Deputati arabi come mercenari politici di Gheddafi

Dovrebbero chiedere scusa al popolo libico e ai loro stessi elettori arabo-israeliani.

Di Salman Masalha

image_3072Non mi soffermerò più di tanto sull’ipocrisia dell’occidente riguardo agli eventi in Libia, giacché è fin troppo evidente anche ad occhio nudo. Voglio parlare, invece, della ipocrisia araba, qui vicino a casa nostra: l’ipocrisia dei parlamentari arabo-israeliani e delle personalità arabo-israeliane che solo pochi mesi fa si sono recate a strisciare davanti al megalomane despota libico.
Sono tornati in Israele a vantarsi e a pubblicare, in arabo, i loro resoconti e le loro fotografie dell’elettrizzante incontro con il “re dei re”, e altre iperboli di questo tipo alla maniera del deputato Ahmed Tibi (Lista Araba Unita-Ta’al).
Tutti i partiti, le organizzazioni e le comunità etnico-religiose arabo-israeliane erano rappresentante in quella delegazione: il parlamentare Mohammad Barakeh di Hadash, Hanin Zuabi e Jamal Zahalka di Balad, Talab al-Sana della Lista Araba Unita-Ta’al, più un gruppo eterogeneo di persone di status elevato e di spirito servile. Sono andati tutti al cospetto di Gheddafi, si sono inchinati e gli hanno stretto la mano. Lui li ha esaminati da dietro gli occhiali scuri, prima di farli sedere al bordo della sua tenda e propinar loro una lezione di demografia.
Anche l’ex parlamentare arabo-israeliano Azmi Bishara, che dopo la fuga da Israele è diventato commentatore sulla televisione di un altro piccolo tiranno, ha cercato riparo sotto la tenda di Gheddafi. Ma poiché anche lui è un piccolo megalomane, non ha accettato di unirsi alla delegazione dei parlamentari arabo-israeliani: voleva un pubblico tutto per sé, aspirava a parlare con Gheddafi da megalomane a megalomane. Bishara non è diverso dai tanti altri intellettuali arabi ipocriti, nient’altro che fedeli servitori di despoti finché il regime dei despoti è forte. Poi tutto a un tratto, quando il regime di Gheddafi ha iniziato a cedere, Bishara si è ricordato del popolo libico. Naturalmente non ha mai detto una parola sulle ingiustizie del dispotico regime siriano, che per decenni ha represso i cittadini desiderosi di libertà. Cosa pensano i siriani dell’ipocrisia di Bishara? “Forse che il popolo siriano non ha diritto alla libertà e ai diritti di cui godono in Palestina, grazie al nemico sionista?”, si è domandato Subhi Hadidi, un intellettuale siriano che vive in esilio a Parigi. La verità è che gli intellettuali arabi dello stampo di Bishara sono come un branco di iene che stanno in disparte ad aspettare di vedere da che parte soffia il vento nella giungla politica araba: assistono alla caduta di un tiranno e poi si gettano ad arraffare una fetta di “gloria” dai resti del cadavere.
Tutte le personalità pubbliche arabo-israeliane che sono andate in Libia si sono comportate come mercenari politici al servizio del tiranno Gheddafi. Oggi dovrebbero esprimere pubblico pentimento e chiedere scusa innanzitutto al popolo libico, e poi ai cittadini arabi israeliani che pretendono di rappresentare. Una pubblica assunzione di responsabilità non è solo necessaria: essa mostrerebbe anche che hanno appreso la lezione e che intendono cambiare strada. In caso contrario, i cittadini arabo-israeliani dovrebbero voltar loro le spalle e gettarli nella spazzatura, esattamente come le nazioni arabe insorgono contro i loro leader corrotti. E prima succede, meglio è.

(Da: Ha’aretz, 27.02.11)

Nella foto in alto: il poeta, scrittore e saggista arabo israeliano della comunità drusa, Salman Masalha, autore di questo articolo. Masalha, fra l’altro, insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università di Gerusalemme

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