Dopo la Mecca, Hamas è sempre Hamas

Lo affermano i suoi stessi esponenti, convinti daver sconfitto Fatah

Da un articolo di Avi Issacharoff e Amos Harel

image_1606Più passa il tempo dalla firma dell’accordo della Mecca fra Hamas e Fatah, e più diventa chiaro che il vero vincitore di questo round del conflitto interno palestinese è Hamas. Dalle dichiarazioni degli dirigenti e dei portavoce di Hamas, e da conversazioni informali con importanti esponenti, appare chiaro che l’organizzazione non intende apportare significativi cambiamenti alla sua posizione ideologica intransigente. Per dirla con le parole del portavoce di Hamas a Gaza Ismail Radwan, “l’organizzazione non ha cambiato nulla nelle sue posizioni verso l’invasore e nemico sionista”. Al massimo, ha detto Radwan ad Ha’aretz, Hamas potrà accettare i confini del 1967 come soluzione temporanea, e solo a condizione che “i profughi palestinesi ritornino alle loro case e tutti i detenuti vengano rilasciati”. Solo allora Hamas prenderà in considerazione l’eventualità di una “hudna” (cessate il fuco).
Radwan non è un esponente dell’ala più estremista di Hamas. È considerato un rappresentante della corrente principale, guidata da Damasco dal capo dell’ufficio politico di Hamas Khaled Meshal. Martedì, a Mosca, Meshal ha reagito con freddezza alle parole di elogio per il governo di unità nazionale dell’Autorità Palestinese pronunciate dal ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, e si è affrettato a ribadire che Hamas non intende riconoscere Israele.
Quando gli esponenti di Hamas devono sintetizzare gli eventi dei mesi scorsi a Gaza, la loro conclusione è chiara: Fatah ha perso la battaglia. “Israele non ha ancora capito che, dopo l’accordo della Mecca, la scomparsa di Fatah è solo questione di tempo”, diceva la settimana scorsa, a porte chiuse, un alto esponente di Hamas.
Un altro dirigente, considerato un leader della corrente pragmatica, si è spinto persino oltre. “Fra tutti – ha detto – proprio voi ebrei, che avete conosciuto così tanti disastri, ci si sarebbe aspettato che steste attenti a non tuffarvi in un mare di musulmani: rischiate un nuovo Olocausto”.
I servizi di sicurezza e l’intelligence militare israeliani concordano nel valutare che Fatah è quella che ha subito i colpi più pesanti, nell’ultimo round di violenze nella striscia di Gaza. A parte le forze della Sicurezza Preventiva, Fatah non ha preso parte attiva negli scontri ed anzi ha mantenuto aperti canali di comunicazione con Hamas anche nel mezzo dei combattimenti. Hamas non è stata disarmata, nonostante le dichiarazioni del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Hamas progetta anzi di incrementare le sue forze da 6.000 a 12.000 uomini.
Il ministro della difesa Amir Peretz, in visita martedì nella striscia di Gaza, ha ascoltato gli ufficiali dell’intelligence che parlavano di una “autostrada” dei traffici illegali dall’Egitto a Rafah, e del piano di Hamas di mandare centinaia di attivisti ad addestrarsi nei campi terroristi in Libano e Iran. L’Iran ha promesso aiuti per milioni di dollari che, se arriveranno, svuoteranno di ogni significato l’embargo economico internazionale verso l’Autorità Palestinese.

(Da: Ha’aretz, 28.02.07)