Dialogo, non diktat

Con un’ennesima decisione sbagliata, il Consiglio di sicurezza si appresta a tenere un incontro allo scopo di condannare solo Israele per la mancanza di pace

Editoriale del Jerusalem Post

Abu Mazen all’Onu: “Perché non sostenete uno stato palestinese?”. Sulla sua maglietta: “Distruggere Israele”

Cosa accadrebbe se la comunità internazionale mettesse finalmente in chiaro coi palestinesi che la loro unica via per l’indipendenza è quella che passa per il dialogo e i negoziati diretti con Israele? Se i palestinesi fossero messi di fronte al fatto che nessun organismo internazionale e nessuna grande potenza mondiale è disposta a giustificare l’imposizione a Israele di misure unilaterali? Cosa farebbero i palestinesi se si rendessero conto una volta per tutte che la loro unica speranza di ottenere autonomia politica è guadagnandosi la fiducia degli israeliani?

Impossibile saperlo, perché esiste un organo chiamato Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. E il prossimo 14 ottobre, con un’ennesima decisione sbagliata, il Consiglio di sicurezza terrà un incontro al solo scopo di condannare Israele per le attività edilizie negli insediamenti ebraici.

Verosimilmente non verrà detto nulla a proposito del presidente dell’Autorità Palestinese, il presunto moderato Mahmoud Abbas (Abu Mazen), e del suo caparbio rifiuto di avviare negoziati diretti con Israele senza pre-condizioni. Né verrà menzionata dal Consiglio di sicurezza, come un serio ostacolo alla pace, l’incessante opera palestinese di istigazione e indottrinamento all’odio e alla violenza contro Israele.

L’attenzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu concentrata tutta e soltanto sugli insediamenti come principale, se non unico, ostacolo alla pace fa il gioco dell’intransigenza palestinese: perché mai accettare negoziati diretti con Israele, se prestigiosi organismi internazionali come il Consiglio di sicurezza dell’Onu abbracciano la pretesa palestinese che le attività edilizie negli insediamenti devono cessare come imprescindibile pre-condizione per qualunque colloquio di pace?

Il diplomatico bulgaro Nikolay Mladenov, dal febbraio 2015 Coordinatore speciale Onu per il processo di pace in Medio Oriente

Il diplomatico bulgaro Nikolay Mladenov, dal febbraio 2015 Coordinatore speciale Onu per il processo di pace in Medio Oriente

I palestinesi vengono illusi di poter ottenere da Israele ciò che vogliono senza dover accettare nessun compromesso e senza fare nessuna concessione nel quadro di quel rapporto dare/avere che è parte essenziale di ogni negoziato autentico e sincero.

La notizia che il Consiglio di sicurezza ha intenzione di occuparsi delle attività edilizie negli insediamenti israeliani è emersa dopo che il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Nikolay Mladenov, è comparso davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu, questa settimana, e ha attaccato Israele per aver continuato a costruire negli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme. Mladenov ha sostenuto che le azioni di Israele vanno contro il rapporto dello scorso luglio del Quartetto sul Medio Oriente (Usa, Ue, Russia, Onu). “Le raccomandazioni del rapporto continuano ad essere ignorate” ha detto Mladenov, per poi procedere concentrandosi esclusivamente sulla costruzione di abitazioni israeliane a Gerusalemme est e in Cisgiordania. In questo modo Mladenov, non solo ha contribuito a falsare la realtà concentrandosi esclusivamente sugli insediamenti, ma ha anche travisato lo stesso rapporto di luglio del Quartetto, che si occupava diffusamente dell’istigazione palestinese alla violenza contro gli israeliani come di un fattore centrale che impedisce la pace e la riconciliazione tra le parti. Anzi, il rapporto di luglio era notevole proprio perché accade raramente, se mai accade, che un documento diplomatico sottoscritto praticamente da tutta la comunità internazionale denunci in modo inequivocabile il fatto che i terroristi palestinesi vengono glorificati da parte dell’Autorità Palestinese, e che la dirigenza politica palestinese non solo non frena tale ignobile fenomeno, ma anzi lo incoraggia.

17 luglio 2016: dirigenti dell’Autorità Palestinese applaudono l’inaugurazione del “Monumento all’eroico martire prigioniero Ahmad Jabarah Abu Sukkar”: un terrorista personalmente responsabile dell’assassinio di 15 civili israeliani

“Molte immagini fatte circolare ampiamente raffigurano persone che commettono atti terroristici accompagnate da slogan che incoraggiano la violenza” si legge nel rapporto di luglio del Quartetto, che sottolinea inoltre come l’istigazione alla violenza sui social network, che esercitano un impatto particolarmente forte sui giovani, sia aumentata dall’ottobre 2015, in corrispondenza con l’inizio dell’attuale ondata di accoltellamenti e attacchi con veicoli. E afferma: “Membri di Fatah (la fazione che fa capo ad Abu Mazen) sostengono pubblicamente gli attentati e i loro autori, e incoraggiano lo scontro violento”. Il rapporto cita persino un alto esponente di Fatah che ha elogiato i terroristi come “eroi”, definendoli “una corona che rifulge sulla testa di ogni palestinese”. Ma niente di tutto questo è stato menzionato da Mladenov, né è presumibile che verrà menzionato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Il rapporto del Quartetto del luglio scorso aveva rappresentato uno sviluppo promettente. La comunità internazionale riconosceva che Israele non è certo l’unica parte responsabile per la situazione di stallo nei negoziati. L’istigazione palestinese, ufficialmente ratificata dalla dirigenza politica palestinese, semina l’odio, incoraggia la violenza e rende impossibile ogni riconciliazione. Solo attraverso un dialogo diretto senza pre-condizioni le parti possono sperare di arrivare alla pace. Concentrarsi solo sugli insediamenti, trasformandoli nell’unico ostacolo alla pace, impedisce che questo dialogo abbia luogo. La comunità internazionale dovrebbe invece creare un’atmosfera in cui nessuna delle due parti sia additata come l’unica colpevole per il conflitto. Solo allora, forse, i palestinesi si troveranno costretti a dedicarsi al duro lavoro del compromesso.

(Da: Jerusalem Post, 31.8.16)

Sul rapporto del Quartetto e sulla reazione palestinese si vedano le NEWS di israele.net del 5 luglio 2016, 6 luglio 2016 e 7 luglio 2016.