Dopo lUNIFIL

La fiducia di Kofi Annan nel signor Nasrallah' era alquanto mal riposta

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_1313“Dobbiamo operare col governo libanese perché estenda la propria autorità al sud del paese… Il governo libanese mi ha detto che ha già inviato mille soldati e che altri seguiranno, mentre noi rafforzeremo le truppe Onu sul terreno… Desidero notare che Hezbollah è parte in causa nel sud del Libano. Ho detto al signor Nasrallah che Hezbollah ha esercitato autocontrollo, senso di responsabilità e disciplina, dopo il ritiro israeliano, e che noi desideriamo vederlo continuare su questa strada. Sono certo, dalle indicazioni che mi ha dato, che lo farà”. Con queste parole il segretario generale dell’Onu Kofi Annan si rivolgeva all’allora primo ministro israeliano Ehud Barak, il 21 giugno 2000, poco dopo il ritiro israeliano dal Libano meridionale.
La fiducia di Kofi Annan nel “signor Nasrallah” e nel governo libanese, sei anni fa, subito dopo che l’Onu aveva certificato il completo ritiro israeliano sul confine internazionale, era alquanto mal riposta. Oggi Annan parla dell’invio di una forza “significativamente più grande” di quella dell’UNIFIL, con un “diverso concetto operativo”. Che cosa dobbiamo dedurre dai fallimenti dell’Onu in Libano?
La Forza Interinale delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL) venne creata dopo che, l’11 marzo 1978, un ennesimo attentato Olp condotto dal Libano contro Israele causò “molti morti e feriti fra la popolazione israeliana”, come spiega il sito web dell’UNIFIL. Israele reagì la sera del 14 marzo con una massiccia operazione militare contro quella stato nello stato che l’Olp aveva creato nel Libano meridionale. Il giorno seguente, il governo libanese chiedeva al Consiglio di Sicurezza di intervenire, sostenendo che l’azione israeliana non aveva “nessuna connessione” con l’attentato dell’Olp. Quattro giorni dopo il Consiglio di Sicurezza adempiva, chiedendo l’immediato ritiro di Israele e creando l’UNIFIL con il compito di “confermare il ritiro israeliano, restaurare la pace e la sicurezza internazionali, e assistere il governo del Libano per garantire il ritorno della sua effettiva autorità sull’area”.
Oggi, quasi trent’anni più tardi, dopo che l’UNIFIL ha tanto confermato, restaurato e assistito, Israele si ritrova di nuovo in Libano, di nuovo impegnato nella demolizione di una forza estranea che vi si è installata, e con delle capacità militari che l’Olp non si sarebbe nemmeno sognata.
Il massiccio arsenale missilistico di Hezbollah, che in parte è capace di raggiungere l’area metropolitana di Tel Aviv, e che è direttamente sotto il controllo dell’Iran, venne ammassato sotto il naso delle truppe UNIFIL. In effetti, il più recente contributo dato dall’UNIFIL è stato quello di protestare perché le operazioni israeliane rischiano di mettere in pericolo i suoi soldati. Cosa che accade perché Hezbollah, come è noto, ha piazzato molte sue basi nelle vicinanze delle forze UNIFIL nella speranza che Israele, reagendo, finisse col colpirle accidentalmente. Il che è perfettamente comprensibile, nell’ottica cinica dei terroristi Hezbollah. Un po’ meno comprensibile rispetto al mandato dell’UNIFIL di restaurare la pace e la sicurezza.
È stato spesso affermato che l’UNIFL ha fallito la sua missione. Ma anche questo è un giudizio troppo benevolo, giacché fa pensare che la sua presenza sia stata per lo meno innocua. In realtà l’UNIFIL ha garantito di fatto più protezione a Hezbollah che a Israele, incrementando in questo modo la probabilità dello scoppio di un conflitto, fino a rendere inevitabile la guerra attualmente in corso.
La colpa non va attribuita ai singoli caschi blu, provenienti da una varietà di paesi: ben 250 di loro hanno addirittura perso la vita nel corso di questi anni. Anche se l’avessero voluto, i caschi blu non potevano sfuggire ai distorti vincoli politici imposti dall’organizzazione e dalle nazioni che li hanno inviati. Né potevano sfuggire alla ferrea legge delle forze di peacekeeping: quelle che “assolvono il proprio compito” non sono necessarie, e quelle che sono davvero necessarie sono condannate al fallimento. Sulle alture del Golan e nel Sinai, ad esempio, le forze Onu e multinazionali “assolvono il loro compito” per il semplice motivo che Siria ed Egitto ritengono che sia nel loro interesse evitare un conflitto diretto con Israele. In Libano, invece, dove Siria e Iran hanno deciso che il loro interesse è esattamente il contrario, l’UNIFIL non può muovere un dito per fermarle.
Ingrandire l’UNIFIL non risolverebbe il problema. Una forza internazionale – quali che siano il suo nome, le sue dimensioni e i paesi da cui fosse guidata – al massimo può essere il tocco finale posto su un autentico cambiamento nel panorama strategico, tale da prevenire future aggressioni. Un cambiamento che deve iniziare con la demolizione di Hezbollah intrapresa da Israele, e deve continuare con la determinazione libanese, internazionale e israeliana a impedire fisicamente che il Libano meridionale torni ad essere un terroristico stato nello stato.
C’è già una buona consapevolezza, a livello internazionale, del fatto che Hezbollah deve essere combattuto, non creduto. A questo bisogna aggiungere il concetto che la strada per la pace e la sicurezza non richiede di offrire protezione a chi aggredisce Israele, ma di aiutare Israele a proteggere se stesso.

(Da: Jerusalem Post, 20.07.06)

Nella foto in alto: Postazione UNIFIL nel Libano meridionale (foto d’archivio)