Contraddizioni e doppiezze di Onu e UE sulla questione di Gerusalemme
La posizione di Nazioni Unite e Unione Europea sulle ambasciate nella capitale d’Israele fa a pugni con la logica e con la realtà
Di Neville Teller
Quando i politici dicono che su un certo tema la loro posizione è “chiara e netta” si può scommettere che è esattamente il contrario. Sia l’Onu che l’Unione Europea hanno recentemente rivendicato questa presunta chiarezza sulla questione di Gerusalemme, del suo status e del suo futuro. E infatti le posizioni di entrambe gli organismi sul tema sono chiare come una notte di nebbia. Di più, sebbene affermino di avere la stessa identica posizione, in realtà sono in contraddizione fra loro.
La rivendicazione di chiarezza a nome dell’Onu è stata fatta da Nickolay Mladenov, il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, durante una sessione del Consiglio di Sicurezza dedicata alla decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme. La posizione dell’Onu, ha dichiarato Mladenov, è chiarissima: “Gerusalemme è una questione relativa allo status finale per la quale deve essere raggiunta una soluzione completa, giusta e duratura attraverso negoziati tra le due parti e sulla base delle risoluzioni delle Nazioni Unite e degli accordi reciproci”. La formula è stata poi ripetuta più volte, di recente dal Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres nel febbraio 2020. In altre parole, l’Onu sostiene che lo status esatto di Gerusalemme nel diritto internazionale è ancora indeterminato. E tuttavia il Consiglio di Sicurezza, con la sua Risoluzione 2334 approvata nel 2016, ha stabilito che lo status di Gerusalemme è quello che del 4 giugno 1967, cioè del giorno prima dello scoppio della guerra dei sei giorni, tanto è vero che per ben tre volte fa riferimento ai “territori palestinesi, compresa Gerusalemme est”. Quindi la posizione “chiara” delle Nazioni Unite afferma che Gerusalemme est fa parte dei “territori palestinesi”, ma allo stesso tempo sostiene che Gerusalemme è una questione dello status finale ancora da determinare attraverso i negoziati. Non riconosce alcun cambiamento dei “confini” precedenti la guerra dei sei giorni, tranne per il fatto che non riconosce che in quel momento perlomeno Gerusalemme ovest faceva parte di Israele. Una posizione che sfida le leggi della logica.

Un tratto della “Linea Verde” a Gerusalemme negli anni dell’occupazione giordana della parte est della città. UE e Consiglio di Sicurezza propongono di tornare a quella situazione?
Anche l’Unione Europea sostiene che la sua posizione su Gerusalemme è chiarissima. Infatti lo scorso febbraio ha diffuso una dichiarazione introdotta dalle parole: “L’Unione Europea ha una posizione chiara e unitaria su Gerusalemme”. E qual è questa posizione? “L’Unione Europea rimane fermamente impegnata per la soluzione a due stati con Gerusalemme come capitale sia dello stato d’Israele che del futuro stato di Palestina”. E qui siamo al massimo grado di ambiguità possibile. Significa forse che l’Unione Europea crede in una capitale indivisa, condivisa e amministrata congiuntamente da Israele e dallo stato di Palestina non ancora istituito? O significa che sostiene una Gerusalemme divisa in due parti, con la parte ovest come capitale d’Israele e la parte est (e il suo hinterland a popolazione prevalentemente araba) come capitale della nuova Palestina sovrana? E che ne sarà dello status della Città Vecchia? Evidentemente l’Unione Europea su questo non ha niente da dire. Ma prima della guerra dei sei giorni la Città Vecchia era stata occupata dalla Giordania, che dal 1953 aveva varato un programma di “islamizzazione” proibendo ai cristiani il possesso o l’acquisto di terreni vicino ai luoghi santi e togliendo al controllo cristiano le istituzioni educative, mentre le truppe giordane profanavano le antiche sinagoghe e i luoghi santi ebraici compreso il più sacro di tutti, il Muro Occidentale. L’Unione Europea appoggia un ritorno a quella situazione?
