Conferito a Netanyahu l’incarico di formare una coalizione di governo, nonostante le scarse possibilità di successo

La riluttante scelta del presidente Rivlin, nelle sue stesse parole

Il presidente Reuven Rivlin mentre annuncia martedì il conferimento dell’incarico a Benjamin Netanyahu

Queste le parole con cui il presidente d’Israele Reuven Rivlin ha annunciato martedì d’aver conferito a Benjamin Netanyahu l’incarico di formare il prossimo governo:

«Sono stato eletto presidente dello Stato d’Israele dalla maggioranza dei membri della 19esima Knesset. Da allora, nell’arco di sette anni vi sono state altre cinque elezioni della Knesset, quattro delle quali in meno di due anni.

Non immaginavo e non mi aspettavo che, una dopo l’altra, per cinque volte mi sarei trovato di fronte al difficile compito di decidere a chi affidare l’incarico di formare un governo. E preferirei che l’ufficio della Presidenza non fosse così direttamente coinvolto nel sistema politico. Ma questo è il mio ruolo e come parte di questo ruolo mi assumo questo compito. La legge fondamentale “Il Governo” mi obbliga, nella mia qualità di presidente dello Stato d’Israele, ad affidare l’incarico di formare un governo a un parlamentare della Knesset che accetti di farlo.

La democrazia israeliana è interamente basata sulla volontà dell’elettore. Il ruolo del presidente nel selezionare un candidato a cui affidare la formazione del governo è principalmente quello di dare espressione alla volontà dell’elettore. Pertanto, come ho detto più volte nelle precedenti campagne elettorali e ancora nei giorni scorsi, la considerazione principale che i presidenti israeliani devono tenere a mente quando decidono a chi affidare l’incarico è quale candidato abbia le migliori possibilità di formare un governo che ottenga la fiducia della nuova Knesset.

Cittadini israeliani al voto lo scorso 23 marzo

I risultati delle consultazioni, che sono state visibili a tutti [in diretta streaming], mi hanno portato a credere che nessun candidato ha una realistica possibilità di formare un governo che abbia la fiducia della Knesset. In effetti, se la legge me lo permettesse rimanderei la decisione ai rappresentanti del popolo, alla Knesset. Ma come ho detto, in base alla legge non posso farlo. Nella situazione in cui ci troviamo oggi, la legge mi obbliga ad affidare a uno dei candidati la formazione del governo. Dopo le consultazioni con i rappresentanti di tutte le formazioni presenti nella Knesset, è emerso il seguente quadro: 52 parlamentari mi hanno chiesto di affidare l’incarico di formare il governo al parlamentare Benjamin Netanyahu; 45 parlamentari mi hanno chiesto di affidare l’incarico al parlamentare Yair Lapid; 7 parlamentari mi hanno chiesto di affidarlo al parlamentare Naftali Bennett. Altri 16 parlamentari non mi hanno raccomandato nessun nome.

So bene che l’opinione di molti è che il presidente non dovrebbe conferire l’incarico a un candidato che è sotto processo per reati penali, ma secondo la legge e le sentenze dei tribunali, un primo ministro può continuare a rivestire la carica anche quando si sta difendendo in tribunale. Inoltre, la questione se attribuire la carica a un candidato che si sta difendendo da accuse penali è stata oggetto di un’acuta divergenza pubblica e politica nelle recenti campagne elettorali. Per questo motivo, ho ritenuto che il presidente dovesse evitare di decidere in base a tale considerazione per un senso di responsabilità nei confronti dell’istituzione della Presidenza e per la fiducia di cui essa gode da parte di tutte le componenti della popolazione. Il presidente dello Stato d’Israele non è un surrogato del legislatore o della magistratura. È compito della Knesset decidere sulla questione etica e sostanziale dell’idoneità di un candidato che deve difendersi da accuse penali a ricoprire la carica di primo ministro.

Dato questo stato di cose, non essendoci una maggioranza di 61 membri della Knesset a sostegno di un particolare candidato, e in mancanza di ulteriori considerazioni che indichino le chance di un candidato di formare un governo, sono giunto alla mia decisione in base al numero di raccomandazioni [espresse nelle consultazioni] che indicano che il parlamentare Benjamin Netanyahu ha una probabilità leggermente maggiore di formare il governo. Di conseguenza, ho deciso di affidargli l’incarico.

Non è una decisione facile sul piano morale ed etico, dal mio punto di vista. Come ho detto, lo Stato d’Israele non va dato per scontato. Ho timore per il mio paese. Ma sto facendo ciò che mi è richiesto come presidente dello Stato d’Israele, secondo la legge e la sentenza della Corte [Suprema], attuando la volontà del popolo sovrano d’Israele.»

