Continua la guerra politica dell’Europa contro Israele

Non è per promuovere la pace che l’UE conduce una battaglia politica per delegittimare Israele a livello internazionale e per sovvertirne il governo democraticamente eletto

Di Caroline B. Glick

Caroline B. Glick, autrice di questo articolo

L’Europa è l’epicentro della guerra politica contro Israele. L’Europa combatte Israele nelle piazze d’Europa. L’Europa combatte Israele nei corridoi del potere a Bruxelles, in varie capitali dell’Europa occidentale e alle Nazioni Unite. L’Europa combatte Israele dentro Israele stesso.

La guerra dell’Europa contro Israele è una campagna passiva-aggressiva, combattuta e negata simultaneamente. Ma negli ultimi anni la maschera è caduta più e più volte. Nei giorni trascorsi dopo il sensazionale annuncio del presidente americano Donald Trump che gli Stati Uniti riconoscono che Gerusalemme è la capitale di Israele e che intendono avviare provvedimenti concreti per spostarvi la loro ambasciata, la guerra dell’Europa contro Israele è nuovamente diventata qualcosa che non si può negare né ignorare. La reazione dell’Europa all’annuncio di Trump è stata più estrema, veemente ed esplicita della reazione dello stesso mondo arabo.

L’Autorità Palestinese, finanziata dall’Unione Europea, ha reagito alla mossa di Trump spronando i suoi sudditi alla rivolta e ad attaccare gli israeliani. Domenica scorsa Yassin Abu el-Qura ha dato ascolto all’appello. Qura ha pugnalato al cuore Asher Elmalich, ferendolo in modo molto grave. Elmalich, agente di guardia alla stazione centrale degli autobus di Gerusalemme, ha probabilmente impedito col suo corpo un attentato ancora più grave. Secondo l’emittente Canale Due, Qura appartiene a un’eminente famiglia affiliata a Fatah e strettamente legata all’Autorità Palestinese e alle sue forze di sicurezza, addestrate e finanziate dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Suo padre è il comandante di una delle forze di sicurezza a Salfit, in Samaria; due suoi fratelli sono agenti di sicurezza dell’Autorità Palestinese. Nelle stesse ore in cui Qura pugnalava Elmalich mettendone a rischio la vita, il governo britannico annunciava che avrebbe elargito all’Autorità Palestinese un finanziamento supplementare di 20 milioni di sterline.

L’attentato di Qura è particolarmente degno di nota perché ha avuto luogo sullo sfondo di una partecipazione popolare assai scarsa alle proteste sobillate dall’Autorità Palestinese. Come ha sottolineato in un tweet di domenica scorsa l’ex mediatore americano in Medio Oriente Aaron David Miller, la scarsa partecipazione a queste manifestazioni, così come la scarsa partecipazione alle manifestazioni anti-Usa e anti-Israele nel mondo arabo in generale, “indica quanto è cambiata la regione e la perdita di centralità della questione palestinese. La piazza palestinese è esausta, la piazza araba è scomparsa”.

Polizia israeliana sul luogo dell’attentato all’arma bianca alla stazione centrale degli autobus di Gerusalemme

Tuttavia, mentre la piazza araba rimaneva perlopiù indifferente alla dichiarazione di Trump, la piazza europea impazziva. Migliaia di manifestanti si sono radunati a Londra e a Parigi, a Berlino e a Stoccolma, hanno bruciato bandiere israeliane e hanno gridato slogan per l’annientamento di Israele e l’assassinio di ebrei. Le aggressioni fisiche contro gli ebrei sono state parte integrante dei tumulti anti-Trump in Europa. La sera di sabato scorso un gruppo di una ventina di agitatori ha incendiato una sinagoga a Göteborg, in Svezia, dove bambini ebrei stavano partecipando a una festa. Venerdì scorso un uomo con tanto di kefiah ha attaccato a colpi di mazza un ristorante ebraico ad Amsterdam urlando “Allahu akbar”. Inizialmente i rappresentanti europei si sono rifiutati di definire questi atti come crimini dettati dall’odio anti-ebraico. Ai loro occhi, gli attacchi contro ebrei in nome dell’odio contro Israele erano perfettamente giustificati. (Solo dopo un duro comunicato di sabato scorso del primo ministro israeliano, la rappresentante esteri dell’UE Federica Mogherini ha ritenuto, lunedì, di “condannare gli attacchi agli ebrei, in qualsiasi parte del mondo, incluso in Europa e in Israele, e verso cittadini israeliani”).

E’ un vecchio vizio. Come riportato da Benjamin Weinthal sul Jerusalem Post lo scorso gennaio, un tribunale regionale tedesco ha ritenuto che i responsabili di un attentato del 2014 con bombe incendiarie contro una sinagoga di Wuppertal non avevano commesso un crimine di odio anti-ebraico. La corte ha invece stabilito che gli arabi tedeschi autori dell’attentato avevano incendiato la sinagoga a causa della loro legittima preoccupazione per le operazioni militari israeliane di quell’estate contro i terroristi di Hamas nella striscia di Gaza. Hanno tutti ricevuto condanne sospese con la condizionale.

