Cronologia della guerra dei sei giorni

“L’aggressore è colui che rende la guerra inevitabile” (Hippolyte Taine)

image_1726“L’aggressore è colui che rende la guerra inevitabile” (Hippolyte Taine)

14 maggio 1967 – L’Egitto dichiara lo stato d’allerta e mobilita le forze armate nella zona del Canale di Suez.

15 maggio – Forze egiziane continuano ad affluire nel Sinai.

16 maggio – L’Egitto muove le forze armate più a est, attraverso il deserto del Sinai, verso il confine israeliano. Il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser chiede il ritiro delle Forze d’Emergenza Onu (UNEF), schierate nel 1957 a garanzia del ritiro israeliano dopo la crisi di Suez.

19 maggio – A seguito della richiesta dell’Egitto, i 3.500 caschi blu dell’Onu vengono rapidamente ritirati dalla penisola del Sinai e dalla striscia di Gaza. Radio Cairo annuncia: “Arabi, questa è la nostra occasione per infliggere a Israele un colpo mortale, annientarlo, cancellarne la presenza dalla terra santa”.

20 maggio – L’Egitto schiera più di 100.000 soldati a ridosso del confine sud-occidentale di Israele. Israele ordina la mobilitazione parziale delle riserve.

22 maggio – L’Egitto chiude gli stretti di Tiran (Sharm el-Sheikh) alla navigazione israeliana. È il casus belli che aveva già scatenato la guerra del 1956, dopo la quale l’Onu e 17 potenze marinare avevano garantito a Israele che il suo vitale diritto di transito nel Golfo di Aqaba sarebbe stato fatto rispettare. Sul piano del diritto internazionale, il blocco degli stretti è l’atto di aggressione che segna l’inizio della guerra del ‘67.

23 maggio – Il primo ministro israeliano Levi Eshkol avverte Nasser della gravità del suo gesto. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si aggiorna senza essere riuscito a concordare nessuna azione per fermare l’escalation.

24 maggio – Su richiesta dell’Egitto, Giordania, Iraq, Arabia Saudita, Siria e Libano concentrano le loro forze armate (in tutto più di 540.000 soldati) ai confini d’Israele. Leader e mass-media arabi annunciano una guerra di sterminio per “buttare a mare gli ebrei”. Israele ordina la mobilitazione completa di tutti riservisti (260.000 soldati su meno di tre milioni di abitanti) e avvia una campagna diplomatica per porre fine al blocco navale egiziano. Il primo ministro Eshkol dichiara: “Agli stati arabi, compresi Egitto e Siria, voglio dire che noi non cerchiamo la guerra, non vogliamo attaccare. Lo abbiamo ripetuto infinite volte: non intendiamo colpire né la sicurezza, né il territorio, né i diritti dei vostri paesi”.

27 maggio – Il presidente Nasser dichiara: “Il nostro obiettivo di fondo sarà la distruzione di Israele. Il popolo arabo vuole combattere. Il significato del blocco di Sharm el-Sheikh è quello di uno scontro con Israele: avendo adottato quella misura siamo obbligati a prepararci ad una guerra generale con Israele”.

30 maggio – Egitto, Siria e Giordania firmano un patto militare di difesa comune. La Giordania mette le proprie forze armate sotto il comando egiziano. Radio Cairo proclama: “Con il blocco del Golfo di Aqaba, a Israele restano solo due possibilità: essere strangolato a morte dal blocco militare ed economico arabo oppure entrare in guerra ed essere distrutto dal fuoco delle forze arabe da sud, da est e da nord”.

31 maggio – Il presidente iracheno Abdel Rahman Aref dichiara: “L’esistenza di Israele è un errore che deve essere rettificato. Questa è l’occasione che abbiamo per cancellare questa ignominia che ci accompagna sin dal 1948. Il nostro obiettivo è chiaro: cancellare Israele dalla carta geografica”.

1 giugno – In Israele viene varato un governo di unità nazionale. Moshe Dayan è ministro della difesa. Il presidente dell’Olp Ahmed Shukairy dichiara: “O noi o gli israeliani, non ci sono vie di mezzo. Gli ebrei di Palestina dovranno andarsene. Agevoleremo la loro partenza dalle loro case. Chi sopravviverà dell’antica popolazione ebraica di Palestina potrà restare, ma ho l’impressione che nessuno di essi sopravviverà”.