(Da: Times of Israel, 6.4.21)

Il primo ministro uscente e primo ministro incaricato Benjamin Netanyahu

Netanyahu ha ora 28 giorni di tempo (più eventuale proroga di due settimane da chiedere al presidente) per cercare di mettere insieme una coalizione che ottenga la maggioranza di 61 membri della Knesset, un sfida difficile dato che al momento può contare sul sostegno esplicito solo di 52 parlamentari.

Netanyahu è stato infatti indicato da 52 parlamentari (30 del Likud, 9 di Shas, 7 di Ebraismo Unito della Torà e 6 di Sionismo Religioso), mentre Yair Lapid è stato indicato da 45 parlamentari (17 di Yesh Atid, 8 di Blu-Bianco, 7 di Yisrael Beytenu, 7 Laburisti e 6 del Meretz). Naftali Bennett è stato indicato dai 7 parlamentari del suo partito Yamina. I tre partiti che non hanno formulato alcuna indicazione sono Nuova Speranza di Gideon Sa’ar (6 seggi), la Lista (araba) Congiunta (6 seggi) e il partito islamista Ra’am (4 seggi).

Né il blocco pro né quello anti-Netanyahu può dire di disporre di una chiara maggioranza. Naftali Bennett (Yamina) e Mansour Abbas (Ra’am) non si sono impegnati verso nessuno dei due blocchi, posizionandosi come potenziali ago della bilancia. Tuttavia il partito Sionismo Religioso, alleato di estrema destra di Netanyahu, ha garantito che non entrerà in una coalizione che facesse affidamento sul sostegno, anche dall’esterno, di partiti arabo-israeliani che definisce contrari all’esistenza dello stato ebraico e fiancheggiatori del terrorismo palestinese. Secondo Gil Hoffman del Jerusalem Post, la decisione di Yamina e di Nuova Speranza di non indicare Lapid aveva proprio lo scopo di lasciare che Netanyahu ricevesse il primo mandato per poi lascialo fallire e aprire la strada a Bennett.

Dal canto suo, il blocco anti-Netanyahu è ostacolato da controversie su chi lo dovrebbe guidare. Lapid ha dichiarato lunedì d’aver offerto al leader di Yamina, Naftali Bennett, di ricoprire per primo la carica di premier in un governo che vedrebbe al timone i due leader a rotazione, ma sta di fatto che le due parti non hanno raggiunto un accordo in tempo per presentarlo alle consultazioni di lunedì con Rivlin.

(Da: Times of Israel, Jerusalem Post, YnetNews, 6.4.21)

Il primo ministro Benjamin Netanyahu (a destra) e il ministro della difesa Benny Gantz si voltano le spalle durante la seduta di insediamento della 24a Knesset

Intervenendo martedì pomeriggio all’insediamento e giuramento della 24esima Knesset, il presidente Reuven Rivlin ha esortato i politici israeliani a mostrare doti di leadership, superare le divisioni ideologiche e dare agli israeliani un governo stabile dopo oltre due anni di impasse. “Oggi sono qui, davanti a un parlamento che si è sciolto quattro volte in meno di due anni – ha affermato Rivlin – Un parlamento che ha ripetutamene abdicato al diritto di esprimere la fiducia al governo. I disaccordi che dividono la nostra società esprimono differenze autentiche. In molti casi sono questioni di principio. Ma vi sono momenti in cui siamo tenuti a risolvere discordie anche laceranti, dure e dolorose. Gli scranni su cui siete seduti, onorevoli parlamentari, sono rari e preziosi. Il potere che avete, nei pulsanti di voto di fronte a voi, è enorme. Il popolo israeliano vi guarda e si aspetta che ognuno di voi mostri leadership. Il tipo di leadership che questo momento richiede. Una leadership fedele alle persone e ai loro valori, ma che sappia anche fissare limiti e indicare la via. Una leadership fiduciosa nel proprio mandato, ma che sappia vedere i rivali ideologici non come nemici, bensì come potenziali partner. Una leadership che, in un’atmosfera di divisioni tribali, sappia come lasciarsi alle spalle il separatismo e lo scontro, che possono essere appropriati  durante la campagna elettorale ma sono distruttivi quando si tratta di costruire un paese e guidare un popolo. Una leadership fatta di collaborazione e rispetto. Questa è la leadership di cui il popolo israeliano ha bisogno ora – ha concluso Rivlin – e non è qualcosa che ci si aspetta solo dal parlamentare incaricato di formare il governo o dal nuovo presidente che eleggerete, ma da ciascuno di voi come rappresentanti e guide del popolo. Se non saremo capaci di trovare un nuovo modello di partnership che ci consenta di vivere insieme nel rispetto reciproco e nell’impegno genuino condiviso l’uno per l’altro, la nostra resilienza nazionale sarà in serio pericolo”.
(Da: Times of Israel, 6.4.21)