Diplomatico arabo israeliano esorta ad abbandonare il concetto di Nakba

“La commemorazione della 'catastrofe' non ha a che vedere col ricordare quello che è successo, ma col rancore verso l’esistenza stessa dello stato di Israele”

George Deek, vice ambasciatore d’Israele in Norvegia

George Deek, vice ambasciatore d’Israele in Norvegia

George Deek, vice ambasciatore d’Israele in Norvegia, un arabo cristiano figlio di profughi da Jaffa, ha esortato ad abbandonare la nozione di Nakba (“catastrofe”), il termine con cui mondo arabo e palestinesi si riferiscono alla nascita dello stato di Israele nel 1948.

Nel corso di una serie di conferenze che ha recentemente tenuto in vari paesi d’Europa, Deek ha parlato della storia della sua famiglia e ha invitato coloro che dopo il 1948, come la sua famiglia, abbandonarono o furono costretti a lasciare Jaffa, a lasciar perdere il concetto di Nakba. “Quando cammino per Jaffa, la mia città natale – ha detto Deek in una conferenza diffusa lo scorso settembre su YouTube – ripenso alla spiaggia dei pescatori del 1948, alla mia casa nel quartiere Ajami e a tutte le storie che ho sentito raccontare su quegli anni. Mio nonno George, da cui ho ereditato il nome, viveva a Giaffa con la sua famiglia da 400 anni. Sposò Vera, mia nonna, e pochi mesi più tardi tutti i loro progetti cambiarono. Le Nazioni Unite avevano approvato la nascita di Israele e pochi mesi dopo veniva fondato lo Stato di Israele. I leader arabi avvertirono che chiunque fosse restato sarebbe stato assassinato dagli ebrei, esortandoci a fuggire. Dissero che gli eserciti di cinque nazioni arabe avrebbero distrutto Israele e saremmo potuti tornare entro pochi giorni alle nostre case. La guerra si concluse con la sconfitta degli arabi, che non riuscirono a distruggere Israele”.

Tutte l'iconografia della "nakba" rappresenta graficamente la mappa delle rivendicazioni palestinesi: Israele è cancellato dalla carta geografica

Tutte l’iconografia della “nakba” rappresenta graficamente la mappa delle rivendicazioni palestinesi: Israele è cancellato dalla carta geografica

Dopo aver sottolineato il “disastro umanitario” subito dai profughi palestinesi, Deek ha ricordato che “in quello stesso tempo, 800mila ebrei venivano minacciati al punto da dover lasciare i paesi arabi dove vivevano, che rimasero praticamente senza ebrei”. Ed ha aggiunto: “Ma non mi pare che questo conflitto sia stato l’unico, nel XIX e XX secolo, a causare espulsioni e trasferimenti. Dal 1821 al 1922, 5 milioni di musulmani furono espulsi dall’Europa, soprattutto verso la Turchia. Negli anni ’90 del secolo scorso la Jugoslavia è andata in pezzi causando 100.000 morti e circa 3 milioni di sfollati. Dal 1919 al 1949, durante l’operazione Vistola tra Polonia e Ucraina, morirono 150.000 persone e 1,5 milioni divennero profughi. Dopo la seconda guerra mondiale e la Conferenza di Potsdam, divennero profughi tra 12 e 17 milioni di tedeschi. Quando furono fondati India e Pakistan, nel 1947, vennero trasferiti circa 15 milioni di persone. E’ un fenomeno che esiste anche in Medio Oriente. Ad esempio 1,1 milioni di curdi sfollati dagli Ottomani, 2,2 milioni di cristiani espulsi dall’Iraq. Anche in questo momento, mentre parliamo, con l’ascesa dell’islamismo estremista yezidi, bahai, curdi, cristiani e anche musulmani vengono uccisi ed espulsi a un tasso di mille persone al mese. Le probabilità che uno qualsiasi di questi gruppi possa tornare alle proprie case è quasi zero. Dunque, come mai – si è chiesto Deek – le tragedie dei serbi, dei musulmani europei, dei profughi polacchi o dei cristiani iracheni non vengono commemorate? Come mai i profughi ebrei dal mondo arabo sono stati completamente dimenticati, mentre la tragedia dei palestinesi, la Nakba, è ancora viva nella politica di oggi?”. Ed ha risposto: “A me pare che le cose stanno così perché la Nakba è stata trasformata da questione umanitaria in arma politica: la commemorazione della Nakba non ha a che vedere col ricordare quello che è successo, ma col rancore verso l’esistenza stessa dello stato di Israele”.

Secondo Deek, la cosa appare del tutto evidente nella data scelta per commemorare la Nakba, che non è quella di qualche episodio particolarmente significativo legato allo sfollamento dei profughi palestinesi e alle loro sofferenze, ma è stata fissata in corrispondenza del giorno in cui Israele ha proclamato la propria indipendenza. “Così facendo la dirigenza palestinese dichiara che il disastro della Nakba non è l’espulsione, i villaggi abbandonati o l’esilio: la Nakba ai loro occhi è la nascita di Israele. Ciò che li addolora non è tanto la catastrofe umanitaria che colpì i palestinesi, quanto la rinascita dello stato ebraico. In altre parole: essi non piangono il fatto che i miei cugini sono giordani, piangono il fatto che io sono israeliano. In questo modo i palestinesi sono diventati schiavi del passato, vengono tenuti incatenati al risentimento, prigionieri di un mondo di frustrazione e odio”. (Da: Israel HaYom, israele.net, 8-12.10.14)

 

Il video della conferenza di George Deek (in inglese)

 

Per la trascrizione completa della conferenza di George Deek (in inglese), clicca qui.

Si veda anche: Un negoziato onesto e coraggioso. Nel 1997 Germania e Repubblica Ceca hanno firmato una dichiarazione di riconciliazione che affronta di petto la questione dei profughi tedeschi dai Sudeti