Mentre esitavano a condannare gli attacchi antisemiti lanciati in nome del rifiuto d’Israele, i leader europei non perdevano un minuto a condannare Trump per aver riconosciuto il diritto d’Israele alla sua capitale. Tutti quelli che contano, dall’Alto commissario UE per gli affari esteri Federica Mogherini al presidente francese Emmanuel Macron, al primo ministro britannico Theresa May, al cancelliere tedesco Angela Merkel, hanno stroncato Trump per aver preso atto della realtà, insistendo che in questo modo “mette in pericolo” le prospettive di pace e rischia di gettare la regione in “tempi ancora più bui”.

La polizia davanti alla sinagoga di Gothenburg (Svezia) colpita da un attacco incendiario lo scorso 9 dicembre

Poi ci sono le campagne anti-Israele che l’Unione Europea e i suoi stati membri conducono contro Israele dentro Israele. All’indomani della dichiarazione di Trump su Gerusalemme, cittadini arabi israeliani hanno inscenato violenti scontri nella zona di Wadi Ara, provocando la chiusura della statale 65 che collega Tiberiade al centro di Israele. Sabato sera una ragazza israeliana è stata ricoverata dopo essere stata colpita dai sassi lanciati contro l’autobus su cui viaggiava. Un fotografo di Yediot Aharonot impegnato a documentare i disordini è stato aggredito da una folla di facinorosi, si è salvato per un pelo dal linciaggio e la sua moto è stata distrutta. Negli ultimi anni l’Unione Europea ha investito decine di milioni di dollari nel radicalizzare la comunità araba israeliana. Organizzazioni come Adalah, Baldana, Massowa, Zohrot e Negev Coexistence Forum hanno indottrinato, istigato e pagato arabi israeliani spingendoli ad abbandonare la loro identità israeliana, a considerarsi palestinesi e a rifiutare il diritto d’Israele ad esistere. I sondaggi mostrano che una grande e crescente maggioranza di arabi israeliani desidera integrarsi nella più ampia società israeliana. Eppure, con finanziamenti praticamente illimitati da parte dei governi europei, forze estremiste e irredentiste all’interno della comunità araba israeliana riescono quasi sempre a zittire con l’intimidazione i loro oppositori e a fomentare il rifiuto di Israele.

Ad una recente manifestazione anti-governativa a Tel Aviv è comparso un gigantesco cartello luminoso che inneggiava al movimento “BDS” (per il boicottaggio di Israele). Tra i manifestanti vi erano estremisti israeliani che invocavano la distruzione di Israele, giurando che non avrebbero mai difeso il “sionismo”: posizioni che non hanno nulla a che fare con una legittima opposizione alle politiche del governo. Secondo un servizio investigativo pubblicato lunedì da Israel HaYom, fra i principali finanziatori e organizzatori della dimostrazione figurava One Voice, una ong registrata negli Stati Uniti che riceve sostegno finanziario dall’Unione Europea, dall’Organizzazione musulmana britannica e dagli Amici laburisti della Palestina. Analogamente, altri gruppi ricevono denaro da governi dell’Unione Europea e da ong finanziate da singoli governi. In altre parole, stando al rapporto, l’Unione Europea sta finanziando lautamente gruppi israeliani che operano apertamente per rovesciare il governo israeliano democraticamente eletto.

Domenica e lunedì scorsi Netanyahu è stato a Parigi e Bruxelles, dove ha parlato con i leader europei e ha chiamato in causa la loro ostilità nei confronti di Israele. Ha detto ai suoi ospiti europei che la loro opposizione al riconoscimento della realtà fatto da Trump su Gerusalemme è sostanzialmente indifendibile. Lungi dal nuocere alla causa della pace, il riconoscimento di Trump su Gerusalemme come capitale d’Israele lo favorisce. Dopotutto, nessuna pace realistica e sostenibile potrebbe basarsi sul rifiuto della realtà, ha sottolineato Netanyahu. Ma come hanno chiarito le tiepide risposte ricevute da Netanyahu, gli europei che aizzano l’ostilità contro Israele non hanno alcuna intenzione di permettere alla realtà di ostacolare la loro strada. Non è per promuovere la pace che stanno conducendo la loro guerra politica orientata a delegittimare Israele a livello internazionale, anche a spese delle rispettive comunità ebraiche locali, e a sovvertire il governo israeliano a livello nazionale. Lo fanno solo perché pensano (si illudono) che sia nel loro interesse dare addosso a Israele.

(Da: Jerusalem Post, 11.12.17)