Dimenticare New York

Un trend recente: soldati congedati vanno a lavorare nei kibbutz agricoli

image_2910Potare le viti nella vigna del kibbutz Merom Golan non è un compito facile. Si comincia alle 5 del mattino, lottando contro il caldo e la monotonia – non si sa quale sia peggio. “In quei momenti, quando è davvero dura, sollevo la testa, guardo il paesaggio intorno a me e mi commuovo talmente che mi viene la forza di tornare a lavorare”, dice Tzlil Portal, 22 anni, e aggiunge: “Scopro che non sono viziata come credevo”.
Portal, originaria di Ma’a lot (Alta Galilea), era istruttrice di fitness nell’esercito. Terminato il servizio militare, ha cominciato a cercare lavoro. “La maggior parte dei miei amici – racconta – ha trovato lavoro in alberghi, ristoranti, nella sicurezza, oppure sono andati all’estero per diventare commessi nei centri commerciali. Io ho deciso di lavorare nell’agricoltura. La gente era incuriosita, perché l’agricoltura non è considerata un tipo di lavoro moderno. E’ un lavoro antiquato, qualcosa che i giovani non fanno più. Ma è qualcosa che mi ha sempre interessata: la vicinanza alla terra, la vita in kibbutz. Era una sfida”.
Portal non è del tutto unica, tra i suoi coetanei. Altri giovani appena congedati dall’esercito cercano lavoro agricolo nell’intervallo tra il servizio militare e il tradizionale lungo viaggio all’estero, o prima di cominciare l’università. Yarden Gadot, di Yavneh, è stata congedata dall’esercito dieci mesi fa ed è andata a lavorare per sei mesi a Paran, un moshav (villaggio cooperativo) nell’Arava. “C’erano circa 20 giovani appena usciti dall’esercito – dice – Questi lavori si trovano per passaparola, e sono parecchi quelli che vogliono lavorare nell’agricoltura. A volte è perfino difficile trovare un posto. Io lo consiglio veramente”.
Haim Havlin, chairman dell’Arava Agricultural Committee, dice che i soldati congedati vengono d’inverno, quando il tempo è più clemente, e accettano i lavori “più gradevoli” come confezionare i prodotti. Il lavoro non è facile, ma almeno c’è l’aria condizionata. “Il loro numero continua a crescere – dice –Vengono per qualche mese e poi partono. Ci offrono una buona soluzione per l’alta stagione, quando abbiamo bisogno di lavoratori temporanei”.
Nel nord, gli agricoltori dicono che decine di soldati congedati trovano lavori agricoli per l’estate. Solo a Merom Golan lavorano quattordici ragazze e tre ragazzi. Noam Ben-Ze’ev, 23 anni, di Hod Hasharon, lavora nei frutteti del kibbutz Ortal, dove altri quattro giovani hanno optato per l’agricoltura come lavoro post-esercito. “C’è qualcosa oggi, fra i giovani, riguardo al lavoro in agricoltura – dice Ben Ze’ev – E’ un genere di lavoro diverso. Si fa qualcosa di naturale, si sta a contatto con la natura. Dopo aver lavorato qui ad Ortal, credo ci sia qualche possibilità che io ritorni all’agricoltura o magari che vada a studiare qualche materia agricola”.
La maggior parte degli agricoltori preferisce assumere lavoratori migranti o in subappalto, ma alcuni assumono intenzionalmente veterani dell’esercito. I lavoratori migranti rimangono più a lungo, ma gli agricoltori vedono dei vantaggi nell’assumere giovani israeliani per il lavoro stagionale. “E’ una combinazione di sionismo e redditività – spiega il direttore agricolo di Merom Golan, Gabi Kuniel, che da sei anni impiega soldati congedati – Sono altamente motivati e, a differenza dei lavoratori in subappalto, che a volte semplicemente non si presentano al lavoro, sono veramente diligenti mentre sono qui. E’ vero che con loro c’è più da fare: nutrirli, alloggiarli, viaggi nel fine settimana. Ma credo sia positivo per entrambe le parti”.

(Da: Ha’aretz, 21.7.10)