Dai tre no del 1967 ai tre sì del 2020

Dopo Emirati e Bahrein, annunciata venerdì sera la normalizzazione dei rapporti fra Sudan e Israele

Il presidente Usa Donald Trump, il primo ministro sudanese Abdalla Hamdok, il presidente del Consiglio sovrano sudanese Abdel Fattah al-Burhan e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato venerdì che il Sudan ha accettato di fare la pace con Israele, facendone il terzo stato arabo che normalizza i rapporti con lo stato ebraico dallo scorso agosto nel quadro di accordi mediati da Washington.

Durante una teleconferenza in collegamento con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente del Consiglio Sovrano del Sudan Abdel Fattah al-Burhan e il primo ministro sudanese Abdalla Hamdok, Trump ha fatto entrare i giornalisti nello Studio Ovale e ha annunciato: “Lo Stato di Israele e la Repubblica del Sudan hanno deciso di fare pace.” Un alto collaboratore di Trump, Judd Deere, ha precisato che Sudan e Israele “hanno concordato la normalizzazione delle relazioni”.

“Questo è un grande giorno nella storia del Sudan – ha dichiarato Trump – Per decenni il Sudan è rimasto in stato di guerra con Israele. Boicottavano le merci israeliane. Non c’era nessuna relazione. L’accordo di pace di oggi rafforzerà la sicurezza di Israele e metterà fine al lungo isolamento del Sudan dal resto mondo. Per gran parte della storia recente – ha continuato Trump – il popolo del Sudan è stato governato da brutali dittature islamiche. E’ stato il domicilio di Osama bin Laden, un luogo di terrorismo, genocidi e molte altre tragedie. Oggi una nuova democrazia vi sta mettendo radici e il governo di transizione sudanese ha dimostrato il suo impegno nella lotta al terrorismo”.

“È un mondo nuovo – ha affermato Netanyahu durante la teleconferenza – Stiamo collaborando con tutti, stiamo costruendo un futuro migliore per tutti noi”. Dal canto suo, il primo ministro sudanese Hamdok ha dichiarato: “Non vediamo l’ora di stabilire solide relazioni politiche ed economiche tra le nostre nazioni e il resto del mondo”.

Un messaggio di pace da Israele pubblicato da un giornale sudanese

In Sudan la tv di stato ha annunciato il nuovo accordo dando lettura della dichiarazione congiunta Sudan-Israele-Stati Uniti in cui si dice che “il Sudan e Israele hanno deciso di normalizzare le loro relazioni per porre fine allo stato di aggressione fra di loro”.

Non è stato specificato se e quando Israele e Sudan apriranno ambasciate nei rispettivi paesi.

Mentre la teleconferenza era ancora in corso, l’esponente dell’Olp Wasel Abu Youssef ha rilasciato una dichiarazione in cui si definisce l’accordo “una nuova pugnalata alle spalle ed un tradimento dei palestinesi”. Poche ore dopo la fine della teleconferenza, da Ramallah la presidenza palestinese ha ufficialmente condannato la normalizzazione Israele-Sudan, astenendosi tuttavia dall’accusare direttamente il Sudan di aver “tradito il popolo palestinese”, come aveva fatto invece con Emirati Arabi Uniti e Bahrein. Anche Hamas e Jihad Islamica palestinese hanno condannato l’accordo. “Esprimiamo condanna e indignazione per la vergognosa e umiliante normalizzazione che non si addice al popolo e alla storia del Sudan”, ha dichiarato Hamas.

Il tweet dell’ambasciatore d’Israele in Usa Ron Dermer con in basso le bandiere di Israele, UAE, Bahrein, Sudan, Usa

“Da 3 no a 3 sì”, ha twittato l’ambasciatore d’Israele negli Stati Uniti, Ron Dermer: “Nel 1967 sciaguratamente il mondo arabo dichiarò nella capitale del Sudan: no al riconoscimento, no al negoziato e no alla pace con Israele. Oggi il Sudan si unisce agli Emirati Arabi Uniti e al Bahrain come terzo paese arabo che fa la pace con Israele nel 2020″.

“Oggi annunciamo un’altra straordinaria svolta verso la pace – ha dichiarato Netanyahu – Oggi, Khartoum dice sì alla pace con Israele, sì al riconoscimento di Israele e sì alla normalizzazione con Israele. E’ una nuova era: un’era di pace autentica. Vedo entusiasmo nella maggior parte dei paesi del mondo, nella maggior parte delle persone al di là delle diversità politiche – ha aggiunto Netanyahu – Certo, l’Iran è scontento, Hezbollah è scontento, Hamas è scontenta; ma praticamente tutti gli altri sono molto felici”.

Sebbene il Sudan non abbia l’influenza né la ricchezza dei paesi arabi del Golfo, un accordo di pace con il paese arabo africano riveste un profondo significato per Israele. Nel 1993, gli Stati Uniti designarono il Sudan come stato sponsor del terrorismo anche a causa del sostegno a gruppi terroristici ferocemente anti-israeliani come Hamas e Hezbollah. Sotto la dittatura di Omar al-Bashir si sapeva che il Sudan serviva da via di transito per le forniture di armi iraniane ai terroristi palestinesi nella striscia di Gaza, e sono stati attribuiti a Israele gli attacchi aerei in Sudan che distrussero un convoglio di armi nel 2009 e una fabbrica di armi nel 2012.

Aprile 2019: immigrati sudanesi manifestano a Tel Aviv per i loro diritti e la normalizzazione fra Israele e il loro paese d’origine

Venerdì, poco prima della teleconferenza, Trump ha annunciato la decisione di rimuovere il Sudan dalla “lista nera” del Dipartimento di Stato dei paesi sponsor del terrorismo. Trump ha spiegato che la decisione arriva, fra l’altro, dopo che Khartoum ha rispettato la promessa di versare 335 milioni di dollari in risarcimenti alle vittime degli attentati terroristici del 1998 contro le ambasciate Usa in Kenya e Tanzania perpetrati da al-Qaeda mentre il suo capo, Osama bin Laden, viveva protetto in Sudan. Finora la presenza del Sudan sulla lista del terrorismo – insieme a Iran, Corea del Nord e Siria – lo sottoponeva a dure sanzioni economiche e ne limitava l’accesso al credito internazionale. Il Congresso Usa ha ora 45 giorni di tempo per approvare la misura.

Il Sudan sta percorrendo una fragile transizione verso la democrazia, dopo che lo scorso anno una sollevazione popolare ha portato i militari a rovesciare l’autocrate Omar al-Bashir, che era al potere da trent’anni. Attualmente il paese è retto da un governo militare-civile transitorio, con possibili elezioni alla fine del 2022.

Negli mesi scorsi, gli Stati Uniti hanno mediato accordi diplomatici tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. La Giordania ha riconosciuto Israele nel 1994, mentre l’Egitto fu il primo stato arabo a firmare un accordo di pace con lo stato ebraico nel 1979.

I recenti riconoscimenti di Israele da parte di paesi della Lega Araba hanno minato la tradizionale convinzione secondo cui non vi poteva essere normalizzazione fra arabi e Israele prima dell’accoglimento di tutte le rivendicazioni palestinesi. L’idea che non vi potesse essere pace fra Israele e mondo arabo senza una soluzione del problema palestinese si è rovesciata, rivelando che, al contrario, è il problema palestinese che non potrà trovare soluzione finché il mondo arabo non sarà in pace con Israele. Israele afferma che i palestinesi hanno perso quello che consideravano una sorta di loro “diritto di veto” sugli sforzi di pace nella regione.

(Da: Times of Israel, israele.net, 24.10.20)