Dai diari segreti di Osama bin Laden

Centinaia di migliaia di documenti di al-Qaeda recentemente desecretati confermano che il gruppo terroristico e l'Iran, sebbene rivali, sanno come collaborare e colludere

Di Clifford D. May

Clifford D. May, autore di questo articolo

Il 2 maggio 2011 una squadra dei Navy SEAL americani fece una rapida puntata ad Abbottabad, in Pakistan, dove mise termine alla vita di Osama bin Laden, per poi dedicarsi alla seconda missione: raccogliere il maggior numero possibile di informazioni all’interno del complesso del capo di al-Qaeda. Portarono via computer, memorandum, foto, file audio e anche un diario scritto a mano di 228 pagine: “la più grande raccolta di materiale terroristico di alto livello”, come disse ai giornalisti cinque giorni più tardi un portavoce del Pentagono. Cosa abbiamo appreso da questo tesoro di informazioni nel corso degli anni successivi? Quasi niente. Perché? Perché l’allora presidente Barack Obama mise prontamente sotto chiave quasi tutto.

Due miei colleghi, Thomas Joscelyn e Bill Roggio, ricercatori presso la Foundation for Defense of Democracies e direttori del Long War Journal della Fondazione, hanno strenuamente contestato tale decisione. Ritenevano che essa non servisse a nessuno scopo – o almeno a nessuno scopo positivo (su questo torno fra poco) – e sostennero la causa della pubblicazione dei materiali a vantaggio di studiosi, giornalisti, politici, legislatori e opinione pubblica. Come membro del Congresso, Mike Pompeo aderì ai loro sforzi. La scorsa settimana, diventato direttore della CIA, Pompeo ha reso di pubblico dominio 470.000 fra documenti, immagini e file di computer dalla collezione Abbottabad. E ha concesso al Long War Journal della Foundation for Defense of Democracies un accesso anticipato di alcuni giorni a questa miniera di informazioni.

Materiale così copioso, gran parte del quale non è mai stato tradotto, non può essere analizzato dalla sera alla mattina. Ma Joscelyn, Roggio e altri ricercatori della Fondazione hanno si sono alacremente messi al lavoro e hanno già tracciato alcune importanti conclusioni. Intanto appare già chiaro che “quando le forze Usa abbatterono la sua porta”, bin Laden non era in pensione né ridotto a una mera figura simbolica, come invece lo aveva descritto Obama. In realtà, fino agli ultimi momenti della sua vita “ha continuato a comunicare con i suoi subordinati in tutto il mondo”. Per quanto riguarda al-Qaeda, non era, come Obama ha ripetutamente affermato, “in rotta” o “sulla via della sconfitta”. In realtà si stava espandendo e riorganizzando strategicamente.

Poster in onore di Osama bin Laden e del fondatore di Hamas, Ahmed Yassin, in una strada di Rafah, striscia di Gaza meridionale (agosto 2011)

Particolarmente significativo per il dibattito politico attuale è una analisi di 19 pagine preparata da un alto operativo di al-Qaeda in cui si attesta che la Repubblica Islamica d’Iran forniva ai suoi “fratelli sauditi” in al-Qaeda “tutto il necessario” per combattere gli Stati Uniti: visti, soldi, armi e persino “addestramento nei campi Hezbollah in Libano”. L’Iran forniva anche rifugio sicuro ai combattenti di al-Qaeda chiedendo “in cambio di colpire gli interessi americani in Arabia Saudita e nel Golfo”. In una nota separata, lo stesso bin Laden chiariva che nel 2007 l’Iran era ormai diventato “l’arteria principale per di al-Qaeda per finanziamenti, personale e comunicazione”. Il che conferma ciò che alcuni di noi hanno sostenuto per anni, e cioè che al-Qaeda e Repubblica Islamica d’Iran sono rivali, ma non sono nemici. Certo, polemizzano e competono e hanno profonde differenze teologiche: al-Qaeda è sunnita, i mullah iraniani sono sciiti, e da 1.400 anni non c’è processo di pace che abbia risolto la spaccatura tra queste due interpretazioni dell’islam. Ma al-Qaeda e i teocratici di Teheran sanno come collaborare, cooperare e colludere. Entrambi ritengono di avere il dovere religioso di impegnarsi in una jihad contro gli infedeli “arroganti”, cioè non abbastanza sottomessi, americani e israeliani in testa.

E questo ci riporta alla domanda: perché Obama non ha voluto che questo materiale venisse pubblicato? Temo che la risposta sia ovvia: perché avrebbe rafforzato l’opposizione al suo accordo sul nucleare, quell’accordo che garantisce a Teheran legittimità e miliardi di dollari ignorando il programma dell’Iran per missili balistici, la sua continua sponsorizzazione del terrorismo e le sue pesantissime violazioni dei diritti umani; il tutto in cambio della promessa del regime di ritardare un programma di armi nucleari di cui continua a negare l’esistenza.

Anche Mohammad Javad Zarif, ministro degli esteri iraniano, avrebbe preferito che la collezione Abbottabad non vedesse mai la luce del giorno. Lui e i suoi apologeti da tempo promuovono l’Iran come una nazione essenzialmente normale ed progredita, votata alla stabilità regionale, in lotta contro i terroristi e dedita solo alla propria autodifesa. In risposta alla pubblicazione del materiale, Zarif ha twittato: “Un record di bassezza alla caccia di petrodollari: le fake news di CIA e FDD con selezionati documenti di al-Qaeda ogg: l’Iran non può mascherare il ruolo degli alleati Usa nell’11 settembre”. Per quanto è dato capire, Zarif afferma che i sauditi hanno pagato sia la CIA che la Foundation for Defense of Democracies affinché selezionassero accuratamente i documenti in modo da far credere che l’Iran sia implicato negli attentati dell’11 settembre. Seppure con il tetto di 140 caratteri, mi sarei aspettato che inventasse qualcosa di meglio.

Altro piatto forte, fra i documenti desecretati la scorsa settimana: una nota sul diario personale di Bin Laden. In essa, il cervello dell’eccidio dell’11 settembre elogia la tv al-Jazeera, il popolare organo di notizie e propaganda del Qatar, e riflette sulla Fratellanza Musulmana (una delle più importanti organizzazioni fondamentaliste islamiche, progenitrice di Hamas) e su quanto essa abbia influenzato la sua visione del mondo e lo abbia portato a dedicare la sua vita alla jihad. Utile da sapere, non credete?

(Da: Israel HaYom, 8.11.17)