5 giugno – Le forze aeree israeliane lanciano un attacco a sorpresa distruggendo a terra l’85% della forza aerea egiziana. A est la Giordania, nonostante la richiesta di Israele di tenersi fuori dai combattimenti, inizia a cannoneggiare la parte ebraica di Gerusalemme e la zona centrale del paese. A nord forze aeree siriane attaccano le raffinerie israeliane nella baia di Haifa e il campo d’aviazione di Megiddo. Le forze aeree israeliane reagiscono distruggendo gran parte dell’aviazione siriana. L’artiglieria giordana bombarda Tel Aviv, quella siriana Rosh Pina.

6 giugno – Le forze israeliane espugnano Latrun, che domina il corridoio Tel Aviv-Gerusalemme, e tagliano la strada Gerusalemme-Ramallah. La Sira bombarda località israeliane nel nord. Le forze israeliane conquistano Umm el-Katef e Abu Ageila nel Sinai e l’Ammunition Hill ai piedi del Monte Scopus (Gerusalemme). Successivamente penetrano nella striscia di Gaza, nelle città cisgiordane di Ramallah, Jenin e Qalqilyah e nel quartiere Abu Tor di Gerusalemme. L’esercito egiziano ordina la ritirata generale. La Legione Araba giordana ordina la ritirata dalla Cisgiordania.

7 giugno – La Siria continua a bombardare le zone israeliane lungo il confine, ai piedi delle alture del Golan. Le forze israeliane entrano nella Città Vecchia di Gerusalemme e arrivano al Muro Occidentale (del Pianto), si spingono in profondità nella penisola del Sinai, prendono il controllo della città cisgiordana di Gerico. L’Egitto respinge la richiesta Onu di cessate il fuoco. Paracadutisti israeliani conquistano i passi di Mitla e Jiddi, nel Sinai, alle spalle delle forze egiziane.

8 giugno – Proseguono i bombardamenti siriani sul nord di Israele. L’aviazione israeliana colpisce le postazioni siriane sul Golan.

9 giugno – Le forze israeliane sfondano sul fronte del Sinai fino al Canale di Suez e sul fronte siriano, risalendo le alture del Golan.

10 giugno – Le forze israeliane completano la conquista delle alture del Golan. Viene accettato un cessate il fuoco mediato dall’Onu. Alla fine dei combattimenti Israele ha assunto il controllo di tutta la penisola del Sinai, della striscia di Gaza, della Cisgiordania, della parte est di Gerusalemme e delle alture del Golan.

19 giugno – Il governo di unità nazionale israeliano si dichiara pronto a restituire le alture del Golan alla Siria, il Sinai all’Egitto e gran parte della Cisgiordania alla Giordania in cambio della pace con pieno riconoscimento e normalizzazione dei rapporti con i vicini arabi.

29 agosto-1 settembre – Otto capi di stato della Lega Araba, riuniti al vertice di Khartoum (Sudan), ribadiscono la posizione araba: “No alla pace con Israele, no al riconoscimento di Israele, no al negoziato con Israele”.

22 novembre – Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approva la risoluzione 242 secondo la quale una pace giusta e duratura dovrà essere negoziata dalle parti sulla base dei seguenti principi: ritiro israeliano da (parte dei) territori occupati; fine di ogni rivendicazione e belligeranza; rispetto di sovranità, integrità territoriale e indipendenza politica di ogni stato della regione col diritto di vivere in pace entro confini sicuri e riconosciuti; soluzione equa del problema dei profughi; libertà di navigazione. È la risoluzione che farà da cornice ai negoziati tra Israele ed Egitto (1978-79), alla convocazione della Conferenza di pace di Madrid (1991), ai negoziati fra Israele e Giordania (1994) e tra Israele e palestinesi (anni ‘90).

dicembre 1967-novembre 1968 – Gunnar Jarring, inviato speciale dell’Onu incaricato di avviare il negoziato previsto dalla risoluzione 242, fa inutilmente la spola fra le capitali ma si scontra col rifiuto arabo di intavolare negoziati diretti con Israele.

(A cura di: www.israele.net)