Democrazia alla prova

I cittadini israeliani hanno eletto parlamento e governo, e lesercito deve eseguirne gli ordini.

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_410Scrive Ha’aretz: I cittadini israeliani hanno eletto un primo ministro perché governasse su questioni difficili e importanti, non perché stesse in sintonia con gli indici di gradimento. Sharon è stato debitamente eletto, il governo ha debitamente votato; ora la Knesset, il parlamento sovrano, ha la facoltà di approvare la decisione. E’ così che deve funzionare un processo decisionale democratico. Come il governo non ha indetto nessun referendum per decidere sulla creazione degli insediamenti e sul loro sviluppo, allo stesso modo non c’è motivo di tenere un referendum sul loro sgombero. Bisogna anche ricordare che, prima delle ultime elezioni, Sharon dichiarò in più occasioni che intendeva fare “concessioni dolorose” nei territori. E che altro sono le “concessioni dolorose” se non lo sgombero di insediamenti? Dunque il disimpegno non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno dei suoi elettori né dei suoi alleati di governo… Mettere in pratica il disimpegno, si spera, segnerà la fine dell’illusione messianica sui territori e porrà un freno alla deriva dell’occupazione. È probabile che esso riporterà lo stato di Israele su una politica sensata, volta a raccogliersi all’interno di confini ragionevoli nei quali sarà possibile mantenere la maggioranza ebraica del paese preservandone al contempo i valori e il carattere democratico.

Scrive il Jerusalem Post: La scorsa settimana il leader spirituale del Partito Nazionale Religioso ed ex rabbino capo Avraham Shapira ha dichiarato che i soldati osservanti in servizio nelle Forze di Difesa israeliane devono rifiutarsi di eseguire l’ordine di sgomberare gli insediamenti. Una sessantina di rabbini degli insediamenti si sono uniti all’appello di Shapira. Viceversa, 120 soldati e ufficiali osservati hanno firmato una petizione contraria all’appello [martedì il movimento dei kibbutz religiosi ha preso una posizione analoga contro l’appello dei 60 rabbini]. Questi soldati religiosi, e i leader del Partito Nazionale Religioso che li appoggiano, coprono di vergogna la pretesa leadership dell’ex rabbino capo. È difficile immaginare una colpa più grave contro il popolo ebraico e il suo unico stato che quella di fare a pezzi il suo esercito e la sua democrazia, che è appunto ciò che fanno coloro che sostengono il rifiuto di eseguire gli ordini del governo. Il delitto di questi rabbini – e si tratta sicuramente di un delitto morale e politico, che lo sia o meno sul piano legale – riflette specularmente quello di coloro che, a sinistra, sostengono il rifiuto di alcuni soldati di eseguire l’ordine del governo di servire nei territori per difendere il paese nella guerra attualmente in corso. Una democrazia come Israele non può sopravvivere senza un esercito, e un esercito non può sopravvivere se gli estremisti politici di un tipo o dell’altro possono imporre i loro ordini al posto di quelli impartiti del governo democraticamente eletto.

(Da: Ha’aretz, Jerusalem Post, 18.10.04)

Nella foto in alto: l’aula della Knesset, il parlamento monocamerale israeliano.