Dissipati in corruzione e nepotismo gli aiuti UE all’Autorità Palestinese

Lo afferma la Corte dei Conte Europea (mentre Abu Mazen accusa Israele per le sue difficoltà finanziarie)

European Court of Auditors, la Corte dei Conti Europea

L’Autorità Palestinese ha “sprecato, sperperato o perso nella corruzione” almeno 1,95 miliardi di euro in aiuti donati dall’Unione Europea fra il 2008 e il 2012. Lo afferma un rapporto – non ancora pubblicato, ma anticipato lo scorso fine settimana dal britannico Sunday Times – redatto dalla Corte dei Conti Europea, un organismo istituito nel 1977 in Lussemburgo con il compito di controllare entrate e uscite dell’Unione Europea.

Secondo il reportage del Sunday Times, il rapporto afferma che gli ispettori europei hanno visitato Gerusalemme est, striscia di Gaza e Cisgiordania e hanno rilevato “carenze significative” nella gestione e assegnazione dei fondi da parte dell’Autorità Palestinese, e serie “difficoltà” nel fronteggiare “rischi di alto livello come la corruzione e l’utilizzo dei fondi per scopi diversi da quelli previsti”.

Il rapporto della Corte dei Conti Europea sottolinea che Bruxelles ha esercitato ben poco controllo sul modo in cui sono stati utilizzati i fondi per aiuti trasferiti tra 2008 e il 2012 in Cisgiordania e nella striscia di Gaza controllata da Hamas.

I palestinesi sono il maggior beneficiario pro capite di finanziamenti internazionali per cooperazione e sviluppo (UE, ECHO, WB, ONU, UNRWA ecc.). Ad esempio, l’anno scorso i palestinesi hanno ricevuto dalla comunità internazionale 3.100 dollari a testa contro i 174 dollari a testa dei congolesi e i 74 dollari dei pakistani.

Interpellata sul tema, Transparency International, un osservatorio con sede a Berlino dedicato al monitoraggio della corruzione in politica e nelle aziende, ha affermato che lo stallo che paralizza il parlamento palestinese dal 2007 ha “accordato all’amministrazione [di Ramallah] una gestione illimitata dei fondi pubblici”, aggiungendo inoltre che il nepotismo è estremamente diffuso nei settori pubblico e privato palestinesi.

Stando a un sondaggio dell’opinione pubblica palestinese condotto nel luglio 2012, il 71% dei palestinesi ritiene che vi sia corruzione nelle istituzioni dell’Autorità Palestinese sotto il controllo del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen), e circa il 57% pensa la stessa cosa delle istituzioni controllate da Hamas nella striscia di Gaza. In un’audizione tenutasi nel luglio 2012 alla Commissione affari esteri della Camera dei Rappresentanti americana, l’establishment politico palestinese è stato accusato di “cleptocrazia cronica”, puntando il dito direttamente contro Abu Mazen e i membri della sua famiglia.

Da tempo Israele esprime preoccupazione per il modo in cui i palestinesi utilizzano l’aiuto finanziario accordato dalla comunità internazionale.

(Da: Times of Israel, Israel HaYom, YnetNews, 13-14.10.13)

Sabato scorso Abu Mazen, citando le conclusioni di un rapporto della Banca Mondiale, ha accusato Israele per la crisi economica nei territori palestinesi. “La situazione economica è molto difficile e il motivo centrale di questo è l’occupazione israeliana – ha detto Abu Mazen in un’intervista alla televisione governativa palestinese – Israele sfrutta le nostre risorse, il che genera direttamente un aumento del deficit con cui dobbiamo fare i conti”.

Abu Mazen ha affermato d’essere stato informato dal suo ministro delle finanze, Shukri Bishara, che l’Autorità Palestinese non sarà in grado di pagare gli stipendi governativi se non riceverà altri aiuti internazionali. Il governo palestinese stipendia direttamente circa 150.000 dei quasi due milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania.

Lo scorso gennaio il governo palestinese si era dichiarato in “gravissimo pericolo” a causa di una crisi finanziaria che imputava al mancato versamento di aiuti per centinaia di milioni di dollari da parte dei paesi arabi.

Nell’intervista di sabato, Abu Mazen ha esortato i “palestinesi ricchi che stanno all’estero” ad aiutare l’Autorità Palestinese. “Se ogni palestinese ricco si prendesse cura di una famiglia o lanciasse un piccolo progetto – ha detto – questo aiuterebbe a mitigare la crisi”.

(Da: Times of Israel, 12.10.13)