Destra e sinistra israeliana dovrebbero battersi unite contro la minaccia palestinese

La sinistra sbaglia quando sogna soluzioni negoziate che i palestinesi continuano a rifiutare inneggiando al terrorismo. La destra sbaglia quando vagheggia annessioni che sono incompatibili con la sopravvivenza di Israele come stato ebraico e democratico

Di Fred Maroun

Fred Maroun, autore di questo articolo

Quando si tratta del conflitto con i palestinesi, la destra israeliana e la sinistra israeliana hanno entrambe in parte ragione e in parte torto, ed entrambe non mettono Israele in condizione di risolvere un conflitto che è cruciale per la sicurezza dei suoi cittadini, oggi e in futuro.

L’incessante conflitto con i palestinesi rappresenta una minaccia esistenziale per Israele tanto pericolosa quanto quella del regime iraniano, e forse di più. Ma mentre i partiti in Israele sono uniti contro la minaccia iraniana, sono invece fortemente divisi rispetto alla minaccia palestinese. Peggio, si indeboliscono reciprocamente.

Quando c’è una crisi nazionale, la maggior parte dei politici israeliani tende a mettere da parte la partigianeria per affrontare uniti il problema. La maggior parte dei politici lo ha fatto, ad esempio, durante la crisi del covid. Ma quando il problema non è incombente o non viene ampiamente percepito come grave, i politici tendono ad assumere posizioni che li avvantaggino a breve termine. I politici israeliani in generale non vedono la minaccia palestinese come una crisi nazionale imminente. Ma si sbagliano. In realtà, costituisce una crisi più grande di quanto sia mai stata il covid giacché, mentre il covid ha ucciso 12.200 israeliani, la minaccia palestinese potrebbe distruggere l’intero stato ebraico se non viene affrontata in modo appropriato.

I palestinesi sono già uniti nel loro approccio al conflitto, e lo sono stati sin dall’inizio: non vogliono che esista uno stato ebraico su nessuna parte della terra che considerano Palestina. E’ facile liquidare i palestinesi come disorganizzati e inefficaci rispetto al potente esercito israeliano. Ma intanto, loro hanno già ottenuto un vantaggio strategico fondamentale: dividere il nemico, cioè il popolo israeliano.

Molti israeliani, forse la maggior parte, considerano la propria popolazione come irrimediabilmente divisa circa il conflitto con i palestinesi, e invece dovrebbero iniziare a pensare che questa divisione non deve essere un’opzione. Potrebbero iniziare a farlo riconoscendo che sia la destra che la sinistra hanno in parte ragione e in parte torto, e che devono unirsi per dare vita a una posizione nazionale coerente, basata sui fatti e sul realismo: una posizione che venga perseguita da ogni governo di ogni colore esattamente come avviene con la strategia contro la minaccia iraniana.

Vignetta di Fatah. Il bambino con la bandiera palestinese scrive sulla mappa: “La Palestina va dal mare al fiume e la capitale è Gerusalemme”. Fred Maroun: “Non vogliono che esista uno stato ebraico su nessuna parte sulla terra che considerano Palestina”

La sinistra sbaglia quando parla di soluzioni negoziate. La dirigenza palestinese non accetterà nessuna soluzione che sia minimamente sensata per Israele. Se per capirlo non bastano i numerosi negoziati falliti e le tante proposte di pace rifiutate, si guardi a cosa è successo nei territori controllati dai palestinesi quando un terrorista ha assassinato a sangue freddo sette israeliani innocenti all’uscita da una sinagoga di Gerusalemme: hanno festeggiato e gioito, distribuendo dolci per le strade. Un odio di questo genere va oltre ogni senso di razionalità. Ed è straordinariamente ingenuo pensare che gente che acclama con tale tripudio l’assassinio di persone innocenti, tra cui un ragazzino di 14 anni, accetterebbe un accordo di pace se solo venissero proposti confini leggermente rettificati.

