricato di ispezionare un altro battello chiamato Amira Sara, successivamente acquistato per la somma di 114.000 sterline egiziane. Un ulteriore battello acquistato dalla rete di trafficanti venne invece sequestrato dalle autorità libanesi.
In seguito venne acquistata in Siria la Santorini per una somma di $ 37.000.000, e inviata al porto di Beirut, dove venne caricata con armi e inviata verso un punto stabilito per ricevere altro carico in alto mare, dove tuttavia l’appuntamento con luna seconda nave non avvenne. Il giorno successivo venne intercettata.
Durante il 2001 gli imputati continuarono a cercare battelli per far arrivare armi ai palestinesi. Le ricerche li portarono in Libano, Siria, Iran, Dubai, Egitto e Sudan. Fu durante questo periodo che venne acquista in Libano la nave cargo Karine A, che venne mandata in Sudan dove gli imputati, insieme con altri membri dell’equipaggio, salirono a bordo e salparono per lo Yemen con un carico di 20 tonnellate di armi e sacchi di semi di sesamo.
Nel novembre 2001 i tre si incontrarono a bordo della Karine A e due settimane dopo salparono alla volta del Dubai dove restarono per alcuni giorni durante i quali alcuni di loro incontrarono altri personaggi coinvolti nel traffico d’armi. Successivamente vennero informati che in un certo punto del Mar Rosso, probabilmente nei pressi dell’isola di Qeshm del Golfo Persico, avrebbero incontrato tre battelli carichi di armi: la Amira Sarah, la Nasser e una terza nave acquistata in Siria. Lì le armi vennero caricate sulla Karine A, che successivamente fece ritorno nello Yemen per riparazioni. Poi salpò verso il Canale di Suez, sulla via per Gaza, ma venne intercettata dal commando navale israeliano che ne prese possesso senza colpo ferire, nel corso di un’operazione denominata in codice Arca di Noé.
Il vascello veniva seguito dall’intelligence della marina israeliana sin da quando era stato acquistato dall’Autorità Palestinese. Una serie di elementi avevano portato alla convinzione, rivelatasi accurata, che fosse in corso un invio di armi di contrabbando. Il carico comprendeva razzi Katyusha a gittata breve e lunga (fino a 80 km), razzi anti-carro tipo Sagger e LAW, missili anti-aereo da spalla, mortai da 122 mm, mine, grandi quantità di esplosivo, fucili di precisione, munizioni e molte altre armi. Si trattava di un arsenale le cui dimensioni vennero descritte come cinquanta volte più grandi di quello trovato a bordo della Santorini.
Israele aveva accusato di aver organizzato il traffico il leader palestinese Yasser Arafat che in un primo tempo aveva negato salvo poi ammettere, in una successiva lettera al segretario di stato americano Colin Powell, la propria
responsabilita’. L’iniziale tentativo di Arafat di mentire agli americani, pur di fronte a prove schiaccianti presentate da Israele, fu uno dei fattori che contribuì maggiormente alla rottura fra l’attuale amministrazione di Washington e l’attuale dirigenza dell’Autorità Palestinese.

(Da: Jerusalem Post, Reuters, 18.10.04)

Nella foto in alto: la Karine A e una parte dei missili e mortai destiati all’Autorità Palestinese sequestrati da Israele e mostrati il 6 gennaio 2002 nel porto di Eilat.

Scriveva il NES nel febbraio 2002:
[…] Appare dunque evidente il tentativo iraniano di aprire un altro fronte contro Israele, dopo quello libanese e quello incendiato dalla “seconda intifada” nei territori palestinesi. Qui Teheran non sembra più accontentarsi della storica alleanza con i fondamentalisti palestinesi da sempre ferocemente ostili a qualunque compromesso con Israele. A quasi un anno e mezzo dall’inizio della “miniguerra” palestinese, l’Iran sembra disposto a dimenticare il “tradimento” consumato quasi dieci anni fa a Oslo della leadership dell’Olp. E’ in questo snodo che si inserisce la vicenda della nave Karine-A con decine di tonnellate armi da guerra iraniane vendute all’Autorità Palestinese. Ed e’ solo in questo contesto che si puo’ capire la furibonda reazione degli americani per una vicenda che in Europa, invece, e’ stata archiviata troppo rapidamente. Certo, la vicenda ha svelato la propensione di Arafat al doppio gioco e all’uso della violenza. “Ma per gli Stati Uniti – ha scritto Charles Krauthammer sul Washington Post (8.02) – non si tratta solo di una questione di violenze locali. Si puo’ anche tollerare un uomo che i negoziatori americani in privato definiscono bugiardo e terrorista, fintanto che le conseguenze delle sue bugie e del suo terrorismo sono limitate a livello locale, in un luogo abbastanza remoto: un problema per gli Stati Uniti, ma non una minaccia strategica. Ma ciò che ha svelato la vicenda della Karine-A e’ ben altro: sono i rapporti di collaborazione militare sviluppati dall’Autorità Palestinese con un paese come l’Iran, che il Dipartimento di stato definisce una delle peggiori fonti di terrorismo internazionale. Ecco dunque – continua Krauthammer – quali sono i frutti del processo di Oslo: non la pace, non uno stato palestinese smilitarizzato a fianco di Israele, bensì la nascita di uno staterello cliente dell’Iran, un nuovo candidato al club dell’asse del male, ben rifornito di armi, terrorista, violentemente anti-americano, impiantato nel cuore stesso del Medio Oriente, capace di destabilizzare non solo Israele ma anche Giordania, Arabia Saudita ed Egitto. Questo e’ quello che gli Stati Uniti non possono accettare”. […]