L’Unione Europea ha condannato il riconoscimento da parte di Trump della città come capitale di Israele senza tener in alcun conto le parole di Trump, che disse: “Non stiamo prendendo posizione su nessuna questione dello status finale, inclusi i confini specifici della sovranità israeliana a Gerusalemme. Questi temi spettano alle parti coinvolte”. L’Unione Europea non ha tenuto in alcun conto anche ciò che Trump ha detto alla presentazione del suo piano di pace: e cioè che prevede una capitale palestinese a Gerusalemme est che si chiamerà Al Quds, dove gli Stati Uniti “saranno onorati” di aprire la loro ambasciata.

Veduta aerea della Knesset, il parlamento israeliano. Tutte le istituzioni statali della capitale d’Israele si trovano da sempre a Gerusalemme ovest
Dato che la posizione dell’Unione Europea su Gerusalemme è così ambigua e oscura, essa non può tollerare l’idea che vi si trovi un’ambasciata: nemmeno a Gerusalemme ovest, perché l’Unione Europea non riesce a capacitarsi che nemmeno la parte ovest della città si trovi all’interno dello stato sovrano d’Israele. Questo è il motivo per cui l’Unione Europea ha espresso “seria preoccupazione e rammarico” quando Serbia e Kosovo hanno annunciato, lo scorso 4 settembre, che intendono localizzare a Gerusalemme le loro ambasciate presso Israele. Tre giorni dopo quell’annuncio, il rappresentante dell’Unione Europea lo ha ufficialmente contestato facendo intendere che l’allontanamento dalla “posizione comune” dell’Unione Europea su Gerusalemme avrebbe potuto compromettere le candidature di Serbia e Kosovo per diventare membri dell’UE.
La ong European Leadership Network (ELNET) ha espresso profonda preoccupazione per questa posizione dell’Unione Europea, dicendosi “fermamente convinta che sia giunto il momento che l’Unione Europa aggiorni la sua posizione su Gerusalemme e riconosca la sovranità israeliana su Gerusalemme ovest. Opporsi ad ambasciate europee in qualsiasi parte di Gerusalemme è completamente fuori dalla realtà. Gerusalemme è la capitale di Israele sin dalla nascita dello stato d’Israele”. La dichiarazione ELNET esorta l’Unione Europea ad abbandonare “le clausole Onu del tutto anacronistiche”. Il riferimento è alla risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1947, che diceva: “La città di Gerusalemme sarà istituita come un corpus separatum sotto un regime internazionale speciale e sarà amministrata dalle Nazioni Unite”. Sorprendentemente questa risoluzione non è mai stata revocata, ma è indubitabilmente morta e sepolta. Non è mai stata riproposta da nessuna delle parti negli innumerevoli tentativi di risolvere il contenzioso israelo-palestinese. Eppure, del tutto incongruamente, l’Onu nel suo insieme, così come l’Unione Europa, resta formalmente aggrappato al concetto di una Gerusalemme internazionalizzata e amministrata dall’Onu, fingendo di non vedere che intanto il suo Consiglio di Sicurezza promuove l’obiettivo, incompatibile con quel concetto, di “un vitale stato di Palestina in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme est”.
La chiarezza è l’ultima qualità che Onu e Unione Europea possono legittimamente attribuire alle loro posizioni su Gerusalemme, e la loro condanna di qualsiasi paese che collochi la propria ambasciata a Gerusalemme ovest non ha nessun fondamento logico. Vi sono stati arabi che stanno facendo la fila per normalizzare le loro relazioni con Israele. Sarebbe ora che sia l’Onu che l’Unione Europea riconsiderassero da cima a fondo le loro posizioni su Gerusalemme.
(Da: Jerusalem Post, 29.9.20)