Ma la sinistra ha ragione quando afferma che gli insediamenti in continua espansione in Cisgiordania sono fatali per Israele nel lungo periodo. L’annessione de jure o de facto non è una soluzione praticabile: e non a causa dell’opposizione internazionale, ma perché legherebbe in modo indissolubile il futuro di israeliani e palestinesi, rendendo impossibile la sopravvivenza di Israele come stato ebraico e democratico, e molto probabilmente anche come stato abitato da ebrei. Nella migliore delle ipotesi, Israele diventerebbe un paese come il Libano, in costante conflitto interno e sull’orlo del fallimento.

Dall’altra parte, la destra ha torto a continuare ad espandere gli insediamenti senza tener conto del concreto pericolo che rappresentano. Capisco l’impulso a farlo. Perché Israele dovrebbe preoccuparsi di preservare la possibilità di una soluzione a due stati quando i palestinesi dimostrano di non essere minimamente interessati a realizzarla? La decisione di “espandere gli insediamenti” come reazione al terrorismo può sembrare una giusta sanzione, ma alla fine chi è che sarà davvero sanzionato da questa scelta? I terroristi no di certo. Più israeliani vivono in aree circondate da palestinesi, maggiori sono le opportunità a disposizione dei terroristi. I leader assennati non intraprendono azioni solo perché sembrano buone al momento, ma perché promettono buoni risultati a medio e lungo termine per la popolazione sotto la loro guida.

Ma la destra ha ragione quando esprime totale sfiducia e disdegno verso le rappresentanze palestinesi, Autorità Palestinese compresa. L’Autorità Palestinese continua a coordinarsi con Israele nella gestione della sicurezza (perché le conviene), ma i suoi perduranti incentivi finanziari ai terroristi e la sua incessante istigazione contro Israele indicano che l’Autorità Palestinese non è realmente contraria al terrorismo.

Sia la destra che la sinistra esprimono una dose di realismo, ma in entrambe il realismo è affievolito da un idealismo ingenuo che in pratica lo contraddice. Un principio centrale su cui destra e sinistra devono concordare è che Israele deve mantenere un’ampia maggioranza ebraica e una dipendenza minima dai palestinesi.

Un possibile approccio è che la separazione dai palestinesi venga progettata unicamente da Israele, che potrebbe decidere di tracciare i confini tenendo conto della collocazione dei grandi insediamenti esistenti e delle necessarie considerazioni di sicurezza. L’attuazione della sicurezza verrebbe definita e realizzata da Israele, a differenza della striscia di Gaza dove Israele ha ritirato le proprie forze senza piani precisi su cosa fare dopo. L’obiettivo principale dovrebbe essere la sicurezza degli israeliani, oggi e in futuro. Sarebbe una pillola abbastanza difficile da ingoiare per Stati Uniti ed Europa, che ancora operano nell’illusione che un giorno l’Autorità Palestinese possa ravvedersi e accettare un accordo di compromesso. E sarebbe ancora più difficile da ingoiare per i partner arabi di Israele. Ma più fosse ampia la coalizione israeliana che promuovesse questo approccio, più sarebbe probabile che venisse alla fine accettato. Bisogna far capire ad amici e partner di Israele che lo stato ebraico non può permettere all’infinito che il suo futuro dipenda dalle bizze di un pubblico palestinese che non è disposto ad accettare uno stato ebraico oggi più di quanto lo fosse 75 anni fa quando Israele dichiarò l’indipendenza. Il grande vantaggio di questo approccio in termini di sostegno internazionale è che offrirebbe al mondo una soluzione stabile e funzionante, anziché una serie senza fine di conflitti e posizioni volubili. Così il mondo potrebbe spostare i propri sforzi dal promuovere negoziati inutili, all’aiutare i palestinesi ad accettare la realtà e costruire un loro stato in grado di gestire la propria economia e garantire la propria sicurezza.

Ma che sia questo o un altro l’approccio concordato fra i partiti in Israele, ciò che è essenziale è che ce ne sia uno. Gli israeliani, come paese unito, hanno sconfitto ogni attacco e minaccia che hanno dovuto affrontare. Ma da qualche parte lungo il percorso, a causa di colpe sia a sinistra che a destra, hanno perso la loro unità contro la minaccia palestinese. Per se stessi e per la pace, devono sconfiggere la minaccia palestinese così come hanno sconfitto le altre, ma possono farlo solo se ritrovano la loro unità.

(Da: Times of Israel, 31.